giovedì 17 ottobre 2013

I migranti... guerra senza limiti., di Roberto Stocchetti


Foto: TITOLO: Guerra senza limiti l’arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione 
AUTORE: Quiao Liang, Wang Xiangsui
CASA EDITRICE: Libreria Editrice Goriziana
ANNO DI EDIZIONE: 2001 (II 2007)
PAGINE: 198
DIMENSIONI:  14 X 21
PREZZO: EURO 33,00
REPERIBILITÀ: comune

Il pensiero militare del Clausewitz ha dominato oltre un secolo di storia. Si può dire che non vi sia pensatore occidentale, purchessia orientato, che non gli abbia reso omaggio. Stalingrado, El Alamein, Normandia sono l’applicazione della teoria della “battaglia decisiva”. 
Questa saturazione che ha fatto dimenticare dell’esistenza di altre teorie militari: eppure il campanello d’allarme avrebbe dovuto suonare con Dien Bien Phu e prima ancora con la guerra civile cinese (ma per evidenza tutti credevano troppo nel comunismo).
Perciò quando, all’indomani dell’11 settembre, “Guerra senza limiti” vide la pubblicazione sembrò di trovarsi davanti a un animale strano, ma le cose non stavano proprio così. I due autori infatti, in cifre chiarissime attualizzavano un pensiero millenario che incontrava le tecnologie digitali e la finanza globalizzata. La somma algebrica di questi tre fattori dava il contenuto di “Guerra senza limiti”.
I due autori ricorrono a definizioni addirittura icastiche che costellano il libro, di cui basti una fra tutte: “E’ tuttavia difficile sentire il polso del dio della guerra. Dov’è il campo di battaglia?... Ovunque”.
Un libro che non invecchia, tutt’altro che riaprendo troviamo ricco di concetti che si sono attualizzati in questi dieci e passa anni dalla pubblicazione.
Approfondiamo il concetto di guerra, secondo i due autori esistono i seguenti tipi:
• commerciale
• finanziaria
• terroristica non tradizionale
• ecologica
• psicologica (divulgare notizie per intimidire il nemico e neutralizzarne la volontà)
• del contrabbando (gettare i mercati nel caos e attaccare l'assetto economico)
• dei mezzi di comunicazione (manipolare ciò che la gente vede e sente per orientare l'opinione pubblica)
• degli stupefacenti (ottenere rapidamente ingenti profitti illeciti disseminando il disastro in altri paesi)
• in rete (intrufolarsi in segreto e dissimulare la propria identità in un tipo di guerra dalla quale è pressoché impossibile proteggersi)
• degli standard tecnologici (creare monopoli fissando standard indipendenti)
• della menzogna (presentare un falso aspetto avente una forza reale agli occhi del nemico)
• delle risorse (depredare patrimoni saccheggiando scorte di risorse)
• degli aiuti economici (concedere apertamente favori cercando di controllare le cose in segreto)
• culturale (orientare tendenze culturali per assorbire quanti hanno punti di vista diversi)
• del diritto internazionale (cogliere la prima opportunità per introdurre regolamenti), eccetera.

Ed al termine dell’enumerazione aggiungono:

“Ve ne sono infatti tanti altri, troppo numerosi da citare. […]
Di fronte ad una gamma pressoché infinita di alternative tra cui scegliere, perché vogliamo invischiarci in una rete che noi stessi abbiamo creato scegliendo e utilizzando mezzi di guerra limitati all'ambito della forza degli armamenti e della potenza militare? È probabile che i metodi che non si caratterizzano per l'uso della forza degli armamenti né per l'uso della potenza militare e neanche per la presenza di vittime e spargimenti di sangue siano altrettanto efficaci se non addirittura di più, per raggiungere gli obiettivi della guerra.”

Credo che prendendo questa chiave d’analisi si possa spiegare un evento come quello della recente strage di migranti poco a largo di Lampedusa.
Alcuni anni venne calcolato che il numero dei migranti si aggirava sul 4% del totale dell’umanità. Certamente la prolungata crisi finanziaria ha ridotto i flussi migratori, pur senza interromperli. Certamente il governo di questi flussi è diretto da organizzazioni criminali ma anche gruppi terroristici possono utilizzarli per fini di destabilizzazione degli stati che li ricevono. Non si tratta, sia ben inteso, di parlare d’”invasioni” o di “islamizzazione” ma più propriamente e concretamente nel mettere in atto un progetto di lunga durata che, utilizzando degli agenti inconsapevoli, crei uno stato di tensione latente, impegnando una quantità di mezzi tecnici e umani.
Nel concreto, e almeno per la seconda volta dopo gli attentati di Madrid, Al Queda riesce a condizionare la politica di una nazione occidentale, non è impossibile che la carneficina sia stata voluta. I risultati sono stati pressoché immediati: la soppressione del reato di clandestinità (peraltro assai relativo e più simbolico che reale) e l’avvio di un’azione di vigilanza nel canale di Sicilia, con l’impegno di forze aeree e navali non marginale.
E’ davvero una “guerra senza limiti” e le risposte muscolari rappresentano altrettanti boomerang.
Il pensiero militare del Clausewitz ha dominato oltre un secolo di storia. Si può dire che non vi sia pensatore occidentale, purchessia orientato, che non gli abbia reso omaggio. Stalingrado, El Alamein, Normandia sono l’applicazione della teoria della “battaglia decisiva”.
Questa saturazione che ha fatto dimenticare dell’esistenza di altre teorie militari: eppure il campanello d’allarme avrebbe dovuto suonare con Dien Bien Phu e prima ancora con la guerra civile cinese (ma per evidenza tutti credevano troppo nel comunismo).
Perciò quando, all’indomani dell’11 settembre, “Guerra senza limiti” vide la pubblicazione sembrò di trovarsi davanti a un animale strano, ma le cose non stavano proprio così. I due autori infatti, in cifre chiarissime attualizzavano un pensiero millenario che incontrava le tecnologie digitali e la finanza globalizzata. La somma algebrica di questi tre fattori dava il contenuto di “Guerra senza limiti”.
I due autori ricorrono a definizioni addirittura icastiche che costellano il libro, di cui basti una fra tutte: “E’ tuttavia difficile sentire il polso del dio della guerra. Dov’è il campo di battaglia?... Ovunque”.
Un libro che non invecchia, tutt’altro che riaprendo troviamo ricco di concetti che si sono attualizzati in questi dieci e passa anni dalla pubblicazione.
Approfondiamo il concetto di guerra, secondo i due autori esistono i seguenti tipi:
• commerciale
• finanziaria
• terroristica non tradizionale
• ecologica
• psicologica (divulgare notizie per intimidire il nemico e neutralizzarne la volontà)
• del contrabbando (gettare i mercati nel caos e attaccare l'assetto economico)
• dei mezzi di comunicazione (manipolare ciò che la gente vede e sente per orientare l'opinione pubblica)
• degli stupefacenti (ottenere rapidamente ingenti profitti illeciti disseminando il disastro in altri paesi)
• in rete (intrufolarsi in segreto e dissimulare la propria identità in un tipo di guerra dalla quale è pressoché impossibile proteggersi)
• degli standard tecnologici (creare monopoli fissando standard indipendenti)
• della menzogna (presentare un falso aspetto avente una forza reale agli occhi del nemico)
• delle risorse (depredare patrimoni saccheggiando scorte di risorse)
• degli aiuti economici (concedere apertamente favori cercando di controllare le cose in segreto)
• culturale (orientare tendenze culturali per assorbire quanti hanno punti di vista diversi)
• del diritto internazionale (cogliere la prima opportunità per introdurre regolamenti), eccetera.

Ed al termine dell’enumerazione aggiungono:

“Ve ne sono infatti tanti altri, troppo numerosi da citare. […]
Di fronte ad una gamma pressoché infinita di alternative tra cui scegliere, perché vogliamo invischiarci in una rete che noi stessi abbiamo creato scegliendo e utilizzando mezzi di guerra limitati all'ambito della forza degli armamenti e della potenza militare? È probabile che i metodi che non si caratterizzano per l'uso della forza degli armamenti né per l'uso della potenza militare e neanche per la presenza di vittime e spargimenti di sangue siano altrettanto efficaci se non addirittura di più, per raggiungere gli obiettivi della guerra.”

Credo che prendendo questa chiave d’analisi si possa spiegare un evento come quello della recente strage di migranti poco a largo di Lampedusa.
Alcuni anni venne calcolato che il numero dei migranti si aggirava sul 4% del totale dell’umanità. Certamente la prolungata crisi finanziaria ha ridotto i flussi migratori, pur senza interromperli. Certamente il governo di questi flussi è diretto da organizzazioni criminali ma anche gruppi terroristici possono utilizzarli per fini di destabilizzazione degli stati che li ricevono. Non si tratta, sia ben inteso, di parlare d’”invasioni” o di “islamizzazione” ma più propriamente e concretamente nel mettere in atto un progetto di lunga durata che, utilizzando degli agenti inconsapevoli, crei uno stato di tensione latente, impegnando una quantità di mezzi tecnici e umani.
Nel concreto, e almeno per la seconda volta dopo gli attentati di Madrid, Al Queda riesce a condizionare la politica di una nazione occidentale, non è impossibile che la carneficina sia stata voluta. I risultati sono stati pressoché immediati: la soppressione del reato di clandestinità (peraltro assai relativo e più simbolico che reale) e l’avvio di un’azione di vigilanza nel canale di Sicilia, con l’impegno di forze aeree e navali non marginale.
E’ davvero una “guerra senza limiti” e le risposte muscolari rappresentano altrettanti boomerang.

Fonte: Guerra senza limiti l’arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione
           AUTORE: Quiao Liang, Wang Xiangsui
Conclusioni: Roberto Stocchetti
 

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