venerdì 12 settembre 2014

La misericordia dell'India



Felice che Massimiliano Latorre possa tornare per qualche tempo in Italia, per curarsi e sentire l’affetto dei suoi, e della sua gente.  Ma so che un cruccio doloroso più di ogni altra complicazione medica lo accompagna: lascia a Dehli Salvatore Girone. E questo fatto, da solo, vale più di ogni altra garanzia scritta: o l’imbelle classe politica italiana riuscirà in questi quattro mesi a riportare a casa anche Girone, o Latorre tornerà a dividere con lui la cattiva sorte.  
 

Non è stato un colpo di scena, quello della licenza sanitaria a Latorre. Il governo indiano di Narendra Modi, che l’informazione italiana aveva descritto con toni catastrofici, ha fatto quello che era lecito aspettarsi in una vicenda nata nel vecchio partito di governo, il partito del Congresso di Sonia Gandhi: è stato pilatesco. Non era affar loro, e il buon senso, davanti a un pasticcio di una giustizia incapace di arrivare  a un processo con prove costruite a malo modo, ha portato il governo a ripetere quel che Narendra aveva detto a Renzi: è una questione che riguarda la giustizia indiana, non il governo. 

Lasciando con il cappello in mano tutti i buoni propositi del terzo governo italiano ad occuparsi maldestramente della questione: “deve essere rispettata l’immunità funzionale, non può essere la giustizia indiana a giudicarli, ricorreremo a un arbitrato, però cerchiamo un canale di dialogo con il nuovo governo indiano…”. Parole tante, fatti zero.   

L’arbitrato richiede tempi lunghi, ma passi certi, e un segno di rottura che obblighi la comunità internazionale ad occuparsene, per risolvere un contenzioso altrimenti irrisolvibile. Così, il destino ha voluto che quella giustizia indiana, respinta a parole, ma mai investita da una strategia difensiva che facesse dell’innocenza dei due marò un punto forte e decisivo, vedesse stamane gli avvocati difensori invocare una sorta di clemenza, un atto di generosità verso un indiziato che, al contrario, è vittima di una montatura cui giustizia indiana e italiana, classe politica indiana e italiana, vertici militari indiani e italiani dovrebbero delle scuse.  

In questo mondo alla rovescia l’unico sorriso, ma amaro,  viene dalla garanzia scritta che l’ambasciatore Daniele Mancini ha dovuto fornire alla corte sul rientro di Latorre, al termine dei quattro mesi. L’ambasciatore che era stato consigliere diplomatico del ministro Passera, tra i protagonisti dell’infausto rientro in India dei due fucilieri di marina, l’ambasciatore che si era visto minacciare una sorta di limitazione della libertà se i due non fossero rientrati, l’ambasciatore che li ha mal sopportati in ambasciata richiedendo persino un rimborso di qualche centinaio di euro per i danni causati dalla biancheria dei due stesa ad asciugare su qualche rete di recinzione. Sognava di essere il diplomatico del business tra la rampante India e l’Italia delle commesse, gli tocca firmare garanzie, invece che contratti.  

Non a tutti i protagonisti della vicenda è andata così male, se sono vere le voci che danno l’ ex ministro della Difesa, ammiraglio  Di Paola, candidato al vertice di Finmeccanica. E gli altri grandi nomi, in questa galleria degli errori e delle incapacità ?  Hanno quattro mesi di tempo. Inizia un conto alla rovescia: quattro mesi di tempo per riportare a casa anche Girone, e senza bisogno che si ammali.  C’è una parola d’onore data all’India ? Certo, ma c’è anche l’onore di due vittime innocenti, e quello di quel che resta di questo nostro Paese. Tutto vorremmo, meno che  fra quattro mesi l’ultimo a difendere quest’onore fosse Massimiliano Latorre, consegnandosi all’abbraccio di Girone, e non lasciandolo indietro.

Fonte:  https://www.facebook.com/pages/Toni-Capuozzo/41372465810?hc_location=timeline

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