mercoledì 9 ottobre 2013

Inversione di tendenza della stampa indiana, ma quella italiana continua a tacere. Il ministro degli Affari Esteri indiano Salman Khurshid smussa il muro di cemento imposto dalla Nia.


Salman Khurshid

Un segnale del cambiamento di clima attorno ai Marò, timido ma avvertibile, è che la stampa indiana ha smesso di definire i nostri due fucilieri del San Marco come “i marines italiani che hanno ucciso due pescatori indiani”, ripiegando su un più garantista “i marines italiani accusati di aver ucciso per errore due pescatori indiani”. 

Un piccolo, ma doveroso passo per la stampa e l’opinione pubblica dell’India, una grande conquista per i nostri Marò, da 19 mesi segregati e vilipesi senza una sola ragione perchè ciò avvenisse. 

Per dieci lunghissimi giorni in India era calato il più assoluto e preoccupante silenzio dei media sulla vicenda di Max Latorre e Salvo Girone. Bocche cucite delle usuali fonti informative e nessuna indiscrezione che trapelava su quello che stava succedendo, ammesso che qualcosa stesse succedendo. Le gole profonde annidate nei punti d’incrocio più sensibili per questo dramma dei nostri Marò, inesorabilmente chiuse dietro una impenetrabile cortina di silenzio. Persino i rudi e seriosi funzionari, per lo più inquirenti e magistrati, della NIA, l’agenzia antiterrorismo dell’Unione Indiana, sembrava avessero rinunciato alla loro tradizionale e terrorizzante loquacità con la quale da mesi cercano di mettersi in mostra agli occhi dei politici e dell’opinione pubblica indiana cercando di fare i primi della classe.

Eravamo rimasti che dieci giorni fa la NIA, dopo aver dichiarato di potere e volere chiudere l’istruttoria anche senza le deposizioni degli altri quattro Marò presenti a bordo della Enrica Lexie al momento dell’incidente, s’era rimangiata tutto ed era ritornata sulle proprie decisioni, affermando categoricamente che senza le testimonianze dei colleghi di Latorre e Girone il loro processo non si sarebbe potuto neanche avviare. Anzi, i responsabili dell’antiterrorismo indiano avevano addirittura alzato il tiro pretendendo non solo che i quattro testi si rechino in India a testimoniare, ma addirittura che essi poi si trattengano laggiù per tutta la durata del processo. 

Questo atteggiamento assurdo ed irragionevole della NIA ha spiazzato il governo indiano al punto da costringerlo a prendere in considerazione la possibilità di presentare una denuncia nei confronti dei quattro Marò restii ad andare a testimoniare in India, per costringere la Corte Suprema a prendere una decisione sul come procedere per risolvere un caso spinoso, che adesso sta creando sconcerto ed enorme imbarazzo anche all’intero governo dell’Unione Indiana, come l’India vuole che la si chiami negli atti ufficiali.

In effetti, avevamo saputo per vie molto traverse che c’era una persona molto rispettata ed influente in India che s’era presa a cuore una vicenda in cui tutto sembra dimostrare che i nostri Marò siano finiti per caso e senza colpe specifiche, se non quelle di essere stati collaborativi con le autorità indiane e di avere svolto diligentemente e con grande professionalità l’azione di contrasto alla pirateria, un compito loro affidato nell’ambito di una iniziativa a livello planetario che scaturisce da due Risoluzioni approvate all’unanimità dalle Nazioni Unite nel 2011. 

Quella persona è il ministro degli Affari Esteri indiano Salman Khurshid, il quale già lo scorso aprile aveva parlato lungamente dei Marò durante una sua visita ufficiale in Russia che ovviamante nulla aveva a che vedere con i nostri fucilieri. Eppure, in quella occasione Khurshid cercò e trovò il modo di esternare importanti concetti sul tema Marò alla stampa indiana al seguito, per sottolineare comunque la loro buona fede, per cui la rilevanza penale del reato (quella civile è già stata risolta con un indennizzo extragiudiziale di 150mila a ciascuna delle famiglie delle vittime) eventualmente da loro commesso, qualora fosse accertata, sarebbe minima, e che per i due fucilieri si dovrebbe comunque prevedere l’applicazione di tutte le attenuanti del caso. Disse anche che il contenzioso a questo punto non può che essere risolto per via giudiziaria e che, secondo sue valutazioni, il relativo processo dovrebbe durare all’incirca tre mesi.

A New Delhi, Khurdish è tornato a seguire personalmente la situazione di recente, quando s’è trovato di fronte al muro di cemento opposto dalla NIA, un ostacolo che lui ha cercato di smussare, prima di aprire in esso profonde crepe. La sua azione di mediazione, della quale nulla si era saputo nei giorni scorsi, deve avere sortito un qualche effetto positivo, visto che l’azione di denuncia dei quattro Marò alla Corte Suprema, per quanto ne sappiamo, non ha avuto seguito, per cui pare scongiurato il pericolo di tornare alla situazione di dieci mesi fa quando era la massima assise indiana a dovere decidere in merito e fornire chiare indicazioni su come trattare la vicenda dei Marò al governo, ai magistrati ed agli inquirenti.

Ma c’è di più, perchè Khurshid sembra avere fatto proseliti. E’ di ieri la notizia che il ministro della Giustizia indiano Kapil Sibal, la cui opinione in merito alle vicende giudiziarie che riguardano l’India non può certo essere ignorata, ha rivolto alla NIA un invito, talmente pressante da sembrare un ordine, perchè l’Agenzia prenda carta e penna ed invii una LR (Letter Rogatory) per chiedere una rogatoria internazionale all’Italia con la quale ottenere le “necessarie” deposizioni dei Marò per iscritto. Questa iniziativa di Sibal accoglie una delle alternative proposte dall’Italia, le altre due erano la teleconferenza od il viaggio in Italia degli inquirenti indiani, per concedere alla NIA di raccogliere le deposizioni degli altri quattro Marò senza che questi siano costretti a recarsi in India, dove Dio solo sa cosa potrebbe accadere loro una volta in mano ai locali inquirenti. 

Una iniziativa importante quella di Sibal, succeduto a quell’Ashwani Kumar che a suo tempo aveva assunto la posizione più dura ed intransigente all’interno del governo indiano quando sembrava che i Marò dovessero rimanere in Italia dopo la licenza elettorale, perchè mette con le spalle al muro la NIA, sgombra il campo dall’equivoco che sia l’Italia a rallentare l’iter della giustizia, ma soprattutto perchè è in netto contrasto con la posizione sinora prevalente del ministro degli Affari Interni Sushilkulmar Shinde che, in perfetto allineamento con la NIA, escludeva qualsiasi alternativa per l’avvio del processo che non fosse quella di una sorta di “estradizione” dei quattro fucilieri dall’Italia verso l’India.

Con questi ultimi sviluppi delle utime ore, si viene a creare un asse di ferro tra i personaggi più importanti e che hanno maggior voce in capitolo lato India per accelerare l’iter processuale, cioè il ministro degli Esteri e quello della Giustizia, relegando in secondo piano il punto di vista del ministro degli Interni che a tratti ha assunto atteggiamenti feroci e persecutori contro i Marò. Una svolta “legalista” favorevole ai nostri Marò che ha avuto una improvvisa accelerazione dopo che il Direttore Generale della NIA Sharad Kumar s’era incontrato faccia a faccia col ministro degli Interni Sushilkulmar Shinde con il quale si è lamentato, come sottolineato dalla stampa indiana, che all’interno del governo non esista una posizione coesa e condivisa sul caso dei Marò. Tra le righe si può leggere la delusione del capo della NIA che si sente tradito da una decisione del governo che di fatto sconfessa il suo atteggiamento di intransigenza. Questa, a nostro avviso, è anche una conferma indiretta del pesante intervento di Sibal, probabilmente sollecitatato da Khurdish, sulla NIA perchè la smetta di ostacolare la conclusione dell’istruttoria, malgrado sia in possesso di tutte le deposizioni di tutti i Marò, che certamente a 19 mesi dal fatto non potranno ricordare qualcosa di più di quanto riferito a caldo nell’immediatezza del fatto, senza dire dell’ampia disponibilità dell’Italia a risolvere quello che più che un problema è sembrato un pretesto per prendere tempo in attesa di eventi.

Questo nostro convincimento è ulteriormente rafforzato dalle indiscrezioni fatte filtrare da una fonte governativa, che forse non è un caso sia tornata far sentire la propria voce, secondo le quali il Ministro degli affari Esterni si è dichiarato totalmente contrario a tirare per i capelli il governo italiano in una accanita disputa legale-diplomatica, alla luce degli accertati buoni rapporti commerciali e diplomatici esistenti tra i due Paesi e preso atto del parere del Ministro della Giustizia che per avere le deposizioni richieste basta ed avanza una normale, rapida e routinaria rogatoria internazionale. Un atteggiamento quello di Khurdish in linea con quello espresso dalla Corte Suprema che lo scorso marzo sollecitò il rapido avvio del processo addirittura disponendo che lo stesso si svolgesse per tutta la sua durata con udienze giornaliere. Una richiesta, quella della Corte Suprema, rimasta inevasa dalla NIA con la scusa della traduzione in hindi ed inglese di tutte le carte processuali che includevano atti, documenti e relazioni in cinque lingue diverse, ma che poi furono tradotti in meno di trenta giorni da una apposita task force. 

Fonte: http://www.qelsi.it/

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