giovedì 4 luglio 2013

Quante cose non hanno funzionato e i nostri ragazzi sono ancora ostaggi in India….. ma di chi sono ostaggi????



Dalla relazione della Dott.ssa Federica Di Pietro

Lo scorso 4 novembre, in occasione della Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha deposto una corona all’Altare della Patria ed in presenza di numerose autorità italiane, durante la cerimonia di consegna delle decorazioni dell’Ordine militare d’Italia, ha colto l’occasione per complimentarsi con il governo ed i ministri degli Esteri e della Difesa per gli «sforzi che stanno conducendo sul piano internazionale e su quello dell’organizzazione interna delle forze armate». Nel corso della cerimonia, il Presidente Napolitano relativamente ai due marò italiani detenuti in India, ha affermato che si continuerà «a compiere ogni tenace sforzo per riportarli a casa», riportando alla mente una vicenda che da quasi un anno è sulle prime pagine di tutti i giornali.

 

Il caso dei marò italiani detenuti in India ha scatenato vivaci dibattiti nell’opinione pubblica indiana e italiana arrivando, in alcuni casi, ad assumere toni accesi. Sebbene le notizie giunte sino a noi possano dare adito a più di un dubbio relativamente a quanto accaduto al largo delle coste indiane, la vicenda può essere esaminata alla luce della Convenzione internazionale sul diritto del mare.

Anche se si può essere portati a pensare che si tratti di una questione di politica internazionale che concerne le relazioni fra India ed Italia, nel presente articolo si esaminerà la vicenda dal punto di vista del diritto internazionale cercando di rimanere il più possibile oggettivi relativamente ai fatti narrati. La vicenda dei due marò, oltre a suscitare grande interesse nell’opinione pubblica di India e Italia, ha fornito l’occasione per approfondire alcuni aspetti relativi al diritto internazionale marittimo che sono emersi nel corso degli ultimi anni e che hanno portato all’adozione di nuove misure per combattere la pirateria marittima, quali ad esempio, le normative che disciplinano la presenza a bordo delle navi di personale armato Nonostante il notevole dispiegamento di forze navali impiegate al fine di contrastare il fenomeno, sempre costante ed in continua crescita, si è reso necessario concedere agli armatori la possibilità di imbarcare team armati sulle navi che percorrono le rotte di mare più colpite dai pirati. L’International Maritime Organization (da ora innanzi IMO) è stata chiara nel raccomandare l’utilizzo di misure non violente al fine di combattere gli atti di pirateria, tuttavia, i rimedi proposti fino ad ora, si sono mostrati inefficaci ed in seguito alle pressioni esercitate da alcuni armatori aderenti all’International Parcel Tanker Association, l’agenzia delle NU ha adottato per la prima volta due circolari nelle quali si prevede l’utilizzo di scorte armate a bordo delle navi.

Sebbene l’IMO auspichi che la lotta alla pirateria sia condotta nell’ambito di operazioni coordinate dalla NATO, dall’Unione Europea o dai singoli Stati (come avviene ormai da anni), il suo consenso all’utilizzo di agenti armati imbarcati sulle navi impegnate nella lotta alla pirateria, ha fornito l’occasione agli Stati che non si erano ancora muniti di una legislazione in tal senso, di valutare la possibilità di introdurre norme apposite volte a regolarne la presenza. Un esempio è dato dalla legge italiana n. 130 del 2 agosto 2011, che per la prima volta nel nostro Paese, ha autorizzato gli armatori a imbarcare sulle navi che navigano nelle zone di mare ad “alto rischio di pirateria” team di militari e contractors. Grazie a tale legge, è stato possibile imbarcare a bordo della Enrica Lexie i fucilieri della marina militare italiana, i quali, secondo il diritto internazionale consuetudinario, godrebbero della cd. immunità funzionale. Facendo riferimento a tale regime, le discussioni tra Italia ed India relative alla zona di mare in cui sono avvenuti i fatti, appaiono irrilevanti. Il regime dell’immunità funzionale infatti, consiste nel divieto per gli Stati di esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti degli organi di uno Stato straniero che hanno agito iure imperii. In sostanza, la giurisdizione sugli organi statali appartiene allo Stato di nazionalità di quest’ultimi e non allo Stato del foro in cui è avvenuto l’illecito. Nel caso dei marò, anche volendo supportare la tesi che sostiene che l’illecito sia avvenuto nelle acque territoriali indiane, la giurisdizione spetterebbe comunque all’Italia e non all’India.

Se analizziamo la vicenda dal punto di vista dell’India, la quale non considera il regime dell’immunità funzionale e se ci soffermiamo sugli eventi, possiamo far rientrare il caso dei marò negli “incidenti” accaduti in mare. In questo caso, è essenziale accertare se la vicenda si sia verificata nelle acque territoriali indiane o nelle zone d’alto mare. Secondo il diritto internazionale se gli eventi sono avvenuti in alto mare, la giurisdizione appartiene allo Stato di bandiera della nave e la vicenda dei marò non è quindi, rientrante nella giurisdizione indiana. La nave italiana Erica Lexie è stata bloccata, condotta presso il porto di Kochi e organi di polizia indiani vi sono saliti a bordo. Secondo il diritto internazionale, ciò non sarebbe potuto accadere, non avendo l’India giurisdizione in materia.

Tuttavia, se consideriamo la tesi del governo indiano, il quale sostiene che i marò si trovavano nelle acque territoriali di sua competenza, il fatto che la nave italiana sia approdata nel porto di Kochi, espressione del principio bene captus male detentus (secondo il quale le ex colonie britanniche applicano il principio delle corti di common law), rappresenta per l’India una condizione idonea e sufficiente a legittimare la propria giurisdizione. Ciò nonostante, è bene notare, le disposizioni del diritto internazionale disciplinino il contrario.

In seguito all’analisi delle varie ipotesi presentate dai governi di India e Italia e alla luce di quanto disciplinato dal diritto internazionale, possiamo affermare che il regime dell’immunità degli Stati, conformemente alle norme di diritto internazionale marittimo, sia senz’altro quello da prediligere. Oltre ad essere applicabile nel caso specifico, i protagonisti della vicenda sono infatti, due fucilieri di marina e in quanto tali, due organi dello Stato italiano, tale regime farebbe venire meno anche il problema relativo alla contesa esistente tra India ed Italia relativamente alla zona di mare in cui è avvenuta la vicenda.

In conclusione, si può affermare che il caso dell’Enrica Lexie ha permesso di rilevare alcuni punti di criticità della normativa internazionale del diritto del mare. L’articolo 97 della Convenzione di Montego Bay parla di “qualunque altro incidente di navigazione nell’alto mare”, ma l’applicazione della norma sembra non essere chiara a livello internazionale. Alla luce di quanto accaduto, sarebbe opportuno fare chiarezza sulla sua interpretazione ed estendere tale disposizione anche ai casi di incidenti nei quali l’uso della forza è stato espressamente previsto nell’esercizio di misure antipirateria di portata internazionale. Al fine di risolvere il contenzioso diplomatico che vede coinvolte da quasi un anno Italia ed India, sarebbe auspicabile una presa di posizione da parte delle Nazioni Unite, magari attraverso un intervento decisivo del Consiglio di sicurezza che già in passato ha emanato diverse risoluzioni in materia di pirateria marittima. Il CdS potrebbe fare definitivamente chiarezza sul caso dell’Enrica Lexie e su eventuali situazioni simili che potrebbero facilmente verificarsi nell’ambito delle delicate azioni di contrasto alla pirateria marittima. Un intervento in tal senso potrebbe favorire il dialogo all’interno della comunità internazionale nei riguardi dell’irrisolto tema della pirateria, oltre a contribuire efficacemente a garantire il ritorno dei due marò in Italia.

Per i nomi…. è ancora presto ma ho evidenziato in neretto tutti gli organi istituzionali complici di questa tragedia consumatasi contro la nostra Bandiera. Mancano evidenziati e menzionati nella relazione, altri complici: Il MAE e la sua…… DIPLOMAZIA!!!!

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