venerdì 20 dicembre 2013

Marò in India, tutta un'altra storia

Toni Capuozzo: «Latorre e Girone innocenti: i pescatori rimasero uccisi sotto il fuoco incrociato di pirati e di una nave greca» 


«Massimiliano Latorre era il mio capo scorta a Kabul, e francamente ho sempre faticato a ritenerlo uno sparatore folle. Nessun militare italiano lo è. Sapete quanti civili abbiamo ucciso in oltre dieci anni di Afghanistan? Uno, a Herat. Chiedetevi quanti ne sono stati uccisi dai droni Usa», ha esordito così il giornalista Toni Capuozzo, ieri sera in sala Lucchi, a Verona, per discutere del caso dei due marò ancora detenuti in India perché accusati di aver ucciso a colpi di fucile due pescatori del Kerala nel febbario 2012. Una serata intitolata: marò, quello che nessuno dice.
 
Latorre e Salvatore Girone sono i due fucilieri che ancora non sanno quale sarà il loro futuro quando verrà pronunciata la sentenza. Mesi difficili ancora davanti per i due marò, visto che un paio di mesi fa si era fatto largo lo spettro della pena di morte.
 
PENA DI MORTE. «Non credo che si debba temere la pena di morte», ha detto Capuozzo, «quello è uno spauracchio che ci hanno fatto vedere i politici indiani e italiani. Così se poi condannano ad altra pena i nostri marò, l'India fa la figura di un Paese magnanimo e i nostri politici diranno che li hanno riportati a casa. Sì, con una condanna. Ingiusta, perché sono innocenti e ci sono le prove che lo dimostrano e male aveva fatto il sottosegretario Staffan De Mistura a dire che i marò si erano sbagliati, ritenendoli così di fatto colpevoli. Colpevoli non lo sono.», ha detto Capuozzo che ha anche detto di aver incontrato Latorre a Milano, durante un permesso per una visita medica.
«Gli avevo chiesto perché non alzasse la voce, perché non si facesse sentire e lui mi ha detto che aveva fatto un giuramento, che lui era un militare. Non altrettanta coerenza da parte dell'ex ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, che qualche problema di coscienza per aver lasciato là i suoi uomini, deve avercelo», ha detto Capuozzo.
 
L'INCHIESTA. Il giornalista della grandi inchieste, conduttore e ideatore del programma di Canale 5 «Terra!» ospite del consigliere della Lista Tosi, Vittorio Di Dio, e della Terza circoscrizione, ieri sera ha spiegato perché le sue indagini incrociate, assieme a Stefano Tronconi e all'ingegner Luigi Di Stefano, che fu perito di parte civile per l'Italia nella vicenda della strage di Ustica, lo portano a una ricostruzione diversa da altri colleghi e dal tribunale indiano.
 
«La mia ricostruzione è nata dopo ricevuto una minaccia di querela dallo studio legale dell'armatore della Enrica Lexie la nave su cui erano imbarcati i marò e che, dopo lo scontro a fuoco che coinvolse un peschereccio, attraccò nel porto indiano di Kochi, permettendo così l'arresto dei militari. In un mio servizio, avevo definito il comandante Umberto Vitelli “lo Schettino di turno”. L'armatore a quel punto mi inviò copia del messaggio che Vitelli gli mandò subito dopo i fatti, e anche quello arrivato alla guardia costiera a Mumbai. Tronconi, nel frattempo, aveva ricevuto da un cittadino indiano la copia del messaggio con cui una nave greca, la Olympic Flair, denunciava l'attacco da parte di due barchini di pirati. Erano le 22.20 e la comunicazione fu ricevuta dall'Organizzazione marittima internazionale».
La ricostruzione che fa Capuozzo attraverso Di Stefano è dettagliata.
 
ORARI DIVERSI. Freddy Bosco, armatore e comandante del peschereccio su cui viaggiavano i due pescatori uccisi diceva che alle 21.30 aveva sentito un rumore molto forte, e che subito dopo aveva notato un membro del suo equipaggio con sangue che usciva da naso e orecchie. Ma i conti non tornano, perché secondo le ricostruzioni della guardia costiera indiana l'incidente con la Lexie sarebbe avvenuto alle 16. E poi fu alle 20.36 che il centro di controllo indiano chiese alla nave italiana di tornare indietro, e 11 minuti dopo fu Vitelli ad annunciare l'imminente rientro in porto a Kochi. Poco prima, via satellitare, aveva avvertito gli indiani di un possibile attacco di pirateria. La Lexie, a quel punto, tornò in porto e l'India ebbe i suoi colpevoli.
 
FUOCO INCROCIATO. Capuozzo sostiene che l'imbarcazione dei pescatori indiani si sia trovata in mezzo al fuoco incrociato tra la nave greca e i pirati che la stavano attaccando. Lo dimostrerebbe il fatto che il peschereccio non ha fori da una sola parte. Poi però i greci sono andati via subito.
«Un anno fa feci una trasmissione dal titolo Natale in India? mutuando il titolo dei cinepanettoni», ha concluso Capuozzo, «non c'è nessuno da andare a prendere in India, siamo un Paese piccolo e povero, con le pezze al culo e l'India lo sa. E stiamo a mendicare in un Paese che ha la strafottenza e la maleducazione dei nuovi ricchi».

Fonte: Alessandra Vaccari
           http://www.larena.it/

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