venerdì 15 agosto 2014

I DUE MARO’ ITALIANI SONO INNOCENTI: ECCO CHI SONO I COLPEVOLI

Come al solito: usati e abbandonati dallo Stato tricolore. Prigionieri in India e sotto processo dovrebbero essere in punta di diritto nazionale e  internazionale non i fucilieri della marina militare italiana Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, bensì l’attuale capo abusivo dello Stato, tale Giorgio Napolitano, il piduista Silvio Berlusconi, e gli ex ministri La Russa, Frattini, Alfano, Maroni, Tremonti, Palma, nonché la Camera dei deputati e il Senato della XVI legislatura. Inoltre, dovrebbero essere appurate le responsabilità degli ammiragli di squadra Giuseppe De Giorgi e Luigi Binelli Mantelli, nonché dell'ex capo dell'Aise, Bruno Branciforte. Perché?
C’è una legge orrenda che coniuga tutti i difetti del «patriottismo» di bassa lega con quelli della galoppante tendenza alla militarizzazione della sicurezza. Il riferimento è al decreto-legge numero 107 del 12 luglio 2011 (promulgato da Napolitano e controfirmato da Berlusconi & soci), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, numero 130 - approvata dalla Camera dei deputati e dal Senato - il cui articolo 5 istituisce per l'appunto i nuclei militari di protezione. In sostanza, tale normativa prevede di imbarcare militari italiani su navi mercantili private per assicurarne la difesa contro eventuali attacchi dei pirati o simili; tale normativa si configura come una palese violazione dei principi costituzionali e delle funzioni costituzionalmente previste per le forze armate, il cui compito, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 52 della Costituzione, è solo quello della difesa della patria. Chissà quanti anni impiegherà la corte costituzionale per dichiararne l’evidente incostituzionalità.
In ogni caso la predetta esigenza va soddisfatta mediante l'impiego di personale specializzato come aveva stabilito un decreto regio del 1940, e non già coinvolgendo le forze armate nazionali; la predetta norma, inoltre, è tendenzialmente farraginosa e poco comprensibile nella sua utilità confondendo la natura pubblicistica con quella privatista del servizio. Infatti, parecchio a posteriori, dopo lo scandalo a livello mondiale, con il decreto del Ministro dell'interno del 28 dicembre 2012, numero 266, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale al numero 75 del 29 marzo 2013, si è cercato di regolamentare le modalità attuative dell'articolo 5, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 12 luglio 2011, numero107, solo dopo un anno dall'accaduto in cui risultano coinvolti i due marò.

Eppure le leggi italiane del passato e le disposizioni dell'International Maritime Organisation parlano chiaro: a bordo di navi civili i servizi di vigilanza privata, sono disciplinati dagli articoli 133 e seguenti del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e successive modificazioni, e dagli articoli 249 e seguenti del relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 6 maggio 1940, numero 635, e successive modificazioni, possono essere svolti con l'impiego di particolari guardie giurate armate, a protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e sulle navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria.

 
A suo tempo, forse in preda al delirio, il ministro Severino aveva spiegato addirittura, che la vicenda si inquadra nella missione diplomatica-militare europea anti-pirateria "Atalanta" volta a fronteggiare i frequenti attacchi alle imbarcazioni mercantili e turistiche lungo le maggiori direttrici di traffico marino dell'oceano Indiano, pertanto disciplinata dalle norme a tal uopo previste dall'ordinamento internazionale, mentre l’allora presidente del Consiglio dei ministri, tale Monti imposto da Napolitano, affondando nel ridicolo, aveva ribadito la ferma intenzione del Governo di rivendicare un trattamento per i due cittadini italiani che rifletta pienamente il loro status giuridico, evitando di creare un pericoloso precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria, mettendone a repentaglio la riuscita e le finalità.
Perché il servizio di scorta era affidato a sei marò della Marina militare italiana, invece che alle solite guardie giurate , o - nei casi estremi - ai soliti mercenari messi a disposizione da migliaia di ditte specializzate nel mondo?
Le autorità di New Delhi hanno denunciato che il 15 febbraio 2012 i marò italiani del reggimento San Marco, di scorta al mercantile Enrica Lexie, avrebbero ucciso per errore due pescatori indiani - Ajesh Pinky e Selestian Valentine - scambiati per pirati. Così il 19 febbraio 2012 i due militari italiani del Reggimento San Marco, forza di protezione anfibia delle Forze armate Italiane, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone imbarcati in servizio di protezione anti-pirateria, sulla petroliera Enrica Lexie, venivano fermati e poi arrestati con l'accusa di omicidio di due marinai del peschereccio indiano St. Anthony. Attualmente i due fucilieri rimangono costretti ad una permanenza forzata in balia della giustizia straniera e subendo rinvii del processo (il prossimo al 14 ottobre 2014) ormai non più accettabili e che hanno concretamente solo peggiorato la loro situazione.
Secondo gli atti della suprema corte dell’India, basati sui dati recuperati dal Gps della petroliera italiana e le immagini satellitari raccolte dal Maritime Rescue Center di Mumbai - l'incidente si è verificato a 20, 5 miglia dalla costa del Kerala. Le dinamiche dell'accaduto e l'interpretazione dei fatti data fin dall'inizio dalle autorità indiane appaiono quantomeno discutibili ed evidenziano numerosi dubbi, lacune, ed incongruenze logiche. La cosiddetta difesa processuale dei due marò accusati dalla giustizia indiana di avere ucciso due pescatori al largo delle coste del Kerala, sparandogli dei colpi d'arma da fuoco da bordo del mercantile Lexie, sarebbe finora costata all'erario della Repubblica non meno di 5 milioni di dollari, corrispondenti a 3,6 milioni di euro. Non occorrono scienziati del foro per accertare che il tragico episodio è avvenuto in acque internazionali e pertanto, in base appunto al diritto internazionale, è applicabile la giurisdizione nazionale dello Stato di bandiera. Infatti, la giurisdizione penale nelle acque internazionali, tra le quali rientra la zona economica esclusiva (Zee), è di competenza dello Stato di bandiera, in quanto non formano oggetto di diritto di sovranità territoriale assoluta dello Stato costiero; pertanto, gli altri Stati continuano a godere della libertà di navigazione. Lo Stato costiero, invece, è competente ad esercitare la giurisdizione penale su una nave mercantile straniera in transito in acque territoriali nei casi indicati nell'articolo 19 della Convenzione di Ginevra e nell'articolo 27 della Convenzione di Montego Bay. Lo status giuridico delle navi mercantili non cambia per la presenza di militari armati a bordo.
Chi ha strumentalizzato le forze armate per fini di bassa politica? Per quale ragione legale ben tre governi (Monti, Letta & Renzi) sia pure imposti dal capo del quirinale ma non espressione del voto popolare, non hanno risposto a decine di atti parlamentari (XVI e XVII legislatura) sulla vicenda?

In realtà, cosa c’è sotto? Quali sono i reali rapporti affaristici tra i governi di Italia e India, nonché le attività degli armatori fratelli D’Amato? Qual è la vera posta in gioco? Che sorta di ricatto sta esercitando il governo indiano nei confronti dell'esecutivo Renzi? E’ quello che proverò ad appurare prossimamente con un’inchiesta sul campo. Un fatto è certo: l'Italia non ha più alcun peso diplomatico nel mondo, grazie ad una casta di politicanti telecomandati, impresentabili ed incapaci che il popolo italiano dovrà al più presto archiviare in blocco.

Fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/



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