sabato 12 aprile 2014

MARO': TERZO ANNO, TRADITI TRE VOLTE.


 

Questo il mio discorso alla Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati

"Siamo entrati nel terzo anno della questione Marò. Una vicenda vergognosa e incredibile; un'ombra nera sulla politica estera del nostro Paese; un vulnus alla capacità dell'Italia di affermare la propria Sovranità nazionale e di rispettare e tutelare le proprie Forze Armate tenendo sempre alto - bene al di sopra di interessi e profitti commerciali - il valore della sicurezza e della vita dei nostri concittadini. I più elementari principi di dignità nazionale sono stati sfregiati dall'incapacità manifesta, o meglio dalla volontà, di non voler gestire e risolvere una crisi che si è prodotta essenzialmente perché alcuni poteri forti dell'economia e dell'informazione del nostro Paese hanno stabilito che la libertà di due uomini con le stellette non valesse alcun rischio - neppure il più piccolo - di tensione con un Paese come l'India dove si possono fare "ottimi affari", e dove certi interessi si dovrebbero coltivare meglio se ci mostriamo remissivi e accondiscendenti. 

Una falsa chimera che ha incantato orecchie interessate o ingenue da ben prima che si aprisse la questione Maro'. Sin dal 2006 c'è stato chi ha sostenuto - persino alla Farnesina - che le opportunità di fare business con l'India si sarebbero accresciute se l'Italia avesse abbandonato due fondamentali impostazioni della nostra politica estera multilaterale: la prima, quella di una riforma del Consiglio di Sicurezza dell'ONU veramente democratica, dove ulteriori seggi permanenti - che invece l'India pretende - sarebbero "dalla parte sbagliata della storia" e danneggerebbero ancor più le prospettive di una presenza europea in Consiglio di Sicurezza. 

La seconda avrebbe dovuto essere il nostro riconoscimento incondizionato che l'India ha tutte le carte in regola per entrare nel club ristretto delle potenze nucleari anche incrementando ulteriormente il proprio arsenale, passo che solleva molte riserve tra paesi come il nostro che hanno sottoscritto il Trattato di non proliferazione delle Armi Nucleari. 

Sul "tavolo degli affari" vi era quindi - ben sei anni prima che Latorre e Girone venissero rimandati in India per considerazioni sostanzialmente analoghe - "voci interessate" che avrebbero voluto imprimere una rotazione di 180 gradi ad assi portanti della politica estera italiana in tema di sicurezza internazionale e perfino di non proliferazione nucleare. 

Ciò detto, Latorre e Girone, e con loro tutte le nostre Forze Armate, sono stati traditi tre volte, e sappiamo tutti perfettamente da chi, permettendo alle autorità indiane di agire incontrastate con la loro assurda pretesa di esercitare sul caso una giurisdizione esclusiva incompatibile con l'UNCLOS e con le più elementari regole del Diritto Internazionale. 

Traditi una prima volta dalla decisione di far entrare la Lexie a Kochi, di far prima interrogare a bordo i Marò dagli indiani e poi di farli sbarcare e consegnare, in condizioni di alto pericolo personale, alla polizia indiana. 

Traditi una seconda volta quando, nonostante le mie richieste scritte, l'allora Presidente del Consiglio Monti nulla fece per sensibilizzare la Procura di Roma nell'attivare misure cautelative che impedissero loro - comunque indagati per un presunto omicidio colposo - il ritorno in India dopo Natale. 

Traditi clamorosamente la terza volta, rovesciando ancora una volta tutti gli argomenti politici e giuridici sulla base dei quali il Governo aveva deciso di deferire la questione a un Arbitrato Obbligatorio previsto dall'All. VII dell'Unclos, rimandandoli in India per la seconda volta a marzo 2013, e a nulla valsero le mie proteste e poi le mie dimissioni per far cambiare orientamento al Governo. 

L'informazione filogovernativa di ieri e di oggi ha cercato e cerca ancora di accreditare presso l'opinione pubblica la tesi della "catena di errori" che avrebbe causato una mancata tempestiva soluzione della questione Marò. NON E' COSI'. I tre tradimenti dei nostri Marò sono stati meditati, voluti, accuratamente perpetrati. Latorre e Girone in balia dell'India rappresentano il pieno successo di un ben precisa strategia manifestatasi in modo persino virulento nelle dichiarazioni anche recenti di chi più di ogni altro ha insistito per rimandare Latorre e Girone in India. Considerazioni e interessi economici hanno accompagnato sin dall'inizio questa crisi. Non è stato forse lo stesso per il caso Salabayeva in Kazakhistan e per quello di Cesare Battisti a Rio de Janeiro? Potevamo però pensare che per due soldati in missione antipirateria questi "interessi" avrebbero rappresentato una priorità attenuata, come avviene sempre per tutti gli altri paesi del Mondo quando si tratta di uomini con le stellette che sono all'estero in rappresentanza dello Stato... 

Io e molti altri lo pensavamo, ma - purtroppo - abbiamo avuto e continuiamo ad avere torto su questo punto. Abbandonando i nostri Maro' in India, l'Italia ha mostrato un'infinita debolezza che si sta pesantemente riflettendo proprio su quegli interessi ritenuti prioritari da alcuni poteri forti forse nella loro capacità di lucrare profitti con la politica, ma non certo di contare e competere all'estero come il nostro Paese meriterebbe. 

C'è un partito filoindiano anche nelle stanze più alte del potere: guardiamo all'associazione di amicizia parlamentare Italia/India, cosa sta facendo, e cosa dichiara…? Si continua a insistere sull'attenuazione, rimozione e tacitazione di qualsiasi iniziativa che possa anche solo infastidire New Delhi. Leggiamo di ex diplomatici vicini all'India che sostengono questa tesi, lo sentiamo da alcuni nostri parlamentari, ne è piena la stampa, portavoce delle istanze di chi quei tradimenti li ha pensati e realizzati. Vanno sempre bene i rinvii, un mese, poi di colpo altri quattro… vanno bene nuove indagini ogni sei mesi… vanno bene i rifiuti all'Arbitrato internazionale… Queste sono le prove attuali e persistenti di una strategia precisa, puntuale, coordinata e sprezzante della più elementare forma di dignità nazionale. 

E la politica indiana? L'Economist della scorsa settimana pubblicava in copertina quanto segue: "Qualcuno può fermare Narendra Modi?" Il leader del Bharatya Janata Party, governatore del Gujarat e l'uomo forte del nazionalismo Indu, personalità che ha già anticipato la sua personale condanna contro Latorre e Girone. Un elementare buon senso, se non vi fossero stati altri motivi per restare immobili, avrebbe imposto e tuttora imporrebbe la massima azione e visibilità del caso a livello internazionale prima che si chiudano sull'Italia questi pericolosissimi giochi della politica interna indiana. Invece no: lasciamo fare agli indiani, non interferiamo, sostengono le interessate voci alle quali mi sono già riferito. 

Ancora l'Economist sottolinea la "venalità" dei politici indiani: la crescita in India si è dimezzata, troppo debole per assicurare lavoro a milioni di giovani che entrano ogni anno nel mercato del lavoro, le riforme languono, strade e elettricità restano indisponibili, i bambini sono senza scuole degne di questo nome... Contemporaneamente, si stima che politici e funzionari abbiano preso tangenti negli anni di governo del Partito del Congresso tra i 4 e i 12 miliardi di dollari. Il "business della politica", secondo gli stessi indiani, è la corruzione, questa è la conclusione dell'Economist. Ho citato questa breve parte di una più a ampia analisi perché essa dà il senso della particolare e pericolosissima commistione di elementi che caratterizza la situazione in India in una fase così cruciale per risolvere la vicenda dei nostri Marò. Ci vorrebbe ben altra determinazione, chiarezza, onestà, senso della Diplomazia e conoscenza del Diritto internazionale per uscirne. Anche a rischio di far storcere la bocca a chi scommette *sempre* sulla *svendita* della nostra sovranità nazionale. Quindi ora - per favore - RIPORTIAMOLI A CASA.

Fonte:  https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?fref=photo

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