giovedì 18 luglio 2013

Zingales: "La rivoluzione liberale di cui ha bisogno l'Italia potrebbe farla il centrosinistra moderato" di Michael Pontrelli

Luigi Zingales, economista presso la University of Chicago Booth School of Business
Luigi Zingales è uno degli economisti italiani più noti all’estero. Da anni lavora negli Stati Uniti e nel 2012 è stato inserito dalla rivista Foreign Policy tra i 100 pensatori più influenti al mondo, unico italiano presente assieme a Mario Draghi. Nel suo libro più recente, Manifesto Capitalista, ha affermato che l’Italia per ripartire ha “bisogno di una rivoluzione liberale”. Lo abbiamo sentito per capire meglio i contenuti della sua proposta. 

 
 
Professore, in Italia l’ideologia liberale non gode di molta popolarità. Come mai?
“Perché si tende ad identificare il capitalismo con i capitalisti nostrani che, fatte alcune eccezioni, tendono ad arricchirsi a spese dello Stato e non invece creando ricchezza”.

Come cambiare questo stato di cose?
“Bisognerebbe partire da un cambiamento delle regole. In primo luogo semplificandole e successivamente facendole rispettare in maniera rigorosa. Nel nostro Paese invece avviene l'esatto contrario: ci sono tantissime norme ma nessuno le segue”.

E’ solo un fatto di regole? Non c’è anche un problema di eccessiva presenza dello Stato nell’economia?
“Sicuramente c’è ma in Italia la parola ‘privatizzare’ è negativa agli occhi di molte persone a causa della delusione generata dai processi di privatizzazione precedenti. Non voglio entrare nel merito dei singoli casi, mi limito solamente a dire che l’esperienza di maggiore successo è stato quello della Nuovo Pignone che è stata venduta non a imprenditori italiani ma americani. Purtroppo da noi le privatizzazioni sono di fatto diventate delle opportunità per fregare il mercato anziché una occasione per lavorare meglio e di conseguenza migliorare l’efficienza”.

Gli Stati Uniti, a differenza dell’Italia, hanno una lunga tradizione liberale tuttavia anche lì il liberismo ha sostanzialmente fallito come ha dimostrato la crisi finanziaria dei subprime. Non è che anche il mito del liberismo buono sia, al pari del comunismo, una utopia irraggiungibile a causa dell’avidità dell’uomo?
“Se come modello liberista si intende il laissez-faire senza nessuna regola sono d’accordo con lei. Se invece per liberismo si intende un sistema di mercato in cui esistono e vengono fatte rispettare delle norme chiare e precise e in cui le scelte economiche vengono lasciate nella misura maggiore possibile agli individui allora secondo me non è vero che i benefici del liberismo siano una utopia. Luigi Einaudi dava del mercato l’immagine della piazza del paese con due carabinieri che controllano. Anche in America c’è stato un problema di regole e questo conferma che se mancano o non vengono fatte rispettare il mercato diventa caos, diventa una giungla dove necessariamente non prevale il più efficiente ma il più brutale".

Torniamo all’Italia. Chi potrebbe fare una rivoluzione liberale nel nostro Paese? Le do un suggerimento: potrebbe essere Renzi?
“Io ho avuto simpatie e speranze per Matteo Renzi perché ritengo che in un mondo post comunista come quello attuale la speranza maggiore per l’avvio di una riforma liberale in Italia possa nascere proprio da persone appartenenti ad un centro sinistra moderato e quindi il Sindaco di Firenze potrebbe essere la persona giusta. Mi rendo conto però che si trova di fronte a fortissime barriere ideologiche di derivazione marxista. C’è ancora una parte importante della sinistra che vede le mie posizioni come fumo negli occhi. Per esempio, recentemente in una trasmissione televisiva Franceschini si è augurato che io non abbia mai a che fare nulla con il Partito democratico e lui dovrebbe essere uno dei più moderati all’interno del Pd, immaginiamo quindi gli altri. C’è un retaggio culturale molto difficile da sconfiggere”.

Come mai non ha indicato come possibili alfieri della rivoluzione liberale la destra o il centro guidato da Mario Monti?
“La destra italiana non ha una tradizione liberale ma è sempre stata conservatrice ovvero attenta a tutela il potere esistente. Un approccio analogo ha Mario Monti che pur essendo un liberale di stampo classico tende a non toccare gli interessi esistenti. L’Italia è un paese che si è evoluto male. Al potere, sia nel campo politico che in quello economico, ci sono persone che non meritano di essere lì e quindi andrebbero rimpiazzate. Una rivoluzione liberale rottamerebbe non solo la classe politica ma anche quella economica. Non vedo l’attuale destra italiana o una persona dell’establishment come Monti capaci di guidare un processo di questo tipo”.

Quando si parla di Monti inevitabilmente si pensa all’Europa e all’euro. A suo avviso la crisi dell’eurozona è superata?
“No perché l’euro non riesce a sopravvivere senza una maggiore integrazione tra gli Stati che tuttavia nessuno vuole. Ci troviamo di fronte ad una contraddizione in termini, Questa situazione non è sostenibile nel lungo periodo. Fare delle previsioni è molto difficile ma senza dei cambiamenti la situazione attuale non può che esplodere prima o poi”.


Fonte: Tiscali Interviste

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