martedì 27 agosto 2013

La crisi egiziana sta trasformando una "primavera araba" *alle porte di casa nostra* in qualcosa che non riusciamo ancora a valutare compiutamente ma che influirà sugli equilibri *in tutto il Mediterraneo*, area naturalmente vitale per l'Italia. Di Giulio Terzi e il commento di Nicola Evoli

L'esito del brutale confronto in corso, con la repressione militare della Fratellanza Islamica e con le atrocità commesse da estremisti di entrambe le parti, potrebbe modificare profondamente il rapporto dell'Egitto con l'UE, gli USA e anche i Paesi della Lega Araba. A quasi due mesi dalla estromissione di Morsi e dall'insediamento di un governo di transizione, le vere intenzioni del Generale Al Sisi e dei vertici militari rimangono in parte indecifrabili anche ai più attenti analisti.
L'indicazione iniziale di una road-map mirata a immediate elezioni e a una nuova costituzione appare superata dall'emergenza sicurezza. E' vero che la Fratellanza ha mostrato un'anima fondamentalista e una capacità di rispondere con le armi che pochi forse anche in Egitto si attendevano. Vi sono però segni di un'evoluzione nell'atteggiamento dei militari che non si spiegano soltanto con l'arroccamento della Fratellanza e con le gravi violenze di cui anche i suoi aderenti sono responsabili, o con il "rischio terrorismo islamico". Il giro di vite dato con gli arresti di Badie e di molti altri dirigenti islamisti, la risposta sinora negativa alle pressioni occidentali, la defezione di una personalità di spicco come El Baradei per protesta contro la repressione (incredibilmente ora il Premio Nobel viene accusato di tradimento per il solo fatto di essersi dimesso!), la scarcerazione di Mubarak, l'uso spregiudicato della forza, la nomina di 27 Governatori che per due terzi sono Generali dell'Esercito e della Polizia... sembrano tutte *tessere di un unico mosaico*: le Forze Armate potrebbero aver deciso di consolidare il loro ruolo per regolare i conti con il fondamentalismo islamico.
In effetti, tutti si aspettano che l'eventuale messa al bando della Fratellanza con l'esclusione di quell'organizzazione dallo scenario democratico darà fiato alle sue ali estremiste e accrescerà esponenzialmente l'ondata di violenza, e se ne hanno già manifestazioni evidenti sul Sinai: gli autori della strage di 58 turisti a Luxor nel '97 erano alleati della Fratellanza, molti di loro sono ancora attivi, ed era stata la nomina del Governatore di Luxor proveniente proprio da tali ambienti ad essere una delle *pietre dello scandalo* tra le ultime nomine fatte da Morsi. Nei circoli liberali e centristi del Cairo si teme che tra i vertici delle Forze Armate stia prendendo corpo una strategia di duro "sradicamento" dei fondamentalisti: in inquietante analogia con l'Algeria del 1992, quando vennero annullate le elezioni vinte dal FIS e partì una campagna sanguinosa contro il Gruppo d'Azione Islamica... la campagna antiterrorista degli anni 90 costò all'Algeria 150.000 morti, ma è difficile estrapolarne suggerimenti per la situazione egiziana, se non per il fatto che la dirigenza algerina ancora oggi - e me lo sono sentito ripetere spesso nelle mie missioni! - lamenta la grave indifferenza dell'Europa e dell'Occidente in quella terribile stagione di lotta al terrorismo fondamentalista. "Ci avete lasciati completamente soli" si sentono ancora oggi dire ad Algeri i visitatori europei.
Con un Egitto, come scrive Tom Friedman, "vicino al precipizio", le sofferte conclusioni raggiunte mercoledì scorso dai Ministri degli Esteri europei appaiono ispirate a consapevolezza e prudenza: l'Egitto è un partner di enorme importanza per l'UE per il suo ruolo nella stabilità regionale, ma anche - non siamo ipocriti - per le sue potenzialità economiche: un PIL attorno ai 280 miliardi di dollari, interscambio sui 32 miliardi di dollari in buona tenuta anche con l'Italia, diverse centinaia di nostre imprese che vi operano, e che non hanno mai diminuito la loro attività neppure in questo difficile periodo... Detto questo, è diffuso il convincimento che si debba insistere *per un'apertura del governo transitorio verso alcune componenti dell'Islam moderato*, nella speranza che ciò permetta di riassorbire il dissenso e sia utile per far cessare immediatamente l'impiego sproporzionato della forza. Anche perché l'eventualità di blocco dei finanziamenti (che era la seconda opzione) difficilmente otterrebbe risultati, dal momento che l'Egitto ha ben altri e variegati canali di finanziamento dall'estero (p. es. Arabia Saudita e Golfo). "La repressione sanguinosa da parte dei militari egiziani contro i sostenitori della fratellanza islamica" - ha scritto recentemente Charles Kupchan - è un altro segno del lato oscuro del "Risveglio Arabo": "i barlumi di democrazia sono offuscati dalle turbolenze politiche e dalla violenza".
Allora la Diplomazia (quella efficace, incisiva e concreta, non quella della mediazione a tutti costi e delle soluzioni annacquate "giusto per portare a casa qualcosa") ancora una volta ha il boccino in mano: serve un'opera di forte convincimento affinché l'attuale leadership aderisca a chiari e responsabili standard di governo ponendo fine alle violenze e alla repressione politica e ristabilendo le funzioni essenziali dello Stato, rilanciando l'economia (non dimentichiamolo: è il motivo principale alla base delle rivolte di piazza!) e contrastando gli estremisti... Ma per poter essere incisivi, ancora una volta occorre una strategia UE/USA coesa e univoca. (Giulio Terzi)
Foto: EGITTO: PREMIO NOBEL EL BARADEI ACCUSATO DI TRADIMENTO PER LE SUE DIMISSIONI, MUBARAK ESCE DAL CARCERE, PROPOSTA LA BOZZA DI NUOVA COSTITUZIONE CON MESSA AL BANDO DEI PARTITI RELIGIOSI... IL PAESE E' NEL CAOS...ALLE PORTE DI CASA NOSTRA? La crisi egiziana sta trasformando una "primavera araba" *alle porte di casa nostra* in qualcosa che non riusciamo ancora a valutare compiutamente ma che influirà sugli equilibri *in tutto il Mediterraneo*, area naturalmente vitale per l'Italia. L'esito del brutale confronto in corso, con la repressione militare della Fratellanza Islamica e con le atrocità commesse da estremisti di entrambe le parti, potrebbe modificare profondamente il rapporto dell'Egitto con l'UE, gli USA e anche i Paesi della Lega Araba. A quasi due mesi dalla estromissione di Morsi e dall'insediamento di un governo di transizione, le vere intenzioni del Generale Al Sisi e dei vertici militari rimangono in parte indecifrabili anche ai più attenti analisti. L'indicazione iniziale di una road-map mirata a immediate elezioni e a una nuova costituzione appare superata dall'emergenza sicurezza. E' vero che la Fratellanza ha mostrato un'anima fondamentalista e una capacità di rispondere con le armi che pochi forse anche in Egitto si attendevano. Vi sono però segni di un'evoluzione nell'atteggiamento dei militari che non si spiegano soltanto con l'arroccamento della Fratellanza e con le gravi violenze di cui anche i suoi aderenti sono responsabili, o con il "rischio terrorismo islamico". Il giro di vite dato con gli arresti di Badie e di molti altri dirigenti islamisti, la risposta sinora negativa alle pressioni occidentali, la defezione di una personalità di spicco come El Baradei per protesta contro la repressione (incredibilmente ora il Premio Nobel viene accusato di tradimento per il solo fatto di essersi dimesso!), la scarcerazione di Mubarak, l'uso spregiudicato della forza, la nomina di 27 Governatori che per due terzi sono Generali dell'Esercito e della Polizia... sembrano tutte *tessere di un unico mosaico*: le Forze Armate potrebbero aver deciso di consolidare il loro ruolo per regolare i conti con il fondamentalismo islamico. In effetti, tutti si aspettano che l'eventuale messa al bando della Fratellanza con l'esclusione di quell'organizzazione dallo scenario democratico darà fiato alle sue ali estremiste e accrescerà esponenzialmente l'ondata di violenza, e se ne hanno già manifestazioni evidenti sul Sinai: gli autori della strage di 58 turisti a Luxor nel '97 erano  alleati della Fratellanza, molti di loro sono ancora attivi, ed era stata la nomina del Governatore di Luxor proveniente proprio da tali ambienti ad essere una delle *pietre dello scandalo* tra le ultime nomine fatte da Morsi. Nei circoli liberali e centristi del Cairo si teme che tra i vertici delle Forze Armate stia prendendo corpo una strategia di duro "sradicamento" dei fondamentalisti: in inquietante analogia con l'Algeria del 1992, quando vennero annullate le elezioni vinte dal FIS e partì una campagna sanguinosa contro il Gruppo d'Azione Islamica... la campagna antiterrorista degli anni 90 costò all'Algeria 150.000 morti, ma è difficile estrapolarne suggerimenti per la situazione egiziana, se non per il fatto che la dirigenza algerina ancora oggi - e me lo sono sentito ripetere spesso nelle mie missioni! - lamenta la grave indifferenza dell'Europa e dell'Occidente in quella terribile stagione di lotta al terrorismo fondamentalista. "Ci avete lasciati completamente soli" si sentono ancora oggi dire ad Algeri i visitatori europei. Con un Egitto, come scrive Tom Friedman, "vicino al precipizio", le sofferte conclusioni raggiunte mercoledì scorso dai Ministri degli Esteri europei appaiono ispirate a consapevolezza e prudenza: l'Egitto è un partner di enorme importanza per l'UE per il suo ruolo nella stabilità regionale, ma anche - non siamo ipocriti - per le sue potenzialità economiche: un PIL attorno ai 280 miliardi di dollari, interscambio sui 32 miliardi di dollari in buona tenuta anche con l'Italia, diverse centinaia di nostre imprese che vi operano, e che non hanno mai diminuito la loro attività neppure in questo difficile periodo... Detto questo, è diffuso il convincimento che si debba insistere *per un'apertura del governo transitorio verso alcune componenti dell'Islam moderato*, nella speranza che ciò permetta di riassorbire il dissenso e sia utile per far cessare immediatamente l'impiego sproporzionato della forza. Anche perché l'eventualità di blocco dei finanziamenti (che era la seconda opzione) difficilmente otterrebbe risultati, dal momento che l'Egitto ha ben altri e variegati canali di finanziamento dall'estero (p. es. Arabia Saudita e Golfo). "La repressione sanguinosa da parte dei militari egiziani contro i sostenitori della fratellanza islamica - ha scritto recentemente Charles Kupchan - è un altro segno del lato oscuro del "Risveglio Arabo": "i barlumi di democrazia sono offuscati dalle turbolenze politiche e dalla violenza". Allora la Diplomazia (quella efficace, incisiva e concreta, non quella della mediazione a tutti costi e delle soluzioni annacquate "giusto per portare a casa qualcosa") ancora una volta ha il boccino in mano: serve un'opera di forte convincimento affinché l'attuale leadership aderisca a chiari e responsabili standard di governo ponendo fine alle violenze e alla repressione politica e ristabilendo le funzioni essenziali dello Stato, rilanciando l'economia (non dimentichiamolo: è il motivo principale alla base delle rivolte di piazza!) e contrastando gli estremisti... Ma per poter essere incisivi, ancora una volta occorre una strategia UE/USA coesa e univoca... VOI COSA NE PENSATE?
Se parlando di Egitto facciamo riferimento ad un paese Arabo, si commette un madornale errore ignorandone la storia. Fu Nasser che introdusse l'ideale di nazione panaraba (United Arab Republic) e sappiamo come ando' a finire. L'Egitto e' un paese Nordafricano con similitudini economiche con Tunisia, Libia, Algeria ed in parte Marocco. Ha una storia Islamica che deve ricondursi all'impero Ottomano e comunque un'eredita' delle proprie istituzioni democratiche che deriva dalla colonizzazione britannica.
I Fratelli Musulmani nacquero come movimento idelogicamente ispirato al radicalismo Islamico ma in funzione anti britannica. La CIA molti anni dopo utilizzera' lo stesso movimento in funzione anti comunista e anti sovietica nel quadrante medio orientale, finoa quando si rompe il meccanismo con la caduta del muro di Berlino e alcune frange diventano schegge impazzite (Al Qaeda come la Real IRA in Irlanda). Gli USA hanno tentato fino in fondo di addomesticare il mostro da loro creato ma alla fine lo uccideranno, anzi e' gia' stato deciso cosi' ed in tutto il MO e' in atto un'offensiva 'militare' atta a fare piazza pulita dei movimenti 'incontrollabili' o odiosi alla popolazione con un grado culturale medio alto o 'ostili' -come Hezbollah e Hamas-.
Le FFAA Egiziane conducono autonomamente un'iniziativa che e' in sincronia con quella del IDF nel Sud del Libano, nel Sinai e in Siria. Gli USA continuano a martellare in Yemen e l'Arabia Saudita con gli UAE stanno processando e mandando in galera tutti coloro che fanno della religione una bandiera per sovvertire il potere (con il placet USA e della Russia). Nei paesi Nord Africani si tornera' a sistemi fortemente secolari, molto laici, non certamente liberali ma di 'transizione', cioe' con storie simili ai regimi sudamericani, almeno fino a quando non ci saranno le condizioni di un maggiore benessere diffuso che e' la chiave di volta della democrazia.
Ma come si poteva credere che un ignorante e bugiardo come Morsi avrebbe potuto fare delle grandi cose? La UE ci ha creduto? Sicuramente non gli inglesi e nemmeno gli USA. Non possono esistere strategie coese ed uniche (purtroppo) ma possono essere avviate iniziative complementari e coerenti. Nostro malgrado devono farne parte la Russia e la Cina. Ricordo che nella road map USA ora c'e' il Venezuela, il paese piu' importante al mondo per riserve petrolifere e che da Washington dista solo qualche ora di aereo...al Medio Oriente ci pensano i petrodollari dei paesi GCC.(Nicola Evoli)

Fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?hc_location=timeline

Nessun commento:

Posta un commento