sabato 28 settembre 2013

C'è spazio per i Marò nella pagina del Ministro Emma Bonino?

Dopo qualche mese di "assenza" riapre la pagina ufficiale in Facebook del Ministro Emma Bonino. La gestione è affidata ad uno Staff di tutto rispetto. Eliminano commenti off topic che richiamano l'attenzione dei due militari ingiustamente detenuti in India. Non danno spazio, come in tutte le pagine democratiche, ai "post di altri". Quindi nascono dispute, come sempre quando si tocca questo tema, sul perchè la gente si interessa a Massimiliano e Salvatore. La domanda sorge spontanea: ma c'è spazio in quella pagina per i Marò???

Io la mia risposta me la sono data già da tempo.... No, assolutamente no!!! Perchè? Qualcuno sostiene che parlarne non faccia bene alla risoluzione....
 

Parlare dei maro' viene considerato sempre più spesso "off topic" proprio da chi dovrebbe tutelarli e battersi per i propri diritti!!! Se ne parla sempre meno e noto, con sommo dispiacere, che anche i loro sostenitori si sono arresi forse nella convinzione che ormai è' tutto deciso e che nulla noi possiamo fare.


 
I due ragazzi sono detenuti in India da 587 giorni. Ogni Italiano dovrebbe pretendere luce su questa vicenda. Ogni Italiano dovrebbe ogni giorno chiedere che libertà e giustizia sia fatta. Ogni italiano dovrebbe pretendere che si punti sulla loro innocenza e non su un processo fast and fair dubbio sia nel fast che nel fair. Tutto il resto mi sa di sterile ed inutile polemica.

 
Il popolo del web ha un grande potere ...non sprechiamolo. Non abbandoniamoli. Contano su di noi. Loro sono li per un ideale. Per la patria Per noi. Partecipiamo, partecipate e fate partecipare noi possiamo fare la differenza. Per loro ma anche per noi ed il futuro della nostra nazione.
 
Fonte: Nicola Marenzi e Roberta De Luca
 
 
 

venerdì 27 settembre 2013

Caso Marò: Intervista al gen.Fernando Termentini

 caso marò:Intervista al gen.Fernando Termentini
1)Gen Termentini siamo arrivati a quasi 600 giorni e i nostri ragazzi sono ancora in India. Da un governo che ha nominato inviato speciale Staffan De Mistura potevamo aspettarci qualcosa di diverso? E se si cosa si aspettava che facesse questo governo?

Sono molto pessimista dott. D'Ecclesia per vari motivi. In tutta onestà, mi sarei aspettato ben altro da questo Governo ed in particolare dal Ministro Bonino da sempre paladina dei diritti umani e che invece per la vicenda dei due Marò non sembra essere coinvolta più di tanto.
Non si conoscono, infatti, prese di posizione del Ministro. Solo sporadiche frasi di circostanza, spesso retoriche come quando si esprime sull’equità e la rapidità del processo. Esercizi linguistici parlare di rapidità dopo che sono trascorsi 19 mesi dagli eventi e 6 mesi dall’insediamento del Governo. Offese ai diritti dell’uomo ed alla Giustizia garantendo equità in un processo penale.
Giorno dopo giorno mi convinco sempre di più che come avvenuto in passato per l’Ambasciatore Terzi, anche oggi il Ministro degli Affari Esteri è praticamente estromesso dalla gestione di un problema che invece dovrebbe essere di esclusiva competenza della Farnesina, Dicastero tenutario dell’expertise necessaria per la gestione di fatti e controversie internazionali.
In tutta questa vicenda, infatti, emerge e si conferma sempre di più un’ambiguità gestionale difficilmente comprensibile. Con il precedente Esecutivo abbiamo visto che fin dal primo momento la Difesa ha rappresentato il polo dove si sono concentrate le iniziative e forse anche delegate le competenze. E’ stata la Difesa, infatti, a dare l'ok all'armatore perché la Erica Lexie rientrasse sul porto di Koci ed a sottoscrivere - per quanto noto - l'impegno con l'India per rendere disponibili per un futuro interrogatorio gli altri 4 Fucilieri di Marina componenti il NMP coordinato da Massimiliano Latorre.
Il Ministro Di Paola ha pagato gli indennizzi alle famiglie dei due poveri pescatori uccisi e per i danni al peschereccio indiano. Un'iniziativa sicuramente non presa in autonomia dal Ministro ma coordinata con la Presidenza del Consiglio se non altro per giustificare l’onere economico da contabilizzare, difficilmente imputabile agli usuali capitoli di spesa. Un atto peraltro interpretato dagli indiani ed anche da qualche italiano come un'ammissione di colpa.
Una Difesa accompagnata da discontinue comparse dell'allora Sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura, come tale delegato dagli Esteri, ma in buona sostanza palesemente autorizzato a decidere in autonomia forse sempre dall’Esecutivo, non sempre in sintonia con l’ex Ministro Terzi.
Non solo un’ipotesi, quella della mancata condivisione fra Ministro e Sottosegretario nella gestione degli eventi, ma quasi una certezza considerando il ruolo palesemente ricoperto dal dott. De Mistura nel consigliare il rientro improvviso in India dei due Fucilieri di Marina nel marzo u.s., anche sconfessando sue precedenti convinzioni espresse qualche giorno in merito alla necessità di avviare un arbitrato internazionale.
Da quel momento il dott. De Mistura e non il Ministro degli Esteri é diventato l’interlocutore privilegiato per la trattazione del problema, delegato anche a rilasciare poche e scarne informazioni, di volta in volta riprese quasi testualmente dagli altri Dicasteri interessati alla questione.
Nominato Commissario del Governo per la vicenda, oggi risponde direttamente a Palazzo Chigi, limitandosi, quasi sicuramente, solo ad informare gli Esteri che diventa portavoce di decisioni prese da altri, forse anche con il coinvolgimento delle più altre cariche dello Stato.
L'italo svedese Staffan de Mistura, di fatto é diventato il gestore del futuro dei due marò e lo sta facendo con un approccio non sempre condivisibile. Una designazione che lascia perplessi, sicuramente imposta da valutazioni di vertice condizionate probabilmente anche da alleati importanti impegnati a difendere i propri interessi in India.

2) Il Ministro degli Esteri Bonino ha delegato ad altri le azioni,sembra decisamente fuori ruolo,e anche nelle dichiarazioni ha denotato un assenza e una non conoscenza assoluta della vicenda,deducibile da cose dette non solo in maniera improvvisata ma anche in maniera sciagurata e mi riferisco alle sue dichiarazioni sulle vedove,su quelli che non ci sono più e sulla cocciutaggine nel voler riportare a casa i due ragazzi. Caro Generale ma quando parla il ministro a chi si rivolge?

Credo di poter ripetere confermando quanto detto in precedenza: il Ministro Bonino si esprime sulla base delle informazioni di cui dispone e che al momento arrivano esclusivamente dal dott. De Mistura in quanto credo che anche il ruolo dell’Ambasciatore a Delhi sia stato al momento ridimensionato per quanto attiene ai fatti specifici.
Leggendo la Sua domanda, penso inoltre, che anche Lei che da tempo si occupa della vicenda abbia consolidato una convinzione simile alla mia, ma quello che mi lascia perplesso é il perché il Ministro Bonino abbia accettato un ruolo di subordine in una vicenda importantissima come quella di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Un’accondiscendenza che appare inusuale conoscendo le caratteristiche intellettuali, professionali e caratteriali della titolare del Dicastero degli Esteri.
Di fatto si sta ripetendo quello che é avvenuto con il precedente Esecutivo. Una Farnesina di fatto vincolata da decisioni superiori in cui il ruolo di de Mistura diventa dominante e condizionante le decisioni di Palazzo Chigi. Il perché ciò avvenga e sia avvenuto sulla pelle di due cittadini italiani non é facile ipotizzarlo, ma di fatto sta accadendo sulla scia di un passato sicuramente mal gestito e quasi sicuramente condizionato da lobby economiche ed alleanze politiche sul piano globale.

3)Grazie al vice ministro degli esteri siamo venuti a conoscenza che il governo italiano sin dal primo giorno aveva deciso di affidare all'India la gestione del caso.L'India li processa e se li reputa colpevoli ,si dimostra comprensiva non esasperando la pena che i nostri marò vengono a scontare in Italia.Può un governo trattare i suoi uomini a questa maniera gen.Termentini,come se fossero due criminali ?

Questo é l'aspetto che maggiormente indigna. Una serie di fatti che senza offesa per nessuno mi permetto di definire vergognosi per una serie di motivi. La cessione completa della sovranità nazionale delegando all'India il diritto di giudicare che nessuna legge internazionale prevede. Il non pretendere che ai nostri militari sia concessa l'immunitá funzionale riconosciuta dal diritto consuetudinario e pattizio, applicata, peraltro, dalla stessa India nei confronti di due suoi militari inquadrati nel contingente ONU impiegato in Congo ed accusati di stupro. Il non pretendere che L'India si attenga alla Convenzione di Montego Bay sul diritto della mare da Delhi sottoscritta. Riconsegnare due cittadini italiani ad un Paese che prevede la pena di morte per i reati loro attribuiti, confidando nei contenuti di un documento sottoscritto dall'Addetto di affari indiano a Roma, peraltro sconfessato di lì a qualche giorno dallo stesso premier indiano Singh in risposta ad una telefonata del Senatore Monti sullo specifico.
Questi i principali aspetti di cui io come cittadino italiano mi vergogno e non vado oltre nell’elencarli per non annoiare. Arrossisco, però, per questa serie di azioni che evidenziano la inefficacia delle parole dette e ridette in questi mesi dai rappresentanti istituzionali anche di elevato rango. I fatti stanno, infatti, dimostrando che l'impegno istituzionale italiano per i due marò é più formale che sostanziale, un interesse quasi obbligato dalle circostanze ma non sentito come dovere etico.
Parole e solo parole, fatti inconcludenti, che dimostrano una verità al momento incontrovertibile: la valenza indiana nella gestione delle trattative è di gran lunga superiore alla nostra e tale da evidenziare in ambito internazionale una pochezza italiana che va ben oltre la valenza economica del Paese.

4)Il 15 Agosto abbiamo saputo dall'inviato De Mistura che c'erano problemi con l'India per l'audizione degli altri 4 marò,hanno aspettato il 15 Agosto per comunicarlo,Cosa andava a fare De Mistura in India,oltre a portare le orecchiette,a trattare l'audizione dei 4?
E come mai continua a ricoprire quel ruolo ,riesce a farsene una ragione?

Alla prima domanda rispondo esprimendo un dubbio : forse il dott. de Mistura fa parte a quella categoria di Funzionari adusi a dire di fronte ad eventi importanti che potrebbero coinvolgerli direttamente, "io non c'ero, se ero presente ero momentaneamente fuori posto o impegnato in altro ".
Infatti, appare strano che un Commissario governativo incaricato di mediare per la sorte di due italiani dimentichi di anteporre a qualsiasi richiesta della controparte aspetti sostanziali come quelli dell'impegni sottoscritti a marzo del 2012 su un eventuale interrogatorio degli altri 4 Fucilieri di Marina.
Chi è titolare di responsabilità del genere non può permettersi di disconoscere o solo dimenticare aspetti che si stanno dimostrando fondamentali per la chiusura delle indagini e quindi l’inizio del processo. Elementi difficilmente impugnabili in quanto parte integrante di norme procedurali indiane che prevedono determinate prerogative e diritti decisionali a coloro a cui sono affidate le indagini.
Aver relegato in subordine questi vincoli rappresenta una imperdonabile sottostima della controparte che dimostra di essere tuttaltro che sprovveduta. Ancora una volta la conferma della pochezza dei contenuti dell'azione diplomatica italiana a fronte, invece, di una determinazione indiana.
I motivi per cui il dott. De Mistura rimane al suo posto sono noti solo a chi lo ha designato per questo incarico. Sostituirlo in questo momento, comunque, potrebbe dimostrare agli indiani che in questi 600 giorni l'Italia ha sbagliato tutto anche nella scelta dei propri Funzionari. Si potrebbe rimediare al danno affiancando al dott. De Mistura un supporto, "una spalla" giustificata dalla stanchezza del Commissario accumulata in questi 19 mesi.

5)Nessuna parola è stata proferita all'Onu sui marò,nessun incontro ,nemmeno al bar. E' normale tutto ciò Generale?

Una scelta incomprensibile ed assolutamente difficile da accettare come cittadino italiano. Non un cenno nell’agenda dei lavori, nemmeno un incontro "face to face" se non altro con gli indiani.
Un silenzio generalizzato ormai diventato tombale, come se qualcuno avesse dimenticato o gli è stato imposto di dimenticare che da 19 mesi ci sono due militari italiani in ostaggio di uno Stato terzo.
Non ci sono parole, se prima ho utilizzato l’aggettivo "vergognoso" ora non vado oltre altrimenti supererei ogni limite di decenza.

6) Non è venuto fuori nessun nome di chi ha dato ordini che non poteva dare,e a quanto pare in molti sono stati pure premiati .In tutti i paesi del mondo sarebbero cadute molte teste,in Italia no vengono premiati .Come mai generale hanno seguito alla lettera gli ordini del mandante o dei mandanti?

La parola "ordine" ha intrinseco il significato di un obbligo da rispettare. Un'adempienza che deve essere osservata e non disattesa (to must, per usare un termine inglese che rende benissimo il concetto ). Forse nell’intera vicenda qualcuno ha interpretato piuttosto che applicato regole e normativa.
L'Armatore avrebbe dovuto informare il Comando della Squadra Navale (CINCINAV) della Marina Militare per avvertire del rientro della Lexie in acque territoriali indiane. Un obbligo previsto da un’apposita convenzione sottoscritta tra l'Associazione armatori ed il Ministero della Difesa nel quadro delle norme attuative della legge 130/2011.
L'ex Ministro Di Paola avrebbe dovuto chiarire perché il Comando Operativo Interforze (COI) avvertito dall’Armatore sul rientro della Lexie a Koci come da lui stesso riferito al Parlamento il 15 ottobre 2012, non abbia coinvolto CINCINAV da cui dipendevano sulla linea gerarchico funzionale i Fucilieri di Marina. Una dimenticanza che lascia perplessi per due motivi. Il primo perché il Ministro della Difesa doveva sapere dei vincoli imposti da una convenzione stipulata dalla Difesa. Il secondo, più importante, é rappresentato dal fatto che l'allora Ministro, già Ammiraglio di altissimo rango, conoscendo le procedure applicate per il coordinamento operativo dei marinai e delle navi impiegate "Fuori Area" non abbia chiarito perché nella fattispecie ciò non sia avvenuto.

7) A quanto pare un ruolo particolare continua ad averlo Finmeccanica,e lei lo sbocco finale di tutti quelli che hanno dato gli ordini? E anche di quelli che dovevano monitorare?

Probabilmente Finmeccanica sta tentando di difendere come é giusto e corretto sul piano imprenditoriale i propri interessi. Si spera solo che non lo faccia sulla "pelle" dei nostri ragazzi sfruttando una situazione ormai ai limiti dell'inverosimile.

8)Cosa si può fare per i nostri ragazzi?E chi dovrebbe farlo gli attuali governanti che si sono bruciati tutti,o dei referenti nuovi nazionali o internazionali,quale può essere la via d'uscita gen Termentini?

A mio avviso l'unica via d'uscita ormai possibile, lecita ed incontestabile, é il ricorso all'arbitrato internazionale attivabile, peraltro, in brevissimo tempo come confermano esperti di diritto internazionale (anche in sole due settimane). Questa strada, però, è stata abbandonata.
Solo una determinazione internazionale potrebbe, infatti, indurre l'India a tornare sui propri passi. Un atto forse anche auspicato dagli stessi indiani che sono entrati in un loop senza fine a ridosso delle prossime elezioni politiche. Delhi potrebbe trovare un alibi nella risoluzione internazionale motivando ogni decisone come imposta dall’arbitrato.
Una soluzione che probabilmente agevolerebbe anche Finmeccanica nel risolvere i propri problemi con gli indiani.

Fonte:  http://alfredodecclesia.1.overblog.com/

sabato 21 settembre 2013

I difetti italici li ritroviamo tutti nella nostra politica estera.


Alla politica estera italiana, in realtà, non mancano le idee chiare sulle linee guida: una volta, dicevi atlantismo ed europeismo ed avevi detto (quasi) tutto, perché un po’ di attenzione al Medio Oriente, se non altro per la vicinanza, l’abbiamo sempre avuta. Adesso la Bonino declina così i suoi tre filoni principali: Diplomazia della Crescita, Europa e crisi del Mediterraneo; e, più o meno, ci siamo. Il problema non sono le pentole, semmai i coperchi: quando si tratta di calare principi e linee guida nei singoli episodi, inanelliamo incidenti di percorso, particolarismo invece di visione generale, episodicità invece di costanza, quantità invece di qualità.

Certo, non ci aiuta, a noi che Grande Potenza non siamo mai stati, neppure con la Terza Sponda e dieci milioni di baionette, l’assenza di una politica estera e di sicurezza europea, dentro la quale potremmo talora mimetizzarci. Dal 2008 pure la parvenza di politica estera europea s’è volatizzata: con la crisi, l’Ue pensa solo al proprio ombelico; e nessuno sa essere irrilevante come Lady Ashton.

Nel frattempo il Ministro Bonino pone l'accento sulla difesa della Corte penale internazionale, che rischia di essere indebolita dai tagli di bilancio e, soprattutto, dai tanti Stati africani che si sentono le uniche vittime delle inchieste per crimini contro l'umanità. Quanto alla moratoria della pena capitale, l'Italia sta lavorando per creare un 'gruppo di pressione' con altri Stati. Una prima e importante occasione di confronto sarà l'assemblea generale dell'Onu, la prossima settimana a New York. Ma del fatto che l'Italia abbia consegnato per ben tre volte Salvatore Girone e Massimiliano Latorre nelle mani indiane, Stato in cui vige la pena di morte, La Bonino non ne parla.

Nell'ultimo anno la diplomazia italiana ha cercato di riguadagnare credibilità e influenza sia in Europa che nel vicinato, ma ha dovuto fare i conti non solo con la perdurante crisi economica, che ne ha limitato la proiezione esterna, ma anche con il sempre più evidente spostamento dell'asse strategico degli Usa verso l'Asia e con il generale indebolimento della cooperazione multilaterale.
L'edizione 2013 dell'annuario Iai-Ispi analizza i vari aspetti dell'azione internazionale dell'Italia, soffermandosi sulle sfide principali che il paese ha dovuto affrontare: il confronto con i partner dell'Ue sulle modalità di risposta alla crisi e sulle nuove tappe dell'integrazione europea; il suo ruolo nel Mediterraneo dopo la Primavera araba; l'esigenza impellente di recuperare competitività sui mercati internazionali; la ristrutturazione non più prorogabile delle Forze armate; la complicata gestione dei rapporti con l'India dopo il fermo dei marò della "Enrica Lexie".
- See more at: http://www.ispionline.it/it/articoli/articolo/usa-americhe-sicurezza-russia-eurasia-mediterraneo-medio-oriente-emergenzesviluppo-diritto-internazionale-asia-energia-europa-italia-global-governance-africa/annuario-iai-ispi-la#sthash.NvNtIqLH.dpuf
Nell'ultimo anno la diplomazia italiana ha cercato di riguadagnare credibilità e influenza sia in Europa che nel vicinato, ma ha dovuto fare i conti non solo con la perdurante crisi economica, che ne ha limitato la proiezione esterna, ma anche con il sempre più evidente spostamento dell'asse strategico degli Usa verso l'Asia e con il generale indebolimento della cooperazione multilaterale.
L'edizione 2013 dell'annuario Iai-Ispi analizza i vari aspetti dell'azione internazionale dell'Italia, soffermandosi sulle sfide principali che il paese ha dovuto affrontare: il confronto con i partner dell'Ue sulle modalità di risposta alla crisi e sulle nuove tappe dell'integrazione europea; il suo ruolo nel Mediterraneo dopo la Primavera araba; l'esigenza impellente di recuperare competitività sui mercati internazionali; la ristrutturazione non più prorogabile delle Forze armate; la complicata gestione dei rapporti con l'India dopo il fermo dei marò della "Enrica Lexie".
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Ritorna l’odioso ricatto: niente processo senza gli altri 4 Marò in India


Massimiliano Latorre e Salvatore Girone

Nella sempre più squallida e vergognosa pantomima che riguarda i nostri Marò in attesa di processo, gli inquirenti ed il governo dell’India si sono messi a fare il gioco dell’oca: qualche passo in avanti verso la fatidica casella numero 63, fino a quando qualche trappola sistemata lungo il percorso non fa tornare là da dove si era partiti. 
 
Appena alla fine di agosto, la NIA, National Investigation Agency, la struttura antiterroristica indiana, aveva raggiunto la conclusione che le indagini sulla vicenda dell’uccisione di due pescatori indiani avvenuta il 15 febbraio del 2012 sul peschereccio St Antony, della quale sono accusati i nostri due Marò il maresciallo Max Latorre ed il sergente Salvo Girone, fossero state praticamente completate. In effetti la NIA avrebbe voluto interrogare nuovamente i quattro Marò che al momento dell’incidente erano a bordo della Enrica Lexie con i loro due colleghi indagati. A tale proposito, prima la Farnesina, poi il dr. Staffan de Mistura, l’inviato speciale del governo italiano per il caso Marò, avevano recisamente escluso che i quattro Marò potessero recarsi in India. 
 
Tra le righe, dietro a questo diniego, si leggeva la preoccupazione che ai quattro, una volta arrivati a New Delhi, fosse riservato lo stesso trattamento cui sono stati fatti oggetto Latorre e Girone: convocati a collaborare come testi, cosa spontaneamente accettata, sono stati poi trattenuti come indagati, arrestati, tenuti in detenzione da 18 mesi ed accusati di omicidio in modo del tutto arbitrario, senza uno straccio di elemento che convalidasse questa decisione delle autorità inquirenti e dei magistrati dello stato del Kerala.

Un caso che invece di essere subito risolto ha visto perdere tutto il 2012 dietro le discussioni circa il trattamento da riservare ai due Marò durante la loro custodia cautelare preventiva, nonchè per discutere velleitariamente, da parte indiana, della competenza giurisdizionale ad inquisire i due Marò. L’Italia ha presentato svariati ricorsi alla Corte Suprema indiana di New Delhi, e finalmente lo scorso gennaio la situazione pareva potersi finalmente sbloccare. 

Benchè abbia omesso di rispondere direttamente al quesito sulla giurisdizione, la Corte ha comunque avocato a sè la competenza del caso strappandola alla bramosia di vendetta delle tracotanti autorità keralesi, decidendo altresì, dopo più di un tentennamento, di affidare indagini, istruttoria e processo alla NIA. Contestualmente, si concesse ai Marò di potere attendere il processo stando ai domiciliari presso l’Ambasciata Italiana di New Delhi, dove sono tuttora reclusi.

Inoltre, la Nia il 4 aprile scorso si dichiarò ottimista circa la possibilità di chiudere l’istruttoria entro i 60 giorni imposti dalla Corte Suprema, salvo, una volta ricevute le “carte” passategli dagli inquirenti keralesi, lamentare che i tempi per la conclusione delle indagini si sarebbero dovuti allungare in modo difficilmente quantificabile perchè gli atti processuali rappresentavano una vera Torre di Babele. Deposizioni, documenti, atti erano scritti in 5 lingue diverse: italiano, tamil, malayalam, inglese ed hindi. Un problema che era stato volutamente esagerato dalla NIA per prendere tempo e fare le cose (e le ferie) con tutta calma. Infatti, a metà dell’estate, tutte le carte processuali risultavano tradotte in inglese e hindi così da potere essere comprensibili a tutti. 

Bene, allora pareva che ci fossero tutti gli ingredienti per trarre le dovute conclusioni, attese un po’ da tutti, ed in particolare quella se rinviare a giudizio i due Marò, ed eventualmente con quale capo d’accusa. Invece no, anzi si ritorna alla casella di partenza perchè nei fascicoli dell’istruttoria manca la testimonianza dei quattro colleghi dei due Marò indagati, cioè Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana ed Alessandro Conte.

In effetti le deposizioni dei quattro ci sono, altrochè. All’inizio della storia, la Lexie ed il suo equipaggio, inclusi una decina di marinai indiani, sono rimasti sequestrati per due mesi nel porto di Kochi a completa disposizione ed in balìa della polizia del Kerala e della locale Capitaneria di Porto. Durante quella sosta forzata, la Lexie è stata perquisita quasi ogni giorno alla ricerca di armi che fossero compatibili con i proiettili che hanno ucciso i due pescatori, senza che mai fosse trovato nulla di probatorio contro i Marò indagati. In quelle occasioni, i quattro Marò rimasti a bordo sono stati interrogati innumerevoli volte dalla polizia del Kerala, per cui la richiesta della NIA di volerli reinterrogare appare quanto meno sospetta, se non uno squallido pretesto per prendere tempo in attesa che le acque attorno al caso si quetino e le luci si smorzino per procedere a fari spenti, senza dare nell’occhio. 

Anche perchè, proprio per evitare ulteriori complicazioni, da parte italiana si era andati incontro alle presunte “esigenze” della NIA proponendo tre valide alternative al viaggio dei 4 Marò in India per testimoniare: l’interrogatorio in videoconferenza, per rogatoria o diretto, ma con gli inquirenti indiani a spostarsi in Italia, magari a nostre spese, mogli e concubine al seguito, viaggio in business class ed albergo a cinque stelle. Ma la NIA si è dimostrata irriducibile ed irragionevole ed ha sdegnosamente rifiutato ogni possibile alternativa a quella che, stando ai precedenti, sarebbe una vera e propria estradizione in India dei quattro Marò.

A tale proposito, va ricordato che pende sulla vicenda l’inquietante referto della perizia balistica fatta dagli “esperti” indiani, i quali hanno fornito all’ammiraglio Alessandro Piroli, cui fu affidata l’inchiesta interna della Marina Militare, indicazioni che portano alla conclusione che a sparare non furono Latorre e Girone, ma altri due dei sei Marò che erano a bordo della Lexie al momento dell’incidente. Sono conclusioni tutte da dimostrare visto che gli indiani, in particolare l’anatomopatologo prof. Sisikala che effettuò la prima necroscopia, avevano in un primo momento indicato come calibro dei proiettili il 7.65, forse pensando che fosse compatibile con le armi NATO, salvo poi cancellare tutto ed indicare quello di 5.56, questo sì compatibile con le armi dei Marò. Va anche detto che i fucili dei Marò a bordo della Lexie sono stati sequestrati ed utilizzati per i test balistici da parte degli indiani senza alcuna garanzia, trasparenza o coinvolgimento della difesa degli indagati e senza rispettare alcuno degli standard internazionali previsti in questi casi, come testimoniato da due funzionari del RIS dei Carabinieri, ammessi solo alle primissime perizie e solo come silenti osservatori. 

Nonostante tutto questo, nel numero del 6 aprile di quest’anno, La Repubblica prese al solito per buona acriticamente ed a scatola chiusa la “verità” fornita dagli indiani, arrivando a titolare in un vergognoso articolo a firma di Maura Gualco e Vincenzo Nigro : “Marò, la verità degli italiani su quei 33 minuti. Il giallo: i fucili erano quelli di altri soldati”. Un titolo volutamente fuorviante, perchè fa credere che sia stato il relatore amm. Alessandro Piroli ad arrivare a quella conclusione, ma in effetti sono stati gli indiani a dire a lui, nel referto che gli hanno inviato, che i proiettili erano compatibili con le armi di altri due Marò, e Piroli s’è limitato a prendere atto ed a riportare le conclusioni degli indiani. Che si tratti di una volgare montatura, cui La Repubblica si è subito associata con entusiasmo, si dimostra facilmente: se gli inquirenti indiani fossero convinti che a sparare siano stati altri e non Latorre e Girone, perchè continuano ad accusare questi due anzichè rilasciarli e chiedere, eventualmente, l’estradizione di quelli che secondo loro sarebbero i “veri” responsabili della sparatoria? Questo La Repubblica non se lo chiede, noi invece sì.

Ed arriviamo così a fine agosto, quando sembrò che il braccio di ferro Italia-India sui 4 Marò testimoni potesse avere finalmente termine. Su molti quotidiani indiani, noi ne prendiamo uno a riferimento, The Times of India che è quello più diffuso in lingua inglese, il 22 agosto 2013 funzionari della NIA, il cui sport preferito pare essere quello di conservare l’anonimato, così si espressero: “Possiamo chiudere il caso anche subito senza le deposizioni degli altri 4 “Italian marines” che assistettero all’omicidio dei due pescatori indiani. (Prego notare: i Marò sono testi oculari per gli inquirenti, il che significa che che si dà per scontato che Latorre e Girone sono colpevoli a priori ed a prescindere. Un atteggiamento questo condiviso e fatto proprio dalla sinistra italiana colpevolista viscerale, e dalla stampa che la rappresenta, con L’Espresso e La Repubblica in primissima fila, per non dire del Manifesto, FQ, l’Unità e via cantando, ndr)”. Aggiunsero poi le anonime fonti della NIA: “Il fascicolo dell’istruttoria non è condizionato alle dichiarazioni dei quattro marines, per cui se persisteranno nel loro atteggiamento di non volere venire in India, noi manderemo avanti il procedimento anche senza le loro testimonianze. Anche perchè, all’occorrenza, potremmo sempre intervenire ad integrare il chargesheet (la requisitoria) in un secondo momento”. 

A questo punto, manca solo che si dica se e quando ci sarà un processo, ma nel gioco dell’oca l’imprevisto incombe ed ancora una volta si torna indietro.

Ieri, 17 settembre, sulla stampa indiana sono apparse due notizie che riguardano il caso Marò. La prima è che addirittura il governo indiano starebbe per presentare al più presto una denuncia presso la Corte Suprema di New Delhi contro i quattro Marò italiani, il cui rifiuto a recarsi in India a testimoniare di fronte ai magistrati antiterrorismo (sic!!!) della NIA sta ritardando l’avvio del processo per omicidio di due loro colleghi e compatrioti. Si pensi che secondo la fonte che dà questa notizia, il passo del governo sarebbe suggerito dal timore che il vertice della Corte Suprema scagli i suoi strali contro un esecutivo il quale, quando lo scorso marzo gli fu imposto di accelerare i tempi del processo, da celebrarsi con udienze giornaliere presso una corte speciale appositamente costituita (che poi fu indicata nella NIA, ndr), rispose di essere convinto di poter risolvere tutto in “un paio di mesi”. A marzo. 

Sei mesi dopo non solo il processo non è cominciato, ma stiamo proprio in alto mare. Sì, perchè la NIA adesso ci ha ripensato e contrariamente a quello che ha detto meno di un mese fa, adesso siamo tornati alla casella che dice che senza i quattro Marò che stanno in Italia, questo processo non si può proprio fare. Per cui, il solito funzionario della NIA avvolto nel più misterioso anonimato, ha ieri dichiarato ad ET, che in India è la pagina economica del Times, che loro “vogliono che i colleghi dei due marines accusati dell’uccisione di Ajesh Binki e Jelestine il 15 febbraio del 2012 al largo del Kerala si presentino in India, condizione che se non rispettata fa della possibilità di un processo immediato e veloce la voce di un’eco che si allontana, che si allontana sempre di più…”

Riferendosi poi alla possibile iniziativa del governo indiano di denunciare i quattro mancati testimoni con la quale vuole mettere le mani avanti e ribaltare sull’Italia l’accusa di ritardare il procedimento, un funzionario del ministero della giustizia dell’Unione Indiana, che ha anche lui chiesto di non essere identificato, ha indicato che l’obbiettivo è quello di informare il vertice della Corte Suprema della situazione di stallo, al fine di avere indicazioni sul da farsi. Ecco fatto, qui siamo incorsi in una grave penalizzazione del gioco dell’oca e siamo addirittura tornati alla casella di partenza, la numero zero, quella in cui ci trovavamo a gennaio 2013. 

Quindi, sino a che la Corte Suprema non si degnerà di esprimersi nel merito, per la vicenda si annuncia calma piatta e più nulla da segnalare. Però, mentre il tempo scorre inutilmente per i Marò detenuti in India, possiamo sin d’ora anticipare alla Farnesina che presto riceverà una nota ufficiale da parte del ministero degli Affari Esteri dell’Unione Indiana “per sottolineare all’Italia l’importanza rivestita dalla testimonianza dei quattro Marò per l’istruttoria della NIA e di raggiungere una piena armonia tra Italia ed India per cooperare nel caso”.

In conclusione, sembra di capire che gli indiani comincino ad essere stanchi del caso Marò e che vogliano pertanto cambiare gioco. Essendo per loro da escludere a priori che i nostri Marò possano essere innocenti, come si consiglierebbe invece di considerare visto che nulla, dagli orari alle risultanze probatorie, combacia tra i fatti dimostrati ed il teorema accusatorio, ora dal gioco dell’oca vorrebbero passare ad anghingò, cosa che finalmente permetterebbe loro, se disponessero di tutti e sei i Marò che erano sulla Lexie, di affidare alla sorte la decisione di quali siano tra i sei, i due che secondo loro avrebbero sparato, uccidendoli, ai loro pescatori :ambarabà ciccì coccò, tre civette sul comò… Per colpa di tutti gli inetti ed incapaci annidati nei governi che hanno gestito il caso dei Marò, oltre al danno pure la beffa dobbiamo sopportare. 

Fonte:  http://www.qelsi.it/

LA VICENDA MARO' – FINALMENTE CI SI MUOVE CON OGNI PROBABILITA' VERSO UNA CONCLUSIONE, di Stefano Tronconi

21 Settembre 2013 - Come ho illustrato anche in precedenti documenti, personalmente ritengo che le autorità indiane, da quando insieme a Capuozzo e Di Stefano abbiamo divulgato la nuova ricostruzione degli eventi accaduti al largo del Kerala suffragandola con numerose prove, non abbiano più nessuna voglia di celebrare il processo contro Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e stiano da tempo (troppo, a dir la verità, ma questo è dovuto anche alla assenza di qualsiasi incisiva azione da parte del governo italiano) cercando una via d'uscita che permetta loro di salvare in qualche modo la faccia rispetto ai crimini ed agli errori commessi.
 
Martedì scorso è apparso un articolo sull'Economic Times in cui, dietro il paravento della pretestuosa questione della deposizione non ancora avvenuta dei quattro marò colleghi di Girone e Latorre presenti sulla Lexie, si ipotizza un nuovo ricorso alla Corte Suprema da parte del governo indiano per avere indicazioni su come procedere nelle indagini.
Innanzi tutto va ribadito ancora una volta che la questione della deposizione dei quattro marò non è altro che una 'foglia di fico', strumentalizzata dall'India per guadagnare tempo, per il semplice fatto che la deposizione dei quattro marò in qualità di testimoni non è di per sé assolutamente essenziale per la chiusura delle indagini (nel caso ovviamente vi fosse la volontà di chiuderle). Sebbene il paragone sia solo in parte calzante, a voler vedere, anche il ministro della difesa Antony (il cui ruolo chiave nella vicenda marò abbiamo ampiamente approfondito in altra sede) è stato chiamato in qualità di testimone nell'inchiesta India-Finmeccanica aperta in Italia. Il ministro Antony ha semplicemente comunicato che non ha alcun intenzione di presentarsi davanti ai magistrati di Busto Arsizio (come è ovvio) e la questione è finita lì. Circa tre mesi fa inoltre era stato proprio un portavoce del ministero degli esteri indiano a dichiarare alla stampa che la scelta se inviare o meno gli altri quattro marò imbarcati sulla Lexie a testimoniare sarebbe stata una scelta di competenza esclusivamente del governo italiano.

Ma torniamo all'articolo apparso sull'Economic Times. Ritengo che una sua lettura attenta, supportata dalla conoscenza del caso e degli attori coinvolti, ne consenta un'interpretazione ben diversa e più positiva di quella data purtroppo senza eccezioni dai giornali e dai commentatori italiani. Provo a spiegarne i motivi.

Per l'India allo stato delle cose la via del processo ai nostri fucilieri dovrebbe essere ineludibile a causa della sentenza della Corte Suprema emessa nel Gennaio scorso, quando la stessa Corte o ignorava le 'porcherie' fatte in Kerala o era stata rassicurata sul fatto che le indagini (cioè le 'porcherie') erano state così bene manipolate da garantire un esito scontato della vicenda. Ma ora il tavolo è stato rovesciato proprio perchè i riscontri fattuali, tecnici e politici che abbiamo portato alla luce non lasciano dubbi sulle falsificazioni operate dalle autorità investigative indiane e sull'innocenza di Girone e Latorre. A questo punto le alternative che un processo a carico dei marò offrirebbe all'India sarebbero una meno attraente dell'altra.

La prima alternativa è che la NIA chiuda le indagini chiedendo il proscioglimento di Girone e Latorre per non aver commesso il fatto. Sarebbe la soluzione ovviamente più 'pulita', ma si può facilmente immaginare il danno che deriverebbe all'India in termini di immagine internazionale (senza considerare i contraccolpi a livello di politica interna) per il fatto di aver a tutti gli effetti tenuto sequestrati due militari di un paese terzo in missione anti-pirateria in acque internazionali per quasi due anni senza che costoro, neppure per errore, fossero in effetti responsabili dei fatti contestati.

La seconda alternativa è che la Nia, intorbidendo un po' le acque, chiuda le indagini facendo finta che vi siano parecchie zone d'ombra sullo svolgimento dei fatti, ma riconoscendo in tali conclusioni che non vi sono invece dubbi sul fatto che l'azione dei due marò sia invece stata compiuta in buona fede nello svolgimento del proprio servizio, la qual cosa potrebbe rendere i marò non punibili in base al diritto penale indiano. Una tale conclusione farebbe rientrare dalla finestra l'applicabilità delle norme UNCLOS (ipotesi lasciata in campo dalla stessa Corte Suprema). Il giudice monocratico del tribunale speciale potrebbe così velocemente sentenziare a favore dell'applicabilità delle norme UNCLOS e far rientrare dalla finestra la giurisdizione italiana. Questa è stata a lunga la via d'uscita preferita da molte delle 'colombe' indiane dopo la sentenza pilatesca della Corte Suprema del Gennaio scorso, ma anche qui ci sarebbe il problema di come far comprendere, soprattutto all'opinione pubblica interna, ma anche a quella internazionale che ci siano voluti quasi due anni per riconoscere che la giurisdizione della vicenda fosse italiana (anche se ovviamente il barocco ragionamento alla base della sentenza della Corte Suprema del Gennaio scorso lo consentirebbe agevolmente). Senza contare il fatto che una tale decisione da parte del tribunale speciale potrebbe essere nuovamente impugnata presso la Corte Suprema prolungando l'aberrante circolo vizioso in cui si sono impantanati governo e magistratura indiana.

La terza alternativa è ovviamente che parta un vero e proprio processo farsa nei confronti di Girone e Latorre che rispecchi, con qualche variante, le false accuse a suo tempo prodotte dalla polizia del Kerala. Ma questa alternativa, che si è pensato di percorrere, anche con lo scellerato consenso del governo italiano (il famoso processo 'equo' e 'rapido') fino al momento in cui nel Giugno scorso siamo usciti pubblicamente con la nuova ricostruzione degli eventi (sicuramente giunta all'attenzione tanto della NIA, che del governo indiano, che della Corte Suprema), ai tempi di internet e della comunicazione globale non potrebbe che trasformarsi in una vera e propria Caporetto, questa volta non per il governo Italiano come è stato finora, ma per quello indiano. Tanto io che Luigi Di Stefano, che quasi quotidianamente portiamo la nostra versione dei fatti nei forum dei giornali e delle associazioni indiane, potremmo dare numerosissime testimonianze tanto del panico e dell'isteria che i nostri argomenti (fattuali, tecnici e politici) provocano a chi in India approccia il tema con spirito nazionalistico quanto della sorpresa e dell'incredulità che gli stessi argomenti provocano a chi invece riesce ad osservare la vicenda con una mente più aperta. Un processo vero e proprio tornerebbe ad attirare l'attenzione non solo dei pochi più attenti che 'incontriamo' in questi mesi io e Di Stefano e che continuano a seguire la vicenda anche in questi mesi di stallo, ma ad occupare le prime pagine dei media di tutto il mondo e questo l'India, molto attenta alla propria immagine, non se lo può davvero permettere.
Se infatti l'India poteva permettersi di violare le norme del diritto internazionale nei confronti di un'Italia impotente ed incompetente finchè avesse quanto meno avuto alle spalle la giustificazione che i due soldati fossero colpevoli dell'uccisione di due pescatori inermi, nel momento in cui apparisse chiaro sui media di tutto il mondo che in realtà i due soldati non hanno ucciso nessuno e, come io dico ormai da tre mesi, sono stati a tutti gli effetti sequestrati, l'immagine dell'India ne uscirebbe distrutta.

E' in un simile contesto che nella nota da me pubblicata Domenica scorsa avevo parlato di nuove ipotesi di 'compromesso' che avrebbero potuto essere ventilate in concomitanza con la nuova visita in India di De Mistura, ed ecco per l'appunto la pubblicazione dell'articolo sull'Economic Times.
Per le ragioni spiegate sopra l'apertura di un processo a carico dei nostri marò (in qualsiasi delle tre alternative descritte) rischierebbe per l'appunto di trasformarsi in un vero e proprio disastro per l'immagine dell'India. Essendovi però una sentenza della Corte Suprema che questo processo lo impone, ecco spuntare l'idea al governo indiano di tornare proprio alla Corte Suprema stessa per cercare di uscire assieme dall'imbuto in cui tanto la politica che la magistratura indiana si sono infilate con le proprie mani e trovare una nuova 'soluzione' che risparmi all'India una vergogna internazionale. Insomma, quella del nuovo ricorso alla Corte Suprema non è in realtà un nuovo schiaffo all'Italia, come molti hanno superficialmente commentato tanto sui giornali che sui social network, ma semplicemente il tentativo di provare finalmente ad uscire da un vicolo cieco e di trovare una soluzione che danneggi il meno possibile l'immagine dell'India quale Stato democratico e di diritto.
Soluzione che gli indiani sarebbero già stati costretti a trovare da alcune settimane se solo la classe politica e la stampa (che ne è a tutti gli effetti il riflesso in quanto ad impotenza ed incompetenza) italiane fossero state meno inerti.

Il ritorno davanti alla Corte Suprema indiana sarebbe in verità un'opportunità anche per l'Italia, che avrebbe l'occasione di rendere formalmente edotta la Corta (che pure ormai ne è informata benissimo), se non dell'intera ricostruzione Capuozzo/Di Stefano/Tronconi (lasciando in questo modo alle autorità indiane l'accertamento di eventuali crimini commessi da Chandy, Antony e tutti gli altri elementi con loro collusi della polizia, delle forze armate e della magistratura), quanto meno delle principali prove documentali a sostegno di tale ricostruzione e cioè:
il video '21.30' di Freddy Bosco;
il messaggio '21.36' della Guardia Costiera indiana
il report '22.20' dell'Olympic Flair
che sebbene rappresentino solo parte delle prove e degli indizi a favore di Girone e Latorre, già di per sé offrirebbero abbastanza elementi per mettere del tutto in crisi l'originale impianto accusatorio.
In altre parole, l'Italia questa volta davanti alla Corte Suprema si troverebbe nella condizione di poter tirare un calcio di rigore, avendo questa volta del tutto il coltello dalla parte del manico.

Naturalmente non è necessario che questo calcio di rigore a porta vuota venga tirato davanti agli occhi di tutto il mondo, perchè in fin dei conti l'umiliazione dell'intera nazione India a causa delle azioni criminali di un numero ampio, ma pur sempre limitato di politici e funzionari corrotti non è interesse di nessuno. Rimane comunque valido quanto ho già scritto Domenica scorsa e cioè che
' (omissis) non penso che l'Italia possa accettare compromessi (omissis) tesi SOLO a salvare la faccia di un governo e di un sistema giudiziario indiani che riteniamo si siano resi responsabili di comportamenti arroganti e prepotenti verso l'Italia ben oltre l'immaginabile (omissis)'.

E' su questo che dobbiamo ora tutti vigilare visti i precedenti pasticci combinati dall'inetto De Mistura e dai nostri politici, militari, diplomatici ed avvocati che in questa vicenda non solo calci di rigore ne hanno già sbagliati a iosa, ma, ancora peggio, sono stati artefici di continui autogol a danno soprattutto di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ma anche dell'immagine dell'Italia intera.
Che in India stiano tuttavia finalmente provando a trovare una via d'uscita (pur in assenza di una qualsiasi azione incisiva da parte dell'Italia che per quasi due anni ha sempre contato meno del due di picche con briscola quadri) è solo da guardare con favore.
La vicenda non è ancora risolta, ma ci sono buone ragioni per sperare che ci si stia finalmente muovendo verso una conclusione positiva della vicenda.
Fonte: https://www.facebook.com/stefano.tronconi.79

venerdì 20 settembre 2013

L’Ungheria sta lavorando per ridurre l’Iva e le bollette


Mentre in Italia il governo sta pensando di aumentare l’Iva e le tariffe di luce, gas e acqua continuano a salire, l’Ungheria sta andando in controtendenza tant’e’ che il 1° novembre prossimo le tariffe delle utenze pubbliche potrebbero essere ulteriormente ridotte del 10%, come ha dichiarato János Lázar, sottosegretario della Cancelleria del Primo Ministro in un forum locale di Hódmezővásárhely.

Se la riduzione dell’11,1% si aggiunge a quella del 10% giá introdotta a metá anno, le tariffe applicate nei confronti delle famiglie saranno inferiori del 20%.

Al forum Lázár ha inoltre dichiarato che il Governo sta lavorando sulla riduzione dell’IVA sulla carne, per lo più quella applicata su pollame e carne di maiale, dall’aliquota attuale del 27% sino al di sotto del 10%. Tale riduzione sarebbe introdotta il 1° gennaio prossimo. 

Inoltre Il primo ministro Viktor Orbán ha incaricato il Ministro dell’Economia, Mihály Varga e il Ministro dello Sviluppo rurale Sándor Fazekas di verificare la possibilità di ridurre l’IVA sui prodotti alimentari di base, come ha riportato in seguito Lázár a Radio Kossuth
.

Ovviamente non esiste nessuna possibilita’ che l’Italia possa seguire l’esempio ungherese e questo spiega il perche’ questa storia e’ stata censurata dai giornali di regime, il governo servo dei poteri forti ha bisogno di tenere il pubblico ignorante per poter distruggere il paese indisturbato.

Quanto all’Ungheria i motivi di tale decisione sono tanti ma sicuramente uno e’ legato alla recente decisione di pagare in anticipo il debito contratto con il FMI per non dover subire ricatti.

Questo e’ quello che avviene quando esistono partiti nazionalisti molto forti e il governo ungherese sente la pressione esercitata da Jobbik, un partito che in Italia molti definiscono razzista e fascista proprio perché e’ dalla parte del popolo e contro i poteri forti e il calo dell’Iva e delle tariffe ne e’ una prova.

Fonte: GIUSEPPE DE SANTIS / http://elzeviro.net/

lunedì 16 settembre 2013

Domanda a Un Italiano: se mi è lecito vorrei farti una domanda: secondo te chi ha le responsabilità maggiori in questa vicenda???

Anche per rispondere all'amico Nicola Marenzi propongo una serie di "perché" su materia "credo" trattata a livello istituzionale nell'arco del 2012 ed a cui nessuno ha voluto dare seguito, forse per mantenere impegni presi a livello extra nazionale.

1. Il mancato ricorso all’arbitrato internazionale come previsto dal...la Convenzione di Montego Bay, a cui l’India non avrebbe potuto sottrarsi. Ricorso peraltro giustificato anche dall’assenza di risposta dell’India di aprire un dialogo bilaterale con l’esecutivo italiano per una soluzione diplomatica del caso, come peraltro suggerito dalla stessa sentenza della Corte Suprema di Delhi.
Un arbitrato promesso ma mai decollato nonostante sia stata a suo tempo consegnata una nota verbale all’incaricato di affari indiano a Roma, il Signor Shankar, con la quale veniva comunicato che l’Italia aveva instaurato formalmente la controversia internazionale.
Un chiarimento che forse il Senatore Monti dovrebbe dare agli italiani.
2. La mancata ed inequivocabile affermazione della competenza italiana di giudicare fatti avvenuti in acque internazionali su una nave battente Bandiera italiana.
3. Una formale e decisa rimostranza sulla negazione da parte dell’India del diritto dell’”immunità funzionale” riconosciuto in tutto il mondo. La stessa India lo ha avocato ed ottenuto nel 2012 per due suoi militari inquadrati nel contingente africano di Pace dell’ONU e colpevoli di stupro in Congo.
4. La mancata adozione di restrizioni in tema di rilascio di visti e di imbarco di marittimi indiani su navi battenti Bandiera italiana.
5. La sospensione di aiuti economici significativi come il finanziamento del programma di approvvigionamento idrico e trattamento dei rifiuti in 16 municipalità del West Bengala per l’ammontare di 25,8 milioni di Euro.
6. Richiesta all’Unione europea di interrompere i processi negoziali di carattere economico - commerciale colpendo il settore del libero scambio di vitale interesse per l’India.
7. Negare il consenso italiano (un vero e proprio veto) alla firma di accordi in ambito europeo con l’India.
8. Mancata richiesta di azioni europee di controllo dell’importazioni in Europa di acciaio extra UE, considerando che l’India è uno dei maggiori produttori.
9. Interventi incisivi sulla Banca Mondiale e sulla Banca Asiatica per lo sviluppo di tutti i finanziamenti a favore dell’India e che presuppongono l’approvazione italiana.
10. La richiesta di un impegno da parte indiana di non mutare le condizioni di restrizione della libertà di movimento dei due Marò rispetto a quanto previsto dalla sentenza della Corte Suprema dell’India del 18 gennaio 2013, garanzia in questo momento messa in seria discussione nel momento che verranno chiuse le indagini della NIA indiana.
 

Finmeccanica: Di Paola, Italia ha bisogno che sia azienda forte






08 nov 2012 - "Quello che dico io e dice il Governo e' che l'Italia ha bisogno di una Finmeccanica forte. Io sono dietro a Finmeccanica, ad una Finmeccanica forte". Cosi' il ministro della Difesa,Giampaolo Di Paola, ha risposto, a margine dell'inaugurazione dell'anno accademico del Ceentro alti studi della Difesa, ad una domanda sul futuro del gruppo. Quanto all'ipotesi di un ricambio dei vertici dell'azienda, Di Paola ha detto: "Sono contrario ad alimentare un gossip sul tema. Le scelte ci saranno come e quando si presenteranno le condizioni".    
 
 
 
 
 
 
 
 

Lettera al Comandante delle forze armate Presidente della repubblica Italiana. di Sandro Macchia

Eccellenza, la invito come cittadino ed ex militare a prendere una iniziativa definitiva contro il sopruso e abuso della scarna applicazione delle leggi internazionali. Ma soprattutto la invito a dare un forte segnale al presidente del Kerala stato federato dell’India.

La invito a fare leva il suo potere come capo Supremo d...elle forze armate, Presidente, lei oltre alle attività politiche interne E’ il comandante delle due figure militari ma cittadini Italiani, Salvatore e Massimiliano, sono una parte di stato, hanno giurato fedeltà alla Repubblica Italiana, nonché al suo Presidente.
Siamo certi che lei ha un sano e forte interesse alla risoluzione politica del sopruso a danno dei due militari del San Marco, io in particolare sono certo solo di una cosa, il caso di accusa di omicidio non sussiste. Quindi non vi sono termini legali di ulteriore trattenimento dei militari.
Sono semplicemente un cittadino italiano, sono semplicemente un militare in congedo volontario, ma sono superbo al rispetto della costituzione e del tricolore.
Loro come migliaia di militari dislocati oltre confini sono una parte dello stato Italiano, hanno giurato fedeltà a lei, e alla costituzione, non faccia sentire TUTTI abbandonati e possibili vittime, loro le sono cosi fedeli che si fanno sparare addosso per un ordine, o per un incarico militare anche senza un ordine.
Presidente, Lei ne è il capo supremo, lei è il loro leader, viste le centinaia di azioni fatte dai dicasteri di competenza, risultate vane dalle azioni ambigue e poco esaustive delle autorità Indiane, lei presidente deve spezzare questa barriera di omertà indiana, non lasci che la saggia e dovuta diplomazia Italiana sia presa come debolezza dalle autorità locali. Massimiliano e Salvatore, SONO STATO ITALIANO. Il capo supremo E’ LEI. Ne è responsabile come un buon padre di famiglia.

Con osservanza

EGITTO: BACIO "VELATO" IN STRADA, SCOPPIA LO SCANDALO! di Giulio Terzi


Quella che vedete in questo post è una *bellissima foto di due giovani che si vogliono bene*, pubblicata oggi dal Corriere della Sera. Ma c'è già chi ne sta facendo un caso "dogmatico", in un Egitto diviso tra il forte bisogno di affermare le libertà individuali e coloro che invece restano condizionati da tradizioni secolari e regole molto restrittive, specie per le donne. Sono soprattutto i comportamenti individuali e la loro "comunicazione" - specie online - che hanno potentemente affermato e rilanciato temi come l'uguaglianza e la dignità umana nella società contemporanea. La foto coglie un istante "tenero" tra un ragazzo e una ragazza: come vorremmo che questa fosse un'immagine "normale", anziché l'assoluta eccezione, in una parte di mondo dove la notizia abituale è invece quella di segregazione, violenze, stupri e persino *uccisione arbitraria* di donne. E non parlo solo di Medio-Oriente (fin troppo facile puntare il dito sulla cultura mussulmana): in India, ogni venti minuti una donna ne é vittima... Vi chiedo: quanto dovremo ancora aspettare affinché immagini come questa, di amore e affetto tra uomo e donna "non facciano più notizia"...?

IL CONGO CONTRASTA I CLANDESTINI. L'ITALIA?

Merito a Papa Francesco che con forza e determinazione ha posto sotto la lente il fenomeno migratorio che così come si manifesta è disastroso per molti stati e in particolare per l’Italia.
Le persone in condizioni di estrema sofferenza suscitano sentimenti di pietà e sconforto insieme. Un fenomeno migratorio delle attuali dimensioni, deve essere analizzato con attenzione e rigore e senza pregiudizi.
La visita di Papa Francesco a Lampedusa è servita a focalizzare non solamente l’aspetto tragico delle vite stroncate, dei corpi che giacciono in fondo al mare, ma anche il losco mercato che c’è dietro.
Papa Francesco ha fatto esplicito riferimento ai “trafficanti che sfruttano la povertà” e ne fanno fonte di guadagno.
 
Il fenomeno migratorio , nelle attuali dimensioni, supera largamente i limiti fisiologi del trasferirsi in terre diverse per molteplici esigenze, per caratterizzarsi invece come fenomeno invasivo e destabilizzante.
Anche l’ Australia , ove esiste la necessità di popolare il vastissimo territorio, non consente un ingresso incontrollato e indiscriminato di migranti, perché temono che l’immigrazione massiccia e non graduata faccia saltare gli equilibri sociali ed economici del paese, che invece un’immigrazione controllata e filtrata consente di salvaguardare.
Pure il governo di Brazzaville (Congo) ha dal 1983 una legge che contrasta l’immigrazione clandestina, estremamente simile a quella vigente in Italia, che Maroni da ministro degli Interni, aveva perfezionato con accordi bilaterali con vari paesi .
In Europa e particolarmente in Italia si deve preservare il giusto equilibrio tra popolazione e territorio; c’è l’assoluta esigenza di salvaguardare il territorio, di non ridurre ulteriormente le superfici coltivabili. Alterare e contrastare questo fenomeno, è un’ulteriore vulnus alle sacralità di vita e terra.
L’attuale politica di favorire le migrazioni bibliche, da un lato rallenta lo sviluppo dei paesi d’emigrazione e dall’ altro favorisce chi vuole conquistare, a basso prezzo le ricchezze che negli stessi ci sono; in parallelo danneggia gravemente gli stati che oggi appaiono oasi felici e in quanto percepiti come tali, mete ambite.
Si propone una riflessione, conviene fermare gli sbarchi, lavorare per valorizzare le risorse del territorio e rendere l’Africa un continente che estrae, trasforma e esporta ?
Oggi già in alcuni stati, come nella Repubblica del Sudafrica esiste un livello di vita che trattiene gli abitanti da emigrare.
Non è pensabile che con l’emigrazione si risolvano i problemi di paesi, in cui la fame è usata come arma impropria per rubare e per far fuggire chi per diritto di nascita ha la proprietà di quei territori e di quanto in essi c’è. In un futuro non molto distante, seguendo giuste politiche di sviluppo, il continente africano ha prospettive migliori di quello europeo.
Lu ius soli è sostenuto da alcuni come diritto naturale e come diritto umano, ma lo si deve leggere nel modo giusto, ovvero come diritto a disporre di quanto c’è sopra e sotto la terra a cui si appartiene.
Gli attuali fenomeni migratori sono una riedizione della tratta degli schiavi che aveva lo scopo di importare forza lavoro; oggi di obbiettivi ne ha due, quello di spopolare territori ricchi di ricchezze minerarie e di costringere i titolari di quelle risorse a lavorare per pochi soldi in altri Paesi. Si potrebbe arrivare al paradosso che, in tempi relativamente brevi, le terre da cui oggi si fugge abbiano cambiato volto e non siano più paesi di emigrazione, ma d’immigrazione.
La geografia politica è mutata, non vi sono solo gli stati disegnati sugli atlanti, sulle carte geografiche, ma ne esistono altri che non sono tracciati , ma che sono talmente potenti da condizionare tutto e tutti ; sono le multinazionali, veri stati merceologici che tagliano alberi, scavano e perforano senza pagare il giusto prezzo e senza creare lavoro, decidono chi deve emigrare, dove andare e paradossalmente, innalzando le bandiere dei diritti umani e dell’accoglienza, rubano, uccidono e creano disordine per poi appellarsi alla comprensione umana , impropriamente usata come scudo.
E’ credibile che quelle persone che vediamo arrivare in condizioni pietose e miserevoli abbiano organizzato e pagato in proprio i viaggi della speranza, a volte di morte , ma sempre di sofferenza?
Chi paga per loro?

Fonte: Marcello Ricci

domenica 15 settembre 2013

AGGIORNAMENTO SULLA VICENDA MARO', di Stefano Tronconi


Tutti ormai sanno che io ritengo che l'unica vera e sostanziale ragione per cui le indagini che sta conducendo la NIA non sono ancora arrivate ad una conclusione dopo oltre 160 giorni dall'avvio (rispetto ai massimi 60 giorni di nuove indagini a cui l'India si era impegnata) sia che le autorità indiane non riescono a trovare una via d'uscita al pasticcio in cui si sono infilate da sole.
 A causa della ricostruzione degli eventi che dimostra la piena innocenza di Salvatore e Massimiliano è infatti venuta meno per loro, se non a rischio di perdita di immagine internazionale altissima, la possibilità di celebrare un processo farsa a carico di Salvatore e Massimiliano con lieve condanna da scontare in Italia, a cui l'inetto e debole governo italiano aveva già sostanzialmente (e vergognosamente) dato il proprio assenso.

Poichè però si è già permesso che una situazione di paralisi come quella che si è creata venga prolungata dalle autorità indiane ben oltre l'accettabile è quanto mai urgente che il governo italiano (e con lui la stampa, i politici di ogni schieramento e l'opinione pubblica) si svegli dal torpore cui ci ha abituato. Ormai siamo infatti a ridosso dell'avvio della 68° Assemblea delle Nazioni Unite che avevo suggerito come possibile termine ultimo passato il quale sarebbe stato opportuno denunciare formalmente in sede internazionale il continuato ignobile comportamento indiano ( http://veraitalia.blogspot.it/2013/08/un-appello-al-nostro-governo.html?spref=fb ).

E' importante, al fine di salvaguardare quella poca residua credibilità internazionale quale Stato sovrano che ancora mantiene, che l'Italia a questo punto, oltre ad ottenere l'immediato rientro in patria di Salvatore e Massimiliano completamente scagionati, pretenda anche dall'India che tutti i responsabili del presunto sequestro di persona e delle manipolazioni delle indagini vengano indagati e processati. Non penso infatti che l'Italia possa accettare eventuali altri compromessi (che potrebbero venire ventilati nei prossimi giorni con il prossimo ennesimo viaggio in India di De Mistura) tesi solo a salvare la faccia di un governo e di un sistema giudiziario indiani che riteniamo si siano resi responsabili di comportamenti arroganti e prepotenti verso l'Italia ben oltre l'immaginabile.
Il mio non è sentimento anti-indiano. Il perseguimento della giustizia è un dovere tanto verso i nostri due marò, che verso l'Italia intera, che verso il popolo indiano presumibilmente ingannato da un grup+
petto di politici corrotti che ha potuto contare su collusioni a vari livelli.
Ricordo infatti che quanto è successo non è stato a nostro avviso causato primariamente dal nazionalismo del principale partito d'opposizione indiano (che presumibilmente diventerà primo partito la prossima primavera) o dai sentimenti anti-italiani riflesso dell'opposizione a Sonia Gandhi, come purtroppo qui in Italia da parte di molti si continua a dire.
I partiti d'opposizione indiana sono stati presi in giro esattamente come l'Italia ed i due marò da un sistema di corruzione tutto interno al partito del Congresso capeggiato da Sonia Gandhi. Mi auguro quindi che il governo italiano non voglia fornire alcuna sponda a chi abbia commesso o spalleggiato il vergognoso crimine in primo luogo contro Salvatore e Massimiliano, ma, per l'appunto, non solo.

Voglio da ultimo inviare un saluto alle famiglie Girone e Latorre ringraziondole anche per il bellissimo comunicato emesso in risposta a quello dei famigliari della dottoressa Eleonora Cantamessa. Comunicato nel quale hanno, tra l'altro, affermato senza giri di parole diplomatiche la completa innocenza dei loro cari sequestrati in India da 19 mesi. Mentre a tutti noi rimane il compito di divulgare in Italia e nel mondo la verità su quanto accaduto, sono certo che le famiglie Latorre e Girone stiano facendo in modo che i 'distratti' avvocati italiani ed indiani che li hanno purtroppo male assistiti per mesi non si lascino ora più sfuggire nessuno dei numerosissimi elementi a prova dell'innocenza di Salvatore e Massimiliano.

Due linee d'azione dai gruppi Facebook pro-Maro'.

I gruppi Facebook nelle ultime settimane si sono concentrati su almeno due linee ben diverse tra loro ma entrambe favorevoli a tenere alta l'attenzione sulla vicenda dei Militari del San Marco illegalmente detenuti in India.

La prima linea, viene perseguita sin dall'inizio della vicenda, è quella della richiesta a gran voce da parte delle nostre autorità competenti, dell'Arbitrato Internazionale e il diritto di godere dell'Immunità Funzionale. La seconda cerca di far luce sui fatti di corruzione interna all'India che continuano a condizionare le evoluzioni del caso.

Si è scritto molto sulle interpretazioni indiane del Diritto Internazionale, della Convenzione di Montego Bay e delle garanzie che il Diritto pattizio assicura a chi opera  in ambienti internazionali  od in altri paesi perchè incaricato di garantire la sovranità e la sicurezza al proprio Paese.
Tutti hanno condiviso che Delhi nel caso della vicenda dei due Fucilieri della Marina Militare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha prevaricato anche le norme più elementari che regolano i rapporti fra Stati, rinnegando anche atti internazionali concordati sotto l’egida delle Nazioni Unite e sottoscritti dal Governo indiano.

Una verità ormai riconosciuta da tutti, ma forse ignorata unicamente da alcuni esponenti istituzionali italiani assoggettati all’arroganza indiana e che, per taluni aspetti, la condividono accettando che i nostri Marò siano sottoposti a processo penale in India nonostante che i fatti a loro addebitati sono avvenuti inequivocabilmente in acque internazionali, su territorio italiano e quindi assolutamente non di competenza indiana.
In questo contesto, chi dovrebbe invece puntare i piedi per garantire il rispetto della sovranità nazionale e del Diritto consolidato sul piano internazionale unica garanzia per la sicurezza globale,  accetta l’indecente approccio indiano, a partire dalla recente minaccia di ritorsioni nei confronti dell’Ambasciatore italiano. Un’azione  che potrebbe ripetersi come  modello ormai consolidato in considerazione che l’Italia, a suo tempo,  ha supinamente accettato l’iniziativa indiana.

L'India è arrivata a marzo a minacciare  di arrestare l'Ambasciatore italiano perché, come annunciato dal dott. De Mistura l’11 marzo 2013 i Ministri italiani coinvolti nella vicenda avevano  deciso, con la condivisione dell’allora Presidente del Consiglio, di non "riestradare"  i due Fucilieri di Marina in India dopo la scadenza del permesso di quattro settimane per partecipare alle elezioni politiche in Italia.

Un’azione arbitraria che potrebbe ripetersi solo se l’Italia tornasse a non condividere o semplicemente a contrastare il “modus operandi” di Delhi, attuando un ricatto infinito ed inaccettabile sul piano formale e sostanziale.

Qualsiasi Ambasciatore non può rappresentare in qualsiasi controversia internazionale  “merce di scambio”. Egli beneficia di determinati diritti e privilegi la maggior parte dei quali codificati nella Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961. L'articolo 29 della Convenzione recita, infatti : la persona del diplomatico è inviolabile. Egli non può  essere sottoposto ad alcuna forma di arresto o di detenzione. Lo Stato di residenza lo deve trattare con il dovuto rispetto e deve adottare tutte le misure necessarie per prevenire ogni attacco alla sua persona, alla sua libertà o alla sua dignità.

Addirittura all’articolo 39 della Convenzione si legge: …….l’immunità cessa quando il titolare della stessa termina le proprie funzioni e lascia il Paese dove è accreditato …… ma deve sussistere fino a questo momento, anche in caso di conflitto armato. Inoltre l’immunità continua a sussistere per tutti gli atti compiuti dal diplomatico nell’esercizio delle proprie funzioni….. .

Perfino in caso di guerra l’obbligo della garanzia dell’immunità diplomatica deve essere garantito dalla “Nazione Ospite”. L'articolo 44 della Convenzione, infatti, in caso di conflitti armati , prevede che lo Stato di residenza deve garantire strutture idonee per proteggere le incolumità delle persone che godono di privilegi e immunità e delle loro famiglie……., fornendogli ogni mezzo per consentire loro di lasciare il più presto possibile l’area di crisi …..

La norma sull'immunità diplomatica si applica a qualsiasi azione penale o civile, non è un privilegio alla persona ma una garanzia alle funzioni della carica che essa rappresenta, uno scudo importante  che deve essere gestito da un  sistema internazionale capace di creare e mantenere canali di comunicazione aperti, per evitare che  uno Stato, in un qualsiasi controversia, eserciti attraverso fantasiose accuse un ricatto politico nei confronti di un altro Paese.

L’India, di fatto, da più di sedici mesi sta esercitando questo ricatto e l’Italia dimostra giorno dopo giorno di non essere in grado di contrastarlo preferendo ancora una volta la strada del compromesso e dell’accondiscendenza. Un’Italia che a marzo ha consentito a Delhi di minacciare l’arresto del  nostro Ambasciatore pur non avendo  motivi legali per farlo e di impedirgli di fare ritorno nel proprio Paese forzandone ogni diritto.

L’Italia ha accettato tutto questo e sta continuando a subire una palese prevaricazione della propria sovranità. 

Il tutto mentre il dott. De Mistura, rappresentante del Governo delegato a gestire la vicenda, diventato un “pendolare con l’India” ,  non ritiene, come atto di rispetto nei confronti degli italiani,  di informare l’opinione pubblica sui risultati della “Sua intensa azione di negoziati” a favore di due cittadini italiani. (http://fernandotermentini.blogspot.it/2013/06/lindia-calpesta-i-diritti-internazionali.html).
  
 
Al fine di chiarire ulteriormente i contorni dell'intricata vicenda, si ritiene necessario focalizzare l'attenzione dugli attori individuali indiani che, in base alle nostre unformazioni, appaiono come i maggiori responsabili del sequestro di persona che ha coinbolto i nostri due Marò illegalmente detenuti in India da ormai 19 Mesi
 
A titolo puramente informativo si segnala che entrambi i politici fanno parte di un'antica comunità cristiana presente in Kerala fin dai primordi del cristianesimo, che si ritiene emigrata dalla Siria, e che oggi, benchè divisa in varie confessioni religiose, continua a costituire in Kerala un gruppo etnico ben definito e distinto.
19 Mesi.
 
Chandy ed Antony hanno costruito la rispettiva carriera politica fornendosi costante reciproco supporto fin dai tempi in cui rovesciarono con successo, prendendone il posto, la precedente leadership del Partito del Congresso in Kerala.

Ora, tornando alla vicenda che qui interessa, abbiamo già spiegato in diverse occasioni come l'idea del sequestro dei militari italiani sarebbe nata nella mente di Chandy il giorno successivo al presunto incidente in mare tra l'Enrica Lexie ed il St. Anthony. Il 16 Febbraio 2012 infatti il primo ministro del Kerala si ritrovò con una nave italiana ancorata in porto, un governo italiano fin dall'inizio in posizione servile ed incapace di elaborare una risposta adeguata a quanto stava avvenendo ed una nave greca (presunta responsabile dell'incidente che ha coinvolto il peschereccio indiano St. Anthony) ormai lontana ed in acque internazionali.
 
E' a quel punto che il primo ministro del Kerala si rende conto che gli 'italiani' potevano rappresentare la vera occasione d'oro da strumentalizzare al meglio per vincere le imminenti elezioni locali che altrimenti avrebbe rischiato di perdere. Questa è la ragione per cui, in altri articoli, abbiamo definito il sequestro di Girone e Latorre come un sequestro di persona in primo luogo 'politico'. L'aspetto 'estorsivo' del sequestro sarebbe stato dunque solo secondario, benchè molto utile nel 'convincere' i pescatori del St. Anthony, la cui complicità Chandy avrebbe in questo modo comprato non solo in grazia della sua autorità, ma offrendo loro anche sostanziose ragioni di 'opportunità' economica.

Poiché la polizia del Kerala che avrebbe dovuto svolgere le indagini risponde direttamente a Chandy, il primo ministro ritenne subito che non avrebbe avuto problemi a manipolare le indagini nella direzione desiderata. Perciò, per prima cosa, la scelta fu di serrare i ranghi con il capo della polizia dando disposizioni affinchè si rimediasse immediatamente ad alcuni 'errori' già commessi nella confusione della notte dell'incidente e che avrebbero potuto inficiare il progetto criminale.
 
Tra questi i due 'errori' principali, a cui si cerca subito di porre rimedio facendo sparire dalla circolazione la documentazione originale (sfortunatamente per Chandy ai tempi di internet niente sparisce davvero completamente e da pochi mesi tutto quanto si era provato a nascondere è finalmente stato riportato alla luce) sostituendola con prove artefatte, sono:
- il video con l'intervista rilasciata al momento dell'arrivo a terra dal proprietario del peschereccio St. Anthony, Freddy Bosco, in cui lo stesso dichiara, anche in presenza di un poliziotto, che l'incidente che vede coinvolto il peschereccio è avvenuto alle 21.30, riaffermando con decisione l'orario anche a seguito dell'osservazione di un cronista che gli chiedeva conferma se non fosse avvenuto piuttosto alle 5 del pomeriggio (orario dell'incontro con i pirati denunciato dalla Enrica Lexie – vedi la parte finale del video http://www.youtube.com/watch?v=Ya48kLyjyB4);
- l'autopsia condotta da un certo dott. Sasikala che aveva certificato che il proiettile che aveva ucciso uno dei pescatori aveva un calibro assolutamente incompatibile con le armi in dotazione ai soldati italiani. Il dott. Sasikala, immediatamente dopo aver reso noto i risultati di quell'autopsia, fu raggiunto da un'ingiunzione, da lui ovviamente rispettata, a non parlare più in alcun modo del caso.

L'intervento di Chandy e le azioni della polizia del Kerala tese a far apparire i due marò colpevoli non sarebbero però stati sufficienti a dirottare le indagini nella direzione voluta, senza la fondamentale complicità della Guardia Costiera Indiana.
 
La Guardia Costiera Indiana, sospettando l'esistenza di un possibile collegamento tra l'incidente riportato dall'Enrica Lexie e quello riportato molto più tardi dal St. Anthony, la sera del 15 Febbraio aveva infatti giocato d'astuzia richiamando nel porto di Kochi l'Enrica Lexie, che navigava in acque internazionali e nulla sapeva di quanto avvenuto ad un peschereccio indiano nelle vicinanze, con la scusa di fornire cooperazione nelle indagini anti-pirateria.
 
Chandy aveva bisogno che le relazioni della Guardia Costiera Indiana su quanto avvenuto fossero in linea con la narrazione artefatta della storia che la polizia del Kerala sotto la sua guida stava 'riscrivendo' ed aveva quindi necessità del pieno e complice sostegno da parte del livello politico più alto a cui fa capo la Guardia Costiera Indiana, cioè il ministro della Difesa.
 
Caso ha voluto che il ministro della Difesa in carica fosse in quel momento proprio l'amico, l'alleato, il mentore politico di lunga data di Chandy, A.K. Antony, che fin dal 16 Febbraio 2012 ed in più occasioni successivamente, e per tutta la durata del sequestro ancora in corso, avrebbe quindi giocato senza esitazioni da dietro le quinte il ruolo della 'longa manus' di Chandy a Delhi.

La falsa ricostruzione degli avvenimenti da parte della Guardia Costiera Indiana appare, se possibile, ancora più clamorosa delle false dichiarazioni rese in un secondo momento da Freddy Bosco e dai pescatori indiani e delle prove balistiche artefatte (ampiamente fatte filtrare attraverso la stampa, ma mai pubblicate ufficialmente) in quanto il falso proverrebbe direttamente da una istituzione come le Forze Armate Indiane (o almeno una sua branchia).
 
Ricordiamo di nuovo per inciso a chi ci legge che, poiché vi erano ben oltre 5 ore di differenza tra il tentativo di abbordaggio da parte di una barca pirata subito dall'Enrica Lexie e l'incidente che aveva coinvolto il peschereccio indiano, tanto la polizia del Kerala che la Guardia Costiera Indiana avevano a quel punto bisogno di: chiudere in un cassetto e tenere nascosto al pubblico (arrivando fino a negare che un tale incidente fosse mai avvenuto) il rapporto inviato dalla nave greca Olympic Flair all'Organizzazione Marittima Internazionale alle 22.20 della sera del 15 Febbraio 2012, e relativo all'incidente occorsole al largo delle coste del Kerala, che descrive un incidente assai più compatibile per orari e modalità con quello inizialmente denunciato dallo stesso Freddy Bosco ; 'anticipare' gli eventi della giornata che vedono coinvolta la Guardia Costiera Indiana.

Da un lato allora Freddie Bosco e gli altri pescatori non si fanno problemi (benchè ricchi risarcimenti provenienti dall'Italia tanto per le famiglie delle vittime del St. Anthony che per i pescatori fossero già in discussione sia per l'inveterata abitudine italiana a pagare riscatti in base a considerazione cosiddette umanitarie sia per l'assoluta inettitudine mostrata nel gestire il caso) a cambiare la loro versione originale dei fatti modificandola secondo le indicazioni della polizia del Kerala. 
Quindi: l'orario dell'incidente da intorno alle 21.30 viene ricollocato all'orario in cui l'Enrica Lexie aveva respinto l'attacco dei pirati; la località dove l'incidente sarebbe avvenuto da 'ben all'interno delle acque territoriali indiane', cioè meno di 12 miglia della costa, viene ricollocato nello stesso luogo in cui l'Enrica Lexie aveva registrato il suo incontro con i pirati, cioè oltre 20 miglia al largo; la dinamica dell' incidente stesso viene stravolta, poiché che tutti i pescatori dormissero come da prima versione era assai probabile con l'orario dell'incidente posto alle 21.30 quando al largo del Kerala era già notte fonda, ma assai meno probabile con l'orario dell'incidente posto alle 17.00.

D'altro lato, sotto quella che a questo punto riteniamo la guida di Antony, la Guardia Costiera Indiana si inventa invece di sana pianta una ricostruzione assolutamente fantasiosa delle azioni intraprese in quel fatidico 15 Febbraio 2012. In tale ricostruzione, pubblicata anche sul bollettino ufficiale della Guardia Costiera del Giugno 2012, con un linguaggio propagandistico degno più che di una democrazia di un regime militare assoluto e teso fino al limite del ridicolo a glorificare la forza e l'efficienza delle forze armate indiane, si dichiara che le navi militari indiane fossero già in azione alle 19.00 per intercettare l'Enrica Lexie. 
Peccato si sia ora scoperto, sulla base dei documenti a nostra disposizione, che il primo messaggio inviato dalla Guardia Costiera Indiana all'Enrica Lexie con la richiesta di rientrare a Kochi porti l'orario delle 21.36 (cioè un orario di pochi minuti successivi a quello in cui il St.Anthony aveva avvisato a terra via radiotelefono dell'incidente appena occorso) e quindi la ricostruzione fatta dalla Guardia Costiera Indiana risulti inventata di sana pianta per fini ora assai più chiari.

Ma la presunta azione di copertura operata da Anthony a favore di Chandy non si limita certo alla sola manipolazione delle prove.
Se infatti in Kerala, anche per la pressione esercitata dalle potenti organizzazioni dei pescatori, sono quasi inesistenti le voci che si levano a sollevare dubbi sull'operato di Chandy, che tra l'altro si muove senza scrupolo alcuno tanto quando si tratta di elargire ricompense a chi si fosse messo al suo servizio (per esempio, il capo della polizia che ha costruito il falso caso contro i marò viene immediatamente promosso a ben più importante incarico al termine delle indagine), che quando si tratta di lanciare una campagna mediatica senza precedenti contro 'i marò italiani assassini', pur in assenza di qualsiasi prova o processo, qualche ostacolo naturalmente sorge a New Delhi.
E qui il presunto ruolo giocato dietro le quinte da Antony per coprire le spalle all'amico Chandy diviene assolutamente fondamentale.
 
E' così dunque che l'avvocato dello Stato inizialmente incaricato a Delhi di seguire la vicenda, avvocato che davanti alla Corte Suprema indiana aveva affermato senza mezzi termini che quanto stava avvenendo in Kerala con il sequestro della nave e dei militari italiani fosse del tutto illegale, viene da un giorno con l'altro sostituito con un altro avvocato pronto docilmente a seguire le direttive politiche del clan del Kerala.

Per meglio comprendere l'importanza del ruolo di Antony va ricordato che egli non è solo il ministro della difesa nel presente governo di coalizione indiano, ma è a tutti gli effetti il numero due del governo in termini di autorità dopo il primo ministro Manmohan Singh. Il primo ministro Singh fin dall'inizio di questa legislatura è impegnato a tenere insieme un governo di coalizione che litiga su tutto, è invischiato in uno scandalo dopo l'altro, è disprezzato da gran parte dell'opinione pubblica ed è considerato debolissimo in politica estera. Insomma, una situazione in cui è assai facile per Antony dirottare la politica estera indiana per quello che ritiene un tornaconto personale e del proprio clan politico. L'abilità politica di Antony d'altra parte è ben conosciuta in India. 

Nel 2012 l'Indian Express l'ha collocato tra i 10 più potenti indiani dell'anno. Inoltre, come ha scritto un lettore del Times of India del Kerala che dichiara di averlo conosciuto bene fin dalla gioventù, Antony è 'ben felice dell'aurea di incorruttibilità che lo circonda, ma in realtà la cosa che lo rende veramente felice è l'essere circondato da una classe politica corrottissima ed inetta che riesce così a manovrare facilmente e permette a lui di brillare e muoversi da statista pur con ben pochi meriti reali'. Insomma, Antony è descritto come un esperto manipolatore politico.

A riprova di quanto appena detto, nella difficile partita politica e diplomatica che si svolge a Delhi fin dall'inizio sul caso dei marò, non è tanto Antony che si espone in prima persona a copertura degli atti criminosi di Chandy, ma è lui che si ritiene svolga il ruolo da regista utilizzando di volta in volta assai meno brillanti e più controversi colleghi.
 
Dall'inizio della vicenda, e per i primi mesi seguenti, Antony 'invia in prima linea' a protezione dell'operato di Chandy il poco brillante ottuagenario ministro degli Esteri S.M. Krishna, lo stesso ministro che ha fatto ridere il mondo intero quando davanti all'assemblea dell'ONU si è messo a leggere il discorso del ministro portoghese anziché il proprio, continuando a lungo a leggere senza accorgersi del clamoroso errore che stava commettendo.
 
Una volta sostituito nel governo indiano l'inadeguato ministro Krishna con il più accorto e capace ministro degli Esteri Salman Kurshid (che in un paese come l'India soffre comunque di una sua personale 'debolezza' politica intrinseca derivante dall'appartenere alla minoranza musulmana), è presumibilmente sempre Antony che, al fine di mettere i bastoni tra le ruote all'azione diplomatica di Kurshid tesa a trovare una soluzione ad un caso che danneggia la reputazione dell'India non solo nei confronti dell'Italia, ma anche dell'Europa e di altri paesi alleati, non esita ad utilizzare: una prima volta l'ex ministro della giustizia Ashwani Kumar che solleva un incredibile polverone su una questione in gran parte teorica con la critica al ministro Kurshid per la sua 'garanzia' offerta all'Italia, con richiamo a pareri legali e ad una giurisprudenza consolidata, sul fatto che i marò italiani in India non avrebbero rischiato la pena di morte in caso di condanna (Kumar è stato da qualche mese rimosso da ministro della Giustizia a causa di uno dei tanti scandali che hanno colpito il governo); una seconda volta il criticatissimo ministro degli interni Sushilkumar Shinde (anche lui ministro assai controverso per varie gaffe, affermazioni imbarazzanti e coinvolgimento in scandali) che è riuscito a provocare e ridicolizzare una volta di più la controparte italiana. 

L'Italia aveva infatti (vergognosamente, per le modalità in cui la cosa è avvenuta, ma poiché gli 'attori' italiani non sono il focus del presente articolo, non approfondiremo, ma ci limiteremo solo ad un breve accenno a loro nel prossimo paragrafo) deciso di far rientrare i marò in India anche dietro promessa da parte di Kurshid di una 'rapida ed equa' conclusione positiva di tutta la vicenda. Invece con la decisione, presa in contrasto con il ministro degli Esteri, di coinvolgere l'agenzia anti-terrorismo - la NIA - nelle indagini, anziché la polizia ordinaria – CBI -, Shinde ha in un colpo solo di fatto ottenuto di allungare nuovamente i tempi della vicenda, ha messo in imbarazzo il collega Kurshid ed ha perpetrato l'ennesimo sgarbo all'Italia, perchè chiunque capisce che la polizia anti-terrorismo nulla ed in nessun caso avrebbe dovuto avere logicamente a che fare con la vicenda dei marò.

Terminata questa carrellata che ha provate a mettere a fuoco alcune importanti dinamiche di politica interna indiana, per inciso, ci preme osservare che davvero non ci si capacita di come un immenso esercito di persone che in Italia hanno seguito la vicenda, esercito formato da innumerevoli politici italiani, inviati più o meno speciali, diplomatici esperti e meno, gerarchie militari, burocrati dei ministeri di esteri e difesa, giornalisti, stuoli di avvocati (italiani ed indiani), tutti tanto profumatamente quanto eccessivamente pagati, siano riusciti a non capire nulla delle dinamiche qui descitte che appaiono aver condizionato e continuano a condizionare il caso farsesco e tragico dei due marò. Su di loro e sui loro vergognosi errori e fallimenti che proseguono da oltre 18 mesi potremmo scrivere un nuovo trattato sul significato e le conseguenze dell'incompetenza in politica e nelle pubbliche istituzioni. 
Poiché ciò va però oltre gli obiettivi di questo articolo, vorremmo qui solo esprimere il desiderio che, una volta rientrati in Italia i due marò, la magistratura italiana seriamente si occupasse del caso e prendesse in seria considerazione le varie denunce che ci risultano già presentate da parte di alcuni cittadini, tra l'altro anche per gravissime violazione dei diritti costituzionali di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, nei confronti di politici quali Giorgio Napolitano, Mario Monti e altri.
 
Naturalmente ci piacerebbe anche che siano una buona volta i cittadini elettori italiani a pretendere che tutti coloro che hanno contribuito a questa figuraccia internazionale, qualora colpevoli non tanto di crimini, ma solo di assoluta incompetenza, lascino i rispettivi incarichi pubblici per cui non sono evidentemente qualificati e si dedichino ad altro mestiere così da poter finalmente offrire un qualche contributo positivo alla società italiana.
 
Perchè se per il popolo indiano non dovrebbe essere accettabile che un clan politico con alla testa due soli uomini, per quanto potenti, possa riuscire a manipolare con successo l'esito di una tornata elettorale e di conseguenza l'intero processo democratico di uno Stato importante quale il Kerala e possa impadronirsi e gestire come cosa privata una vicenda di politica estera che avrà durature e negative conseguenze sull'immagine dell'India nel mondo, così per il popolo italiano non dovrebbe certamente essere ammissibile che una intera classe politica, una classe militare e le istituzioni tutte si dimostrino così inadeguate ed incapaci da non riuscire neppure a comprendere quanto succede loro intorno e si facciano umiliare in questo modo dall'azione criminale del medesimo clan politico.

In conclusione, ora che speriamo di avere una volta di più messo a fuoco il ruolo che ha presumibilmente giocato un gruppo ristretto di politici indiani senza scrupoli, disonesti e manipolatori nell'odissea di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, riteniamo che, dopo mesi di inspiegabile letargo, una urgente ripresa di iniziativa politica da parte italiana già nei prossimi giorni sia assolutamente necessaria.
 
Anche perchè lo stesso sistema giudiziario indiano sul caso di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre ha già bruciato buona parte della sua reputazione (magari un giorno pubblicheremo una più approfondita analisi sull'inconcludente e 'non equo' procedimento giudiziario che ha accompagnato in India in parallelo il dipanarsi del caso tutto politico dei due marò) e non è quindi certamente più nella condizione di garantire oggi quella 'equità' spesso a vanvera sbandierata da politici di entrambi i paesi e risultata assente per oltre 18 mesi.
 
Questa urgente ripresa di iniziativa politica dovrà finalmente contemplare, in assenza di un veloce rientro dei due marò in Italia, anche la possibilità di intraprendere un'azione di forte denuncia e condanna in sede internazionale delle numerose azioni illegali e degli abusi commessi dall'India in tutta questa vicenda (https://www.facebook.com/stefano.tronconi.79?hc_location=timeline).