domenica 27 aprile 2014

Staffan De Mistura a Capri, i marò nelle grinfie dell’India

Staffan De Mistura, cui il ministro degli Esteri Federica Mogherini ha dato il benservito da plenipotenziario per la vicenda dei marò in India, si è trovato una collocazione di tutto rispetto e da invidiare: sarà il direttore generale della “Fondazione Axel Munthe”, a Capri, anzi Anacapri. Il posto, ha scritto Vincenzo Nigro su Repubblica, glielo ha dato il Governo della Svezia, dove Staffan De Mistura è nato e di cui era e forse è ancora cittadino.

Staffan De Mistura paga per il fallimento della trattativa per liberare i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone dalle grinfie degli indiani.  Magari non tutte le colpe sono sue: lo hanno condizionato le mire del ministro degli Esteri del 2012 Giulio Terzi e del primo ministro Mario Monti, l’inadeguatezza complessiva dell’apparato diplomatico italiano, già apprezzata nelle varie vicende di navi ostaggio dei pirati; tutti elementi che si sono aggiunti a dei probabili limiti individuali.

La nuova sede di Staffan De Mistura è uno dei posti più belli del mondo, sulla punta di Anacapri, dove duemila anni fa viveva nella sua villa diffusa fra le rocce l’imperatore Tiberio, dividendo il suo tempo fra le cure del potere e quelle dei suoi piaceri immortalati da Svetonio e da Tinto Brass; circa un secolo fa lo psichiatra svedese Axel Munthe recuperò le rovine, costruì una villa e vi si trasferì, raccontando la storia in un bellissimo libro, “La storia di San Michele”, ormai fuori commercio se non dell’usato.
Contemplando l’ineguagliabile panorama che si gode dal picco di Anacapri, Staffan De Mistura potrà meditare sugli errori commessi e sulle tante parole un po’ difficili da capire che ha detto, frasi degne delle ultime parole famose della Domenica del Corriere dei bei tempi: da quella che lui e i due marò erano “un team” o quella che gli indiani“hanno capito che la pazienza dell’Italia è finita”,
a metà fra Cicerone e Mussolini, fino all’ultima di un mese prima del siluramento:
“Dobbiamo reagire con glacialità, ma spero con efficacia”.
Tra i molti articoli che hanno trattato la notizia del siluramento di Staffan De Mistura, quello di Pino Corrias sul Fatto merita speciale citazione:

 “Non riuscendo a rimpatriare i due marò italiani, il Governo ha deciso di rimpatriare lui, il molto diplomatico Staffan de Mistura, marchese dalmata, classe 1947, dichiarando “esaurito il suo ruolo”.
Peccato. Ci stavamo abituando ai suoi sorridenti briefing che di quando in quando ci aggiornavano che “un passo avanti è stato fatto” con le autorità indiane, niente paura, “la ragionevolezza prevarrà”. E i marò? “Sono seri. Determinati. Con il morale fermo”. Eccetera.Questo per una dozzina di viaggetti business class tra Roma e l’India, sempre con guardaroba adeguato alle stagioni – lino, cotone, cachemire – e agli alti consessi convocati in qualità [prima di sottosegretario agli Esteri del Governo tecnico di Mario Monti e poi] di Inviato speciale del governo, nomina di Enrico Letta, mentre ogni filo diplomatico si ingarbugliava, battaglioni di studi legali dislocati sui due emisferi si spedivano raffiche di diffide, deduzioni, memorie. I tempi del processo si diluivano al punto che tra conflitti legislativi e altri labirinti procedurali, sono trascorsi 26 mesi e ancora non s’è capito chi debba giudicare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e neppure quale sia esattamente il loro capo di imputazione.Non proprio un successo diplomatico. Per di più, considerando la statura del nostro Staffan, e a volo d’uccello la sua biografia. Nato da famiglia nobile a Stoccolma. Apolide, federalista, massone. Romano d’adozione, anzi pariolino. Ginnasio dai Gesuiti. Laurea alla Sapienza con tesi preveggente in “Negoziati complessi”. All’Onu dal 1971″.


Staffan De Mistura, prosegue il racconto di Pino Corrias, ha scalato molte
“perigliose missioni destinate ai luoghi insanguinati del pianeta, Ruanda, Somalia, Iraq, Afghanistan. Organizzando dalle sedi diplomatiche più adatte spedizioni umanitarie e assistenza ai profughi. Ma sempre traversando i bordi di quelle immani tragedie da una distanza di sicurezza, parlandone ai convegni e alle cene che li completavano, dove esibiva la sua proverbiale competenza nel baciamano. Carlo Azeglio Ciampi nel 1999 gli conferisce la cittadinanza italiana. Giorgio Napolitano lo nomina Grande Ufficiale. La città di Trieste lo festeggia Dalmata dell’Anno”.
Possibile che, si chiede Pino Corrias,“di tanti onori in patria, nulla sia trapelato in India?

L’americano Edward Luttwak
“ha risposte semplici a questioni complesse”:
“Staffan è solo un bellimbusto e in India è considerato un cretino”,
anche se facendo così Luttwak, secondo Pino Corrias,
“dimentica quante cose si siano intrecciate intorno a questo braccio di ferro: il nazionalismo indiano che pretende massime pene per gli italiani, gli 8 miliardi di dollari di interscambi commerciali, l’incolumità del nostro ambasciatore Daniele Mancini, varie campagne elettorali in India e persino quella permanente in Italia”.

Anche Vincenzo Nigro, pur non potendo negare il fallimento di De Mistura, gli trova delle attenuanti,non solo per il precipitare dell’annuncio (“Secondo fonti della Farnesina, l’accelerazione annunciata ieri dalla Mogherini e dal ministro della Difesa Roberta Pinotti in audizione alla Camera è stata suggerita dal presidente del Consiglio Renzi anche per contrastare gli attacchi al governo sul caso marò a poche settimane dalle elezioni europee. E in effetti della “nuova squadra” che dovrà occuparsi dei due fucilieri di Marina per ora ancora non si ha notizia, se non del fatto che sarà un gruppo di esperti tecnico-giuridici”),non solo per la correttezza del comportamento di De Mistura (“da “soldato” della diplomazia, ha commentato la scelta del governo dicendo di condividerla, «questa nuova, importante, e necessaria svolta richiede giustamente una nuova squadra di sostegno a tale specifico impegno: sono totalmente convinto che l’Italia saprà riportare Salvatore Girone e Massimiliano Latorre in Patria con onore»),ma anche per gli ingiusti attacchi di cui è stato vittima da parte di personaggi che dovrebbero solo e sempre tacere:
“Contro De Mistura infieriscono i suoi avversari politici, innanzitutto Ignazio La Russa, che era ministro della Difesa quando fu varata la legge che mise i marò a bordo delle navi civili con procedure e regole di ingaggio che hanno poi prodotto l’incidente di 2 anni fa. Dice La Russa che «con il benservito a De Mistura e il via ad una fase di internazionalizzazione della vicenda ma con tre mesi di ritardo, anche il ministro degli Esteri Mogherini converge sulle posizioni sostenute da sempre da Fratelli d’Italia». De Mistura era stato nominato “inviato speciale” per il caso marò da Monti provocando l’immediata gelosia dell’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi. Appena possibile, Terzi lo aveva escluso dal negoziato con l’India, e oggi lo attacca anche senza nominarlo: «Mi chiedo se questa del governo Renzi è la tattica ispirata da uno dei protagonisti dello scellerato rinvio in India dei due marò il 22 marzo dell’anno scorso, dopo aver partecipato ad un’opera di convincimento sui due militari, insieme all’allora ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, perché non si opponessero al loro ritorno». Lui, Terzi, approvò il rientro in India, salvo decidere poi di cavalcare il caso per provare a entrare in politica. Cosa che per ora non gli è riuscita”.

Fonte:  http://www.blitzquotidiano.it/


"A morte i due marò" 25 aprile, il coro della vergogna

Alcuni ragazzi dei centri sociali hanno intonato un coro inneggiando alla morte dei due fucilieri di marina. Scoppiano le polemiche e l'opposizione chiede a Pisapia di prendere posizione

 

Come tutti i 25 aprile sono andate in scena le celebrazioni della Liberazione, Cortei, bandiere e cori. Ma quest'anno, a Milano, non si sono sentite solo le note di Bella Ciao, come sempre. In Piazza del Duomo, come raccontato dall'Intraprendente e filmato in questo video (guarda), alcuni manifestanti hanno intonato un coro choc che farà molto discutere. 

"Ale-oo a morte i due marò", è questo il ritornello della vergogna, intonato da esponenti dei centri sociali sotto le bandiere dei No Tav. Un ragazzo suona un tamburo, un altro mulina le braccia nell'aria tenendo il tempo e quando si accorgono di essere spiati da una telecamera cercano di allontanare l'operatore. Carlo Fidanza, eurodeputato di Fratelli d'Italia, va all'attacco e tira in ballo direttamente palazzo Marino: "Scene ignobili. 

Chi ha cantato oltre a ignobile è pure vigliacco, perché aveva il volto coperto. Scene che spero facciano rabbrividire pure i politici di sinistra che partecipavano al corteo. Adesso parli Pisapia, non con una generica frase di circostanza ma con unavera e propria presa di posizione, che condanni senza mezzi termini questo indegno coro. 

Pisapia oggi faccia il sindaco di tutti e non solo di una parte". Fa eco a Fidanza l'ex vocesidnaco Riccardo De Corato: "Ci auguriamo che Pisapia condanni estigmatizzi gli odiosi cori urlati in Piazza Duomo dai soliti arcinotiaderenti dei Centri Sociali. Se ciò non avverrà siamo pronti ad agire di conseguenza."

Fonte:  http://www.ilgiornale.it/

 

 

 

sabato 26 aprile 2014

Di Paola in Finmeccanica blocccato dall'antitrust, mentre per la Dassù non c'è conflitto d'interessi

Per l'amica dei poteri forti non c'è conflitto d'interessi

L'ex viceministro Dassù, dalemiana vicina a Monti e Quirinale, subito riciclata nel Cda di Finmeccanica. Anche se secondo la legge la nomina è incompatibile.

 

Nemmeno due mesi, e Marta Dassù, già sottosegretaria agli Esteri col governo Monti e poi viceministro, sempre alla Farnesina, con il governo Letta, viene nominata da Renzi-Padoan nel Cda di Finmeccanica, uno dei colossi partecipati dal ministero dell'Economia.

 

 

Problemi di incompatibilità, come quelli che hanno bloccato a gennaio la consulenza a Finmeccanica dell'ex ministro della Difesa Giampaolo Di Paola? Per la Dassù, molto vicina a D'Alema, stimata da Napolitano e da Monti (e poi Letta) parrebbe di no. Eppure... Il core business di Finmeccanica sono i sistemi di difesa e sicurezza, di cui è leader mondiale, e che tra l'altro potrà esibire anche all'Expo 2015, di cui è partner tecnologico. Voci che si intrecciano proprio con le deleghe che alla Farnesina ha avuto l'ex viceministro (fino al febbraio scorso) Marta Dassù, da pochi giorni consigliere di amministrazione di Finmeccanica. Leggiamo dal sito degli Esteri: «Dottoressa Marta Dassù: coadiuva il Ministro negli atti concernenti l'integrazione europea, incluse la politica estera e di sicurezza comune, e la politica europea di sicurezza e difesa; questioni relative all'organizzazione dell'Expo 2015».

Al momento, però, nulla osta a Finmeccanica per Marta Dassù, saggista, esperta di politica internazionale con un prestigioso curriculum e un piede in tutti i posti che contano: già direttore generale di Aspen Institute Italia (di cui fanno parte anche Monti e Letta), ha fatto parte della Trilateral Commission, siede nel comitato scientifico della Fondazione Italia Usa, è stata consigliere dei premier D'Alema e poi Amato, quindi responsabile del «Gruppo di riflessione strategico» del ministro D'Alema durante il governo Prodi, «Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica italiana» per nomina di Napolitano, docente, e molte altre medaglie professionali.
Eppure c'è chi solleva qualche dubbio sulla sua compatibilità nel cda Finmeccanica, dopo oltre due anni alla Farnesina e a poche settimane dalla fine del mandato. Il caso, aperto dal sito Pagina99, si è trasformato in una interrogazione parlamentare di Sel, in cui si chiedono le dimissioni della Dassù: «La sua nomina è in violazione dell'art. 2 della legge 215 del 2004 sul conflitto di interessi» scrivono cinque deputati di Sel. L'articolo della legge Frattini dice che l'incompatibilità «perdura per 12 mesi dal termine della carica di governo nei confronti di enti di diritto pubblico, anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta». La Dassù, essendosi occupata come viceministro degli Esteri proprio di sicurezza e difesa, sarebbe in conflitto con l'attività di Finmeccanica, in cui è entrata dopo cinque settimane, e non dodici mesi dalla fine dell'incarico governativo.
A complicare la cosa ci sarebbe in verità anche un'altra legge, quella sulle «incompatibilità parlamentari» del 1953 (numero 60), in base alla quale chi è stato premier, ministro, viceministro o sottosegretario non può assumere cariche o funzioni in società che gestiscano servizi per conto della pubblica amministrazione, o «ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria» (com'è il caso di Finmeccanica, di cui è azionista lo Stato), a meno che «non sia decorso almeno un anno dalla cessazione delle funzioni governative».
La Dassù risponde con un tweet: «Antitrust ha già deliberato, in senso favorevole, sulla mia nomina in Finmeccanica». Proviamo a scartabellare le delibere dell'Antitrust, ma non troviamo traccia. L'ufficio stampa dell'authority per la concorrenza conferma che non ci sono delibere in merito, ma forse un parere preventivo, che però non è un atto pubblico, e dunque neppure di questo c'è traccia. È un parere fornito alla Dassù da qualche organo dell'Antitrust, presieduto da Giovanni Pitruzzella, giurista molto vicino a Renato Schifani (Ncd)? Si attende chiarimento dalla neo consigliera di Finmeccanica. Anche perché proprio un parere dell'Antitrust ha bloccato l'ex ministro Di Paola, per incompatibilità. Ci sono ex ministri meno incompatibili di altri?

fonte http://www.ilgiornale.it/news/interni/lamica-dei-poteri-forti-non-c-conflitto-dinteressi-1014175.html

 

 

lunedì 21 aprile 2014

Che fine hanno fatto i Maró?

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Che bischerata l’ “affaire marò”. Una nobile gara di debolezza tra i politici italiani che si affannano a fare promesse a pronunciare vuote parole, mentre Massimiliano e Salvatore si accingono a trascorrere la loro III Pasqua in India.
Riscrivere i fatti che si sono succeduti è cosa semplice.
 
Il caso è scoppiato il 15 febbraio 2012, a seguito della tragica morte di due pescatori Indiani al largo delle coste del Kerala. I due malcapitati sottoufficiali del San Marco, nonostante l’innocenza, l’infondatezza o meglio l’assenza di prove e la mancanza di capi d’accusa, attendono, pazientemente l’epilogo della vicenda giudiziaria.
 
La corruzione, le tensioni politico sociali e la disorganizazione giudiziaria sembrano essere i veri motivi che impediscono la soluzione del caso, con la piena riabilitazione dei due militari Italiani. Gli interventi più efficaci, in favore dei marò, sono stati i moti di protesta dell’opinione pubblica Italiana che con manifestazioni, petizioni, istanze hanno sempre tenuto alta l’attenzione sul caso. Attenzione e sensibilizazione assente da parte della politica.
 
Si succedono i Governi, cambiano i Ministri, ma i marò sono sempre la. Svenduti dal governo Monti per salvaguardare transazioni economiche con l’India, in violazione della nostra Costituzione.
 
Ignorati, inizialmente, dal Governo Letta, con la Bonino, che in prima battuta rinnegava la Costituzione sostenendo una “presunzione di colpevolezza”, ma con una virata tardiva, diretta a sensibilizzare e sostenere la loro innocenza anche a livello Europeo, finita con un nulla di fatto.
 
Ricordati da Renzi e le sue Ministre Mongherini e Pinotti, poche ore dopo la nomina, che con piglio deciso affermavano: “Siamo pronti a fare tutto quello che è in nostro potere per arrivare più rapidamente possibile ad una soluzione”; ma se è vero che di tempo ne è passato poco, e pur vero che tra job act, riforma del senato e gli €. 80,00 in più in busta paga, dei marò non se ne parla proprio.
 
Si sperava in un coinvolgimento Internazionale con un interessamento da parte dell’Europa e dell’ONU, da sempre schierate, però, in questioni multilaterali e non bilaterali come quella dei marò. Ma siamo certi che sia una questione bilaterale tra Italia ed India?
I cittadini Italiani si ribellano, scalpitano, la sovranità della nostra nazione è stata calpestata. La protesta continua soprattutto contro il palese disinteressamento della vicenda del’UE.
 
Intanto, oggi, un’altra beffa: è stato reso noto il nome dell’investitore interessato all’acquisto della squadra di calcio di Bari, città di Salvatore Girone: è la CMG, società indiana guidata dall’imprenditore Bhaswar Goswami, che avrebbe dato indicazioni per trasferire 3 milioni in un conto corrente della Uco Bank di Calcutta.

Fonte: http://www.iniurevir.it/fatto-i-maro-2/
           Scritto da Roberta De Luca il 19 aprile 2014

sabato 19 aprile 2014

I pescatori sono stati uccisi il giorno prima, mentre i Marò e la Lexie erano a Singapore?


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Il pronunciamento della Corte Suprema dello scorso 28 marzo pone almeno tre punti fermi nella caotica vicenda umana, politica, diplomatica legale e giudiziaria che riguarda Max Latorre e Salvo Girone, al loro 24° mese di prigionia in India. 

Il primo stabilisce l’esclusione dal procedimento giudiziario a qualsiasi titolo e con qualsiasi grado di coinvolgimento della NIA, l’agenzia antiterroristica, che nulla ha e deve avere a che fare con il caso in oggetto. 

Il secondo è che la pretesa di competenza giurisdizionale rivendicata dal governo centrale dell’India per condurre indagini ed eventualmente rinviare a giudizio i due Marò è molto dubbia e quindi tutta da dimostrare. A questo scopo, la Corte ha rinviato di un mese l’udienza conclusiva, chiedendo al governo di produrre una memoria per sostenere con fondate motivazioni giuridiche la sua rivendicazione alla titolarità dell’inchiesta e del processo. Va da sè, che la Corte ritiene infondata, salvo prova contraria, la pretesa indiana di competenza giurisdizionale che secondo le norme del diritto internazionale spetta all’Italia una volta caduta l’accusa di pirateria, in base alla quale l’India avrebbe potuto capovolgere questo chiaro orientamento. 

Il terzo punto è quello su cui vogliamo qui concentrare la nostra attenzione e riguarda l’annullamento delle indagini con le quali prima la polizia del Kerala, poi la NIA avevano concluso di rinviare a giudizio i due Marò. 

Già a gennaio del 2013 la Corte era intervenuta a porre termine alle scelleratezze con le quali il caso veniva trattato. Manipolazioni, omissioni gravissime, grossolani depistaggi e violazioni evidenti di leggi e diritti commessi nel corso delle indagini, convinsero la Corte a togliere il fascicolo Marò dalle mani dei keralesi per incaricare il governo centrale di affidare indagini ed istruttoria, da concludere nel giro di 60 giorni, ad un’agenzia federale. La Corte dispose anche che un eventuale processo avrebbe dovuto essere svolto in un tribunale ordinario, da un giudice monocratico, condotto con udienze giornaliere, da concludersi entro l’estate del 2013 con l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Ma il governo, sotto la spinta dei keralesi rappresentati da K.A. Antony, il potentissimo ministro della difesa, l’uomo forte del governo indiano ed effettivo numero uno dello stesso all’ombra del debole premier Singh, propese per la “linea dura” , per cui le indicazioni della Corte Suprema furono tutte disattese e le indagini furono affidate alla NIA, all’antiterrorismo, che riprese quelle lacunose, irresponsabili e contraffatte eseguite della polizia del Kerala. Ora la CS ha disposto che quelle indagini siano tolte di mezzo, cancellate e che si rifacciano da zero, presumibilmente dalla CBI, la polizia federale indiana.

Delle manipolazioni fatte dagli indiani nel Kerala abbiamo riferito in tutte le salse e non vogliamo qui ripeterci. Ma torna di attualità quello che abbiamo tante volte lamentato, cioè che in tutte le indagini condotte siano stati sistematicamente considerati solo gli indizi che potevano in qualche modo essere funzionali alla tesi accusatoria, ed esclusi tutti quelli che avrebbero potuto rivelarsi delle carte giocabili a favore della difesa. A tale proposito a noi pare che gli esempi più clamorosi siano due: la discrepanza degli orari, cioè le cinque ore di differenza tra lo sparo di colpi dalla Lexie e l’ora dell’uccisione dei due pescatori, un fatto fondamentale di cui nessuno tra gli inquirenti ha mai accennato o potuto rendere conto. 

E questo chiama un secondo punto fondamentale, l’assenza nelle indagini di un qualsiasi tentativo di stabilire l’ora del delitto. Persino nelle fictions televisive ed in tutti i gialli cinematografici o della letteratura poliziesca il punto di partenza degli investigatori è sempre lo stesso: l’accertamento dell’ora del delitto, in assenza di una indicazione della quale chiunque potrebbe essere il potenziale esecutore di un omicidio. Non s’è mai visto un caso giudiziario in cui non si cerchi di stabilre l’ora del decesso delle vittime. Dovevamo aspettare il caso della morte di due pescatori nel Kerala per vederne uno, guarda caso per non permettere agli indagati di potersi discolpare semplicemente dimostrando che “all’ora del delitto stavano da tutt’altra parte e di fronte a decine di testimoni”.

L’ideologo della sinistra “colpevolista a priori” Matteo Miavaldi ha scritto un libro il cui principale merito è che a chi lo compra on line gli regalano, oltre ad un mare di menzogne, 12 punti della Carta Nectar (è vero, mica scherziamo). Lui muove dal fatto che le 5 ore sono un errore di memoria del comandante del St Antony, Freddy Bosco, che s’è sbagliato, voleva dire le 16.30, ma ha detto le 21.30, voleva dire che era giorno, ma s’è confuso ed ha detto che era buio pesto, voleva dire che la nave era la Enrica Lexie, ma ci ha messo tre giorni a ricordarsi il nome, dopo aver detto varievolte di non averlo mai sapito. Ecco, il suo libro si basa su questo, ma tra le sue perle anche “chi lo dice che i mari attorno all’India sono infestati dai pirati?” Pare evidente che l’autore non ha mai letto un rapporto dell’IMO (International Maritime Organization, l’agenzia dell’ONU per la sicurezza in mare) e di tutte le iniziative internazionali di contrasto alla pirateria. Noi abbiamo riportato sopra la cartina con l’indicazione degli attacchi di pirati curata dalla Camera di Commercio Internazionale, ma ne potremmo produrre decine dell’IMO, della Nato, del MSCHOA. Vi sembra che le losanghine degli attacchi di pirati in India non ci siano? Si tenga presente che le losanghine rosa indicano gli attacchi effettivi portati, mentre quelle gialle i tentativi di attacco sventati.

Senza dire che, nel 2004, 16 paesi asiatici che si affacciano sull’Oceano Indiano si videro costretti a sottoscrivere la Convenzione RECAAP (Regional Cooperation Agreement on Combating Piracy and Armed Robbery against ships in Asia), benedetta e patrocinata dall’ONU per facilitare la circolazione delle informazioni circa le attività dei pirati in quelle zone, nella logica raccomandata con enfasi dal Comitato per la Sicurezza in Mare dell’IMO, fatta propria da 6 risoluzioni ONU e poi calata nelle legislazioni di molti paesi, che si riassume in queste conclusioni: “The IMO’s Maritime Safety Committee (MSC) continues to stress the importance of self-protection as a deterrent to successful piracy attacks”, cioè che “l’MSC dell’IMO continua a ribadire l’importanza dell’auto-protezione come un deterrente al successo degli attacchi di pirateria”. Autoprotezione, impiego di Nuclei di Protezione Militare, uomini armati a bordo e pronti ad intervenire per difendere non solo la nave ed il suo carico, ma soprattutto per salvagurdare la vita, l’incolumità ed il posto di lavoro di quelli che sulle navi ci lavorano. Questo per rispondere a Miavaldi che si interroga sul cosa ci facessero i sei Marò sulla Enrica Lexie, perchè dei militari di carriera si dovessero occupare di “proteggere le cose dei padroni”. 

Oppure gli consigliamo di leggersi il preambolo della Risoluzione della Commissione Permanente Difesa del Senato italiano del 2 ottobre del 2012 in tema di pirateria, “ai sensi dell’articolo 50, comma 2, del Regolamento, a conclusione dell’esame dell’affare assegnato sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui all’articolo5 del decreto-legge n. 107 del 2011, con particolare riferimento all’impiego di nuclei di protezione a bordo del naviglio civile che transita in acque colpite dal fenomeno della pirateria”, in cui si descrivono i rischi di attacco per le 1300 navi di bandiera italiana che transitano annualmente sulle rotte dell’Indiano, con attacchi che “dal Golfo di Aden si vanno estendendo verso le coste occidentali dell’India”, quelle che secondo il Miavaldi sono sicure per la navigazione ed esenti dal rischio pirati. 

Ebbene è in quelle acque che si trovò a transitare la Enrica Lexie quel 15 febbraio di 2 anni fa, dopo aver lasciato il giorno prima il porto di Singapore diretta verso l’Egitto, su una rotta che sfiorava la punta meridionale dell’India. Fu là, in pieno giorno che incrociò un peschereccio che li puntava col ponte che pullulava di uomini armati, pirati che non si fermarono a nessun avvertimento. La notte dello stesso giorno, alle 23.30 arrivò nel porticciolo di Neendakara un pescherccio con i cadaveri di due degli undici uomini del suo equipaggio. 

Il comandante, rilasciò a caldo l’intervista nella quale disse che gli avevano sparato addosso attorno alle 21.30. Sì, ma di quale giorno? La domanda si pone perchè c’è una foto della salma di uno dei due pescatori che ha il braccio destro irrigidito in una posizione innaturale, un irrigidimento tipico del rigor mortis. Questa foto è stata usata nella relazione del perito internazionale Luigi Di Stefano “per l’integrazione dell’atto 051695 depositato il 13 marzo del 2013 presso la procura di Roma, dal titolo :”Enrica Lexie, analisi delle posizioni”, che tra l’altro stabilisce che il St Antony era una barca irregolare non essendo iscritta in nessun registro nautico nazionale dell’India in palese violazione dell’atto indiano di navigazione, che si trovava in acque definite HRA (High Risk Area), che navigava in modo anonimo e sospetto senza esibire alcuna bandiera (fonte: sentenza 20370/12 della Corte Suprema dell’India del 18 gennaio del 2013). In una intervista rilasciata al Deccan Chronicle il 28 aprile del 2012 così il comandante del St Antony Bosco descrive il momento del suo incidente :” …ci siamo pericolosamente e velocemente avvicinati ad una grossa nave, ma il nostro timoniere non era in grado di comprendere le segnalazioni che ci lanciavano, non solo perchè fosse privo di patente nautica ed ignorante delle regole di navigazione, quanto perchè s’era addormentato al timone…”. 

Dopo l’incidente che ha causato la morte dei due pescatori, il Bosco non avverte la Capitaneria sul canale radio d’emergenza, nè telefona alla polizia, ma chiama un suo amico, tale Prabhu, un suo paesano di Kayamkulam, pregandolo di avvisare lui la polizia. Un atteggiamento a dir poco sospetto o comunque poco in linea con la drammaticità del momento. Si vede che il Bosco aveva molte cosucce che era molto meglio non fars sapere in giro. Quando gli hanno proposto di mettere in mezzo la Lexie e di incastrare i Marò deve aver toccato il cielo con un dito.

Ritornando al cadavere dal braccio alzato, è noto che il rigor mortis comincia a manifestarsi ad 1-2 ore dal decesso, raggiunge il suo massimo entro le 10-12 ore, si conserva sino a 24-36 ore, dopo di che i muscoli tornano a rilassarsi. E’ un vero peccato, diciamo così, che la notte del 15 febbraio 2012 nessun medico legale abbia eseguito la ricognizione dei cadaveri prima che il mattino dopo il prof Sasikala effettuasse la perizia necroscopica. Questi, sulla base del rigor mortis, avrebbe solo potuto determinare che la morte era intervenuta tra le 12 e le 36 ore prima, ma nessun altro rilievo fu eseguito e tutti presero per buona la testimonianza di Freddy Bosco secondo la quale la morte era fissata alle “21.30″, ora che poi fu aggiornata alle 16.30 per far “quadrare i conti”. 

Ma le 21.30 di quale giorno? Se la morte si fosse verificata due ore prima del rientro in porto forse quel braccio non si sarebbe ancora irrigidito, per cui sembra più plausibile che si sia trattato delle 21.30 del 14 febbraio, il giorno prima.

Oltre che dalla logica, questa ipotesi è sostenuta da un dato di fatto incontrovertibile sfuggito all’attenzione degli osservatori anche più attenti. Nella stiva del St. Antony c’era un ricco bottino di pesca, più di tremila prede tra tonnetti, grossi maccarelli e piccoli squali. Ora i tonni nella acque del Kerala sono introvabili, perchè tendono a raccogliersi in grossi banchi sulla costa orientale dell’India, quella che va dal Tamil Nadu verso nord, verso il golfo del Bengala. Ad occhio e croce, per raggiungere quei banchi di tonno che distano dal Kerala almeno 250-300 miglia, occorrono mediamente tra le 25 e le 32 ore di navigazione, avventurandosi nello stretto di Palk dove le motovedette dello Sri Lanka sorvegliano sul divieto di pesca dei pescatori indiani, sparando a vista sui trasgressori. Appare quindi verosimile che il St Antony si sia spinto sino in quelle acque e che poi sia stato intercettato sulla via del ritorno, dandosi alla fuga nel timore che fossero sequestrati barca e carico. 

A quel punto le Arrows Boats possono aver sparato addosso ai fuggitivi, uccidendo il timoniere ed un altro pescatore. Questo combacia con le perizie balistiche che in una prima lettura davano proiettili di calibro 7.62, quelli utilizzati dalla marina dello Sri Lanka sulle mitragliette PKM, che poi si è tentato di trasformare in proiettili 5.56 in dotazione ai nostri militari. Ecco allora che i due pescatori possono essere stati uccisi alle 21.30 del 14 febbraio ed essere rientrati a Neendakara 26 ore dopo con il loro carico di morte.

Nello scenario appena tracciato, tutte le tessere del mosaico combaciano: i proiettili, compatibili con quelli della marina cingalese, il già raggiunto rigor mortis per le due povere vittime, la cattura dei molti tonni altrimenti impossibile nel Kerala, le testimonianze rese a caldo, il fatto che il St Antony sia completamente diverso dal natante descritto nel rapporto sull’incidente stilato dai Marò. Quello che resta da stabilire, ed è a questo che dovranno puntare le nuove indagini, è se l’incidente del St Antony si sia verificato 5 ore dopo quello della Lexie, o 19 ore prima di quello. Nel primo caso i Marò sono innocenti, nel secondo, mentre ammazzavano i due pescatori del St Antony loro stavano ancora dalle parti di Singapore. Per cui gli indiani farebbeno bene a darsi una regolata e ad allargare il raggio delle loro indagini sinora condotte a senso unico e su un’unica pista. Ne dovrebbero avere abbastanza del ridicolo di cui si sono coperti con questa storia e delle censure che gli sono piovute addosso da tutte le parti che contano nella comunità internazionale. 

Fonte:  http://www.qelsi.it/wp-content/themes/qmag/images/logo2.png

Una tempesta di tweet si «abbatterà» sui Marò la sera di Pasquetta

Tweet storm per i Marò. Lunedì 21 aprile, il giorno di Pasquetta, alle ore 21.00 sul social network dell’uccellino azzurro partirà una nuova iniziativa per dimostrare la vicinanza degli italiani ai due fucilieri di marina trattenuti in India

Prima il Natale poi la Pasqua lontani da casa, lontani dall’Italia. Ma per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri del battaglione San Marco trattenuti in India da oltre due anni con l’accusa di aver ucciso due pescatori locali scambiati per pirati mentre erano in missione antipirateria al largo del Kerala, le feste trascorse lontano dalla madre patria e soprattutto dai familiari iniziano ad essere troppe. 

E a pesare. Perché se è vero, come diceva Voltaire, che «il tempo è galantuomo e che rimette ogni cosa al suo posto» altrettanto vero è che, nel caso dei due militari pugliesi, rischia di essere «tiranno» nell’attesa di riprendere le fila di un “discorso” che si protrae ormai da quasi 26 mesi. Tanti ne sono passati da quel 15 febbraio del 2012, quando la Enrica Lexie incrociò il Sant’Anthony. E altri mesi dovranno ancora passare in attesa del 31 luglio, giorno in cui il Tribunale speciale indiano ha fissato la prossima udienza. Una decisione ampiamente prevista che però, oltre ad allungare nuovamente i tempi, rischia di farli coincidere con le fatidiche elezioni indiane che, volenti o nolenti, avranno una profonda influenza sulla sorte dei nostri due marò trattenuti a New Delhi. Ci sono, infatti,  buone probabilità che a vincere sia il partito nazionalista hindu Barahatiya Janata (BJP) guidato da Narendra Modi, che si è sempre schierato per un trattamento severo di Girone e Latorre accusando non proprio velatamente la presidente del Partito del Congresso, Sonia Gandhi di favorire i suoi ex connazionali.

Così, come già accaduto in passato, per accorciare le distanze tra India e Italia, per dimostrare vicinanza e affetto in un giorno speciale, per dimostrare che il tempo passa sì ma non fa dimenticare, ecco che un nuovo «Tweet storm» chiama a raccolta tutti il popolo social. Lunedì 21 aprile, il giorno di Pasquetta, alle ore 21.00 si ricorrerà nuovamente ai 140 caratteri messi a disposizione dal social network dell’uccellino azzurro per salutare, come si legge nel post di Michele Lecchini, promotore dell’iniziativa «due ragazzi che non si arrendono».

Un abbraccio a largo raggio, una tempesta di cinguetti per evitare che sulla vicenda cali il silenzio.  Gli hashtag per mostrare la vicinanza a Massimiliano La Torre e Salvatore Girone lunedì sera saranno #siamoconvoi #nondimentichiamoli #maròliberi
 
Se c’è una cosa che i social network sanno fare bene è quello di fare notizia, anche in 140 caratteri.

Fonte:  http://www.leccenews24.it/images/logo.gif

 

CASO MARO', PARLA L'AMMIRAGLIO NARDINI


 Foto: CASO MARO', PARLA L'AMMIRAGLIO NARDINI: L'ASSOCIAZIONE LEONE S. MARCO PRONTA ALLO "SCIOPERO ELETTORALE", NON VOTEREMO SE L'EUROPA NON SI OCCUPERA' DELLA VICENDA. Roma, Adnkronos - "Se l'Europa non si occuperà della vicenda dei nostri Fucilieri di Marina Latorre e Girone ci asterremo dal voto alle prossime europee". Lo afferma all'AdnKronos l'Ammiraglio Guglielmo Nardini, Presidente del Gruppo Nazionale Leone di San Marco e già comandante del Reggimento San Marco, in relazione alle preoccupazioni manifestate dall'ex Ministro degli Esteri Ambasciatore Giulio Terzi, durante l'intervento al convegno organizzato a Fasano dal titolo "Marò: al giro di boa. Orgoglio e rischi della svolta italiana". "L'ex ministro Terzi ha parlato di lobby economiche e ancor peggio affaristiche che gravano sulla vicenda dei nostri Marò, sulle scelte che potrebbero mettere a rischio la loro libertà, il loro onore e soprattutto la dignità della Nazione barattati per gli interessi di pochi. E' una cosa gravissima'', rimarca l'Ammiraglio. ''I militari italiani giurano fedelta' alla Repubblica e non verso interessi economici di chicchessia. Auspico pertanto che il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell'Economia non prendano in considerazione quali futuri candidati delle aziende pubbliche chi non si è impegnato nel trattenere i nostri Maro' in Italia. Sarebbe ancora una volta una vergogna per il nostro Paese". Non solo. "Il Governo ha più volte pubblicizzato il ricorso all'arbitrato internazionale del quale però non c'è ancora nessuna evidenza mentre l'Unione Europea non ha ancora preso una posizione chiara e decisa sulla vicenda. La situazione è preoccupante non solo nei confronti dei due Maro' ma, come sostiene l'ex Ministro Terzi, anche per tutti i militari in missione all'estero. Nel caso di un incidente in terra straniera chi tutelera' i militari coinvolti?" Ecco perchè "come associazione chiederemo alle associazioni europee di ex militari di diffondere il più possibile la vicenda di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre per accendere e mantenere accesi i riflettori dell'Europa su questa assurda storia che non è di solo interesse italiano ma implica gravi ripercussioni su tutte le missioni internazionali a cui le forze armate dei paesi dell'Unione Europea partecipano". "Siamo cittadini europei, riteniamo che l'UE debba essere coinvolta a pieno titolo, altrimenti perché votare alle prossime elezioni europee", sottolinea l'ammiraglio che come presidente del Gruppo Nazionale Leone di San Marco intende "chiedere a gran voce che si dia immediato e concreto corso alle azioni per l'arbitrato internazionale senza dover aspettare ulteriormente eventi di cui non si possono prevedere gli effetti. Latorre e Girone devono ritornare subito in Patria - conclude l'Ammiraglio - perchè solo la Repubblica a cui hanno giurato fedelta' e che li ha comandati nella missione antipirateria a bordo della petroliera Lexie può giudicare il loro operato". (Per/Ct/Adnkronos) Per chi fosse interessato, ecco anche un articolo sull'evento di Fasano citato dall'Ammiraglio Nardini:
http://www.fasanolive.com/news/Attualit%C3%A0/281842/news.aspx Continuiamo a mantenere alta l'attenzione sul caso e a richiedere al Governo l'attivazione di un Arbitrato Internazionale contestando la giurisdizione Indiana!


L'ASSOCIAZIONE LEONE S. MARCO PRONTA ALLO "SCIOPERO ELETTORALE", NON VOTEREMO SE L'EUROPA NON SI OCCUPERA' DELLA VICENDA.

 "Se l'Europa non si occuperà della vicenda dei nostri Fucilieri di Marina Latorre e Girone ci asterremo dal voto alle prossime europee". Lo afferma all'AdnKronos l'Ammiraglio Guglielmo Nardini, Presidente del Gruppo Nazionale Leone di San Marco e già comandante del Reggimento San Marco, in relazione alle preoccupazioni manifestate dall'ex Ministro degli Esteri Ambasciatore Giulio Terzi, durante l'intervento al convegno organizzato a Fasano dal titolo "Marò: al giro di boa. Orgoglio e rischi della svolta italiana". 
 
"L'ex ministro Terzi ha parlato di lobby economiche e ancor peggio affaristiche che gravano sulla vicenda dei nostri Marò, sulle scelte che potrebbero mettere a rischio la loro libertà, il loro onore e soprattutto la dignità della Nazione barattati per gli interessi di pochi. E' una cosa gravissima'', rimarca l'Ammiraglio. ''I militari italiani giurano fedelta' alla Repubblica e non verso interessi economici di chicchessia. Auspico pertanto che il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell'Economia non prendano in considerazione quali futuri candidati delle aziende pubbliche chi non si è impegnato nel trattenere i nostri Maro' in Italia. Sarebbe ancora una volta una vergogna per il nostro Paese". Non solo. "Il Governo ha più volte pubblicizzato il ricorso all'arbitrato internazionale del quale però non c'è ancora nessuna evidenza mentre l'Unione Europea non ha ancora preso una posizione chiara e decisa sulla vicenda. 
 
La situazione è preoccupante non solo nei confronti dei due Maro' ma, come sostiene l'ex Ministro Terzi, anche per tutti i militari in missione all'estero. Nel caso di un incidente in terra straniera chi tutelera' i militari coinvolti?" Ecco perchè "come associazione chiederemo alle associazioni europee di ex militari di diffondere il più possibile la vicenda di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre per accendere e mantenere accesi i riflettori dell'Europa su questa assurda storia che non è di solo interesse italiano ma implica gravi ripercussioni su tutte le missioni internazionali a cui le forze armate dei paesi dell'Unione Europea partecipano". 
 
"Siamo cittadini europei, riteniamo che l'UE debba essere coinvolta a pieno titolo, altrimenti perché votare alle prossime elezioni europee", sottolinea l'ammiraglio che come presidente del Gruppo Nazionale Leone di San Marco intende "chiedere a gran voce che si dia immediato e concreto corso alle azioni per l'arbitrato internazionale senza dover aspettare ulteriormente eventi di cui non si possono prevedere gli effetti. Latorre e Girone devono ritornare subito in Patria - conclude l'Ammiraglio - perchè solo la Repubblica a cui hanno giurato fedelta' e che li ha comandati nella missione antipirateria a bordo della petroliera Lexie può giudicare il loro operato". Per chi fosse interessato, ecco anche un articolo sull'evento di Fasano citato dall'Ammiraglio Nardini:
 
Continuiamo a mantenere alta l'attenzione sul caso e a richiedere al Governo l'attivazione di un Arbitrato Internazionale contestando la giurisdizione Indiana!
 
Fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?hc_location=timeline

sabato 12 aprile 2014

Rose, prima paziente salvata dall’ebola

Dopo dieci giorni di isolamento, la ragazza è stata dimessa dal centro di Msf  a Guéckédou. Ma in Guinea continua l’emergenza: oltre cento morti e decine di nuovi casi sospetti. L’appello dell’organizzazione umanitaria: servono aiuti
 
Dopo 10 giorni di isolamento nel centro di Medici Senza Frontiere a Guéckédou, nel sud-est della Guinea, Rose ha finalmente riabbracciato i suoi cari. Diciotto anni compiuti, Rose è la prima paziente alla quale è stato permesso di lasciare il centro. Era ricoverata lì dopo che il mese scorso le avevano diagnosticato l’ebola. «Ora è guarita, non rappresenta un rischio per nessuno», ha esultato l’infermiera mentre la abbracciava con forza.
Da gennaio l’ebola ha ucciso in Guinea più di cento persone. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, lo sforzo per contenere l’epidemia potrebbe «richiedere ancora mesi». Il virus è associato a un alto tasso di mortalità e non esistono cure specifiche né vaccini, ma le possibilità di sopravvivenza aumentano se i pazienti ricevono subito assistenza contro disidratazione e infezioni secondarie.
«Medici Senza Frontiere è scesa in campo fin dai primi giorni dell’emergenza, inviando in Guinea oltre 60 operatori internazionali e 40 tonnellate di materiale sanitario – ha riferito Gabriele Eminente, direttore generale di Msf – Stiamo ottenendo importanti risultati, ma l’emergenza continua e servono risorse. Per questo lanciamo un appello ai nostri sostenitori e a tutti i cittadini, perché ci aiutino a fermare l’epidemia».
In due settimane Msf ha avviato progetti in diverse località della Guinea per fornire trattamenti di supporto ai malati e fermare il contagio. A Conakry ha ampliato il centro medico da 10 a 30 posti letto e ha inviato le proprie équipe presso le comunità locali per individuare i contatti dei pazienti affetti e tracciare la diffusione del virus. A Guéckédou è stata realizzata un’unità di isolamento che ha portato alle prime guarigioni.
Dopo i casi di ebola riscontrati nella vicina Liberia, Msf ha inviato anche lì forniture mediche, materiali e specialisti in grado di formare il personale sanitario locale. Non sono mancati gli incidenti. A Macenta, per esempio, gli operatori umanitari sono stati allontanati con sassi e insulti: la popolazione li accusava di essere responsabili del contagio.
In ogni caso negli ultimi giorni i primi pazienti che hanno sconfitto l’ebola sono stati dimessi dai centri di Medici Senza Frontiere. Ciononostante, l’emergenza continua. Il virus ha già ucciso 101 persone in Guinea e 10 in Liberia. Secondo l’Oms, inoltre, 157 casi sospetti sarebbero stati registrati in tutta la Guinea e di questi 20 nella capitale Conakry. Per fermare l’epidemia, Medici Senza Frontiere ha lanciato una raccolta fondi tramite il proprio Fondo Emergenze, chiedendo l’aiuto di tutti.
 

MARO': TERZO ANNO, TRADITI TRE VOLTE.


 

Questo il mio discorso alla Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati

"Siamo entrati nel terzo anno della questione Marò. Una vicenda vergognosa e incredibile; un'ombra nera sulla politica estera del nostro Paese; un vulnus alla capacità dell'Italia di affermare la propria Sovranità nazionale e di rispettare e tutelare le proprie Forze Armate tenendo sempre alto - bene al di sopra di interessi e profitti commerciali - il valore della sicurezza e della vita dei nostri concittadini. I più elementari principi di dignità nazionale sono stati sfregiati dall'incapacità manifesta, o meglio dalla volontà, di non voler gestire e risolvere una crisi che si è prodotta essenzialmente perché alcuni poteri forti dell'economia e dell'informazione del nostro Paese hanno stabilito che la libertà di due uomini con le stellette non valesse alcun rischio - neppure il più piccolo - di tensione con un Paese come l'India dove si possono fare "ottimi affari", e dove certi interessi si dovrebbero coltivare meglio se ci mostriamo remissivi e accondiscendenti. 

Una falsa chimera che ha incantato orecchie interessate o ingenue da ben prima che si aprisse la questione Maro'. Sin dal 2006 c'è stato chi ha sostenuto - persino alla Farnesina - che le opportunità di fare business con l'India si sarebbero accresciute se l'Italia avesse abbandonato due fondamentali impostazioni della nostra politica estera multilaterale: la prima, quella di una riforma del Consiglio di Sicurezza dell'ONU veramente democratica, dove ulteriori seggi permanenti - che invece l'India pretende - sarebbero "dalla parte sbagliata della storia" e danneggerebbero ancor più le prospettive di una presenza europea in Consiglio di Sicurezza. 

La seconda avrebbe dovuto essere il nostro riconoscimento incondizionato che l'India ha tutte le carte in regola per entrare nel club ristretto delle potenze nucleari anche incrementando ulteriormente il proprio arsenale, passo che solleva molte riserve tra paesi come il nostro che hanno sottoscritto il Trattato di non proliferazione delle Armi Nucleari. 

Sul "tavolo degli affari" vi era quindi - ben sei anni prima che Latorre e Girone venissero rimandati in India per considerazioni sostanzialmente analoghe - "voci interessate" che avrebbero voluto imprimere una rotazione di 180 gradi ad assi portanti della politica estera italiana in tema di sicurezza internazionale e perfino di non proliferazione nucleare. 

Ciò detto, Latorre e Girone, e con loro tutte le nostre Forze Armate, sono stati traditi tre volte, e sappiamo tutti perfettamente da chi, permettendo alle autorità indiane di agire incontrastate con la loro assurda pretesa di esercitare sul caso una giurisdizione esclusiva incompatibile con l'UNCLOS e con le più elementari regole del Diritto Internazionale. 

Traditi una prima volta dalla decisione di far entrare la Lexie a Kochi, di far prima interrogare a bordo i Marò dagli indiani e poi di farli sbarcare e consegnare, in condizioni di alto pericolo personale, alla polizia indiana. 

Traditi una seconda volta quando, nonostante le mie richieste scritte, l'allora Presidente del Consiglio Monti nulla fece per sensibilizzare la Procura di Roma nell'attivare misure cautelative che impedissero loro - comunque indagati per un presunto omicidio colposo - il ritorno in India dopo Natale. 

Traditi clamorosamente la terza volta, rovesciando ancora una volta tutti gli argomenti politici e giuridici sulla base dei quali il Governo aveva deciso di deferire la questione a un Arbitrato Obbligatorio previsto dall'All. VII dell'Unclos, rimandandoli in India per la seconda volta a marzo 2013, e a nulla valsero le mie proteste e poi le mie dimissioni per far cambiare orientamento al Governo. 

L'informazione filogovernativa di ieri e di oggi ha cercato e cerca ancora di accreditare presso l'opinione pubblica la tesi della "catena di errori" che avrebbe causato una mancata tempestiva soluzione della questione Marò. NON E' COSI'. I tre tradimenti dei nostri Marò sono stati meditati, voluti, accuratamente perpetrati. Latorre e Girone in balia dell'India rappresentano il pieno successo di un ben precisa strategia manifestatasi in modo persino virulento nelle dichiarazioni anche recenti di chi più di ogni altro ha insistito per rimandare Latorre e Girone in India. Considerazioni e interessi economici hanno accompagnato sin dall'inizio questa crisi. Non è stato forse lo stesso per il caso Salabayeva in Kazakhistan e per quello di Cesare Battisti a Rio de Janeiro? Potevamo però pensare che per due soldati in missione antipirateria questi "interessi" avrebbero rappresentato una priorità attenuata, come avviene sempre per tutti gli altri paesi del Mondo quando si tratta di uomini con le stellette che sono all'estero in rappresentanza dello Stato... 

Io e molti altri lo pensavamo, ma - purtroppo - abbiamo avuto e continuiamo ad avere torto su questo punto. Abbandonando i nostri Maro' in India, l'Italia ha mostrato un'infinita debolezza che si sta pesantemente riflettendo proprio su quegli interessi ritenuti prioritari da alcuni poteri forti forse nella loro capacità di lucrare profitti con la politica, ma non certo di contare e competere all'estero come il nostro Paese meriterebbe. 

C'è un partito filoindiano anche nelle stanze più alte del potere: guardiamo all'associazione di amicizia parlamentare Italia/India, cosa sta facendo, e cosa dichiara…? Si continua a insistere sull'attenuazione, rimozione e tacitazione di qualsiasi iniziativa che possa anche solo infastidire New Delhi. Leggiamo di ex diplomatici vicini all'India che sostengono questa tesi, lo sentiamo da alcuni nostri parlamentari, ne è piena la stampa, portavoce delle istanze di chi quei tradimenti li ha pensati e realizzati. Vanno sempre bene i rinvii, un mese, poi di colpo altri quattro… vanno bene nuove indagini ogni sei mesi… vanno bene i rifiuti all'Arbitrato internazionale… Queste sono le prove attuali e persistenti di una strategia precisa, puntuale, coordinata e sprezzante della più elementare forma di dignità nazionale. 

E la politica indiana? L'Economist della scorsa settimana pubblicava in copertina quanto segue: "Qualcuno può fermare Narendra Modi?" Il leader del Bharatya Janata Party, governatore del Gujarat e l'uomo forte del nazionalismo Indu, personalità che ha già anticipato la sua personale condanna contro Latorre e Girone. Un elementare buon senso, se non vi fossero stati altri motivi per restare immobili, avrebbe imposto e tuttora imporrebbe la massima azione e visibilità del caso a livello internazionale prima che si chiudano sull'Italia questi pericolosissimi giochi della politica interna indiana. Invece no: lasciamo fare agli indiani, non interferiamo, sostengono le interessate voci alle quali mi sono già riferito. 

Ancora l'Economist sottolinea la "venalità" dei politici indiani: la crescita in India si è dimezzata, troppo debole per assicurare lavoro a milioni di giovani che entrano ogni anno nel mercato del lavoro, le riforme languono, strade e elettricità restano indisponibili, i bambini sono senza scuole degne di questo nome... Contemporaneamente, si stima che politici e funzionari abbiano preso tangenti negli anni di governo del Partito del Congresso tra i 4 e i 12 miliardi di dollari. Il "business della politica", secondo gli stessi indiani, è la corruzione, questa è la conclusione dell'Economist. Ho citato questa breve parte di una più a ampia analisi perché essa dà il senso della particolare e pericolosissima commistione di elementi che caratterizza la situazione in India in una fase così cruciale per risolvere la vicenda dei nostri Marò. Ci vorrebbe ben altra determinazione, chiarezza, onestà, senso della Diplomazia e conoscenza del Diritto internazionale per uscirne. Anche a rischio di far storcere la bocca a chi scommette *sempre* sulla *svendita* della nostra sovranità nazionale. Quindi ora - per favore - RIPORTIAMOLI A CASA.

Fonte:  https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?fref=photo

domenica 6 aprile 2014

Bergamo, si mobilitano anche i Sikh. «Giustizia per i marò in India»

Bergamo, si mobilitano anche i Sikh 
«Giustizia per i marò in India»
Chiedono giustizia i Sikh della comunità bergamasca per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò prigionieri in India, e per i tanti fratelli Sikh perseguitati e detenuti nelle carceri indiane senza motivo, se non quello della discriminazione religiosa.
 
Lo fanno concretamente con la raccolta firme per una petizione da inviare ai governi indiano e italiano chiedendo la liberazione dei due militari e perché che si faccia chiarezza su un fatto che ha suscitato tanto clamore a livello internazionale.
«La raccolta firme, promossa dall’Italy Sikh Council, continuerà fino alla fine di aprile presso il nostro centro di Cortenuova», spiega Jasbir Singh dell’associazione Gurdwara Singh Sabha.
Il messaggio ha accompagnato la celebrazione della festa di Vaisakhi che, non solo segna l’inizio della primavera e della stagione del raccolto, ma è anche un simbolo forte dell’identità religiosa dei sikh.
E festa è stata tra i mille colori degli abiti sui quali ha dominato l’arancione e tra cibi speziati, dolci e bevande offerti a tutti i presenti. A portare un saluto dalla diocesi di Bergamo don Massimo Rizzi, direttore dell’Ufficio Migranti.
Fonte: L’Eco di Bergamo in edicola il 6 aprile 2014

sabato 5 aprile 2014

BUGIE SUL CASO MARO': ARBITRATO INTERNAZIONALE... SI O NO?


Pare che in questi giorni un ex-diplomatico (peraltro molto legato all'India…) si stia prodigando sulla stampa e nei salotti romani per sostenere esattamente la linea portata avanti da un anno dal Commissario De Mistura, ovvero che l'Italia non deve avviare alcun Arbitrato per riportare a casa i nostri Maro'. Motivo? "Ma è chiarissimo", proclama questo signore persino attraverso i mass-media (che poi pubblicano senza controllare...): "l'Arbitrato presuppone la volontà di entrambe le parti - Italia e India - di nominare un collegio arbitrale, e l'India - ma guarda un po' - si rifiuta". 
 
Foto: BUGIE SUL CASO MARO': ARBITRATO INTERNAZIONALE... SI O NO?  Pare che in questi giorni un ex-diplomatico (peraltro molto legato all'India…) si stia prodigando sulla stampa e nei salotti romani per sostenere esattamente la linea portata avanti da un anno dal Commissario De Mistura, ovvero che l'Italia non deve avviare alcun Arbitrato per riportare a casa i nostri Maro'. Motivo? "Ma è chiarissimo", proclama questo signore persino attraverso i mass-media (che poi pubblicano senza controllare...): "l'Arbitrato presuppone la volontà di entrambe le parti - Italia e India - di nominare un collegio arbitrale, e l'India - ma guarda un po' - si rifiuta". Tra le molte letture che sicuramente arricchiscono la cultura del signore in questione pare mancare purtroppo quella più importante per il caso Latorre e Girone: l'allegato VII della Convenzione sul Diritto del Mare, ratificata anche dall'India. L'allegato VII prevede appunto la nomina "d'autorita'" del componente del Collegio di Arbitrato obbligatorio quando uno dei Paesi coinvolti si rifiuti di accettare la richiesta di Arbitrato…una procedura ampiamente illustrata - anche su questa pagina Facebook - dai più importanti internazionalisti ed esperti di Diritto del Mare. Se ho menzionato questo caso di curiosa e forse banale disinformazione sull'Arbitrato obbligatorio previsto dalla Convenzione UNCLOS, una disinformazione facilitata da  certa stampa sensibile a tutti gli affarismi con l'India, proprio quando il Governo Renzi dopo dieci mesi di nulla di fatto del Governo Letta dice di voler perseguire l'Arbitrato obbligatorio e altre iniziative internazionali, è proprio perché  preoccupa molto la rinnovata - e interessata - vitalità del "partito filoindiano" in questi giorni di ulteriori rinvii e rimescolamenti di carte, a New Delhi e non solo… E' come se ancora oggi, come nei dieci mesi del Governo precedente, dovesse valere assoluta e intatta la vergognosa decisione presa quel 22 marzo 2013 di affossare l'Arbitrato Obbligatorio proposto l'11 marzo 2013, rispedendo repentinamente in India i due Maro', senza garanzia o tutela alcuna, ignorando la Sovranità del nostro Paese su uomini in Divisa che lo rappresentano, per il timore che alcuni interessi economici - tutt'altro che limpidi - potessero prevalere su quelli della sicurezza e della dignità nazionale. I fautori del finto dialogo a tutti i costi, vorrebbero persino rinunciare all'affermazione dell'interesse nazionale attraverso le forme di tutela assicurateci dal diritto internazionale: secondo costoro, dovremmo zittirci perchè l'India è un paese di primo piano nella realtà globale e nel G20, e perché ci sarebbe "rischio di creare tensioni" derivanti dalla nostra decisione di  "portare in giudizio" New Delhi dinanzi a una Corte dell'ONU. Argomenti *del tutto strumentali*, perché i Trattati in vigore sul Diritto del Mare *sono stati ratificati in piena libertà* dagli Stati che li hanno sottoscritti, dopo negoziati laboriosi che hanno portato a soluzioni accettate e condivise *da tutta la Comunità internazionale*. Ritenere inopportuno far valere un Trattato come la Convenzione UNCLOS perchè qualcuno rischierebbe "di offendersi" costituirebbe un clamoroso passo indietro dal punto di visto del diritto e della sovranità. Non è certo questo l'esempio che l'Italia ha dato anche solo pochi anni fa, quando abbiamo portato la questione degli internati militari italiani (IMI) nel Terzo Reich dinnanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, ne e' questo l'esempio fornito dal caso Greenpeace (Olanda contro Russia) di cui ho già parlato sulla Pagina, ne quello degli ultimi giorni che riguarda sempre la Convenzione sul diritto del Mare, con le Filippine che hanno avviato la procedura di Arbitrato contro la Cina, aprendo così una controversia nel quadro Unclos che potrebbe essere seguita da Vietnam, Malaysia, Brunei e Taiwan, sul tema della giurisdizione sulla Zona Economica Esclusiva (ZEE) della "Second Thomas Shoal", la piattaforma continentale situata a 105 miglia nautiche dalla costa filippina e quindi all'interno delle 200 miglia fissate dall'Unclos per la ZEE di ogni stato costiero (la Cina rivendica anch'essa la giurisdizione economica in quella porzione di alto mare e sugli isolotti che vi si trovano): pur trattandosi di una questione estremamente complessa che coinvolge direttamente diversi altri Paesi della regione, con riflessi di grande portata sia economici che strategici, si prevede che il giudizio arbitrale sarà emesso nel giro di pochi mesi… Nel frattempo, per Latorre e Girone, alcuni autoproclamatisi "esperti di casa nostra" pontificano che l'Arbitrato Internazionale non è percorribile e che dovremmo lasciare illegittimamente processare  in India Massimiliano e Salvatore, quando e come gli indiani dovessero decidersi a farlo, sicuramente non prima dell'autunno… NO COMMENT…oppure commentiamo….?

 
Tra le molte letture che sicuramente arricchiscono la cultura del signore in questione pare mancare purtroppo quella più importante per il caso Latorre e Girone: l'allegato VII della Convenzione sul Diritto del Mare, ratificata anche dall'India. L'allegato VII prevede appunto la nomina "d'autorita'" del componente del Collegio di Arbitrato obbligatorio quando uno dei Paesi coinvolti si rifiuti di accettare la richiesta di Arbitrato…una procedura ampiamente illustrata - anche sulla mia pagina Facebook - dai più importanti internazionalisti ed esperti di Diritto del Mare. 
 
Se ho menzionato questo caso di curiosa e forse banale disinformazione sull'Arbitrato obbligatorio previsto dalla Convenzione UNCLOS, una disinformazione facilitata da certa stampa sensibile a tutti gli affarismi con l'India, proprio quando il Governo Renzi dopo dieci mesi di nulla di fatto del Governo Letta dice di voler perseguire l'Arbitrato obbligatorio e altre iniziative internazionali, è proprio perché preoccupa molto la rinnovata - e interessata - vitalità del "partito filoindiano" in questi giorni di ulteriori rinvii e rimescolamenti di carte, a New Delhi e non solo… E' come se ancora oggi, come nei dieci mesi del Governo precedente, dovesse valere assoluta e intatta la vergognosa decisione presa quel 22 marzo 2013 di affossare l'Arbitrato Obbligatorio proposto l'11 marzo 2013, rispedendo repentinamente in India i due Maro', senza garanzia o tutela alcuna, ignorando la Sovranità del nostro Paese su uomini in Divisa che lo rappresentano, per il timore che alcuni interessi economici - tutt'altro che limpidi - potessero prevalere su quelli della sicurezza e della dignità nazionale. 
 
I fautori del finto dialogo a tutti i costi, vorrebbero persino rinunciare all'affermazione dell'interesse nazionale attraverso le forme di tutela assicurateci dal diritto internazionale: secondo costoro, dovremmo zittirci perchè l'India è un paese di primo piano nella realtà globale e nel G20, e perché ci sarebbe "rischio di creare tensioni" derivanti dalla nostra decisione di "portare in giudizio" New Delhi dinanzi a una Corte dell'ONU. Argomenti *del tutto strumentali*, perché i Trattati in vigore sul Diritto del Mare *sono stati ratificati in piena libertà* dagli Stati che li hanno sottoscritti, dopo negoziati laboriosi che hanno portato a soluzioni accettate e condivise *da tutta la Comunità internazionale*. Ritenere inopportuno far valere un Trattato come la Convenzione UNCLOS perchè qualcuno rischierebbe "di offendersi" costituirebbe un clamoroso passo indietro dal punto di visto del diritto e della sovranità. 
 
Non è certo questo l'esempio che l'Italia ha dato anche solo pochi anni fa, quando abbiamo portato la questione degli internati militari italiani (IMI) nel Terzo Reich dinnanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, ne e' questo l'esempio fornito dal caso Greenpeace (Olanda contro Russia) di cui ho già parlato sulla Pagina, ne quello degli ultimi giorni che riguarda sempre la Convenzione sul diritto del Mare, con le Filippine che hanno avviato la procedura di Arbitrato contro la Cina, aprendo così una controversia nel quadro Unclos che potrebbe essere seguita da Vietnam, Malaysia, Brunei e Taiwan, sul tema della giurisdizione sulla Zona Economica Esclusiva (ZEE) della "Second Thomas Shoal", la piattaforma continentale situata a 105 miglia nautiche dalla costa filippina e quindi all'interno delle 200 miglia fissate dall'Unclos per la ZEE di ogni stato costiero (la Cina rivendica anch'essa la giurisdizione economica in quella porzione di alto mare e sugli isolotti che vi si trovano): pur trattandosi di una questione estremamente complessa che coinvolge direttamente diversi altri Paesi della regione, con riflessi di grande portata sia economici che strategici, si prevede che il giudizio arbitrale sarà emesso nel giro di pochi mesi… 
 
Nel frattempo, per Latorre e Girone, alcuni autoproclamatisi "esperti di casa nostra" pontificano che l'Arbitrato Internazionale non è percorribile e che dovremmo lasciare illegittimamente processare in India Massimiliano e Salvatore, quando e come gli indiani dovessero decidersi a farlo, sicuramente non prima dell'autunno… NO COMMENT…oppure commentiamo….?
 
Fonte:  https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?hc_location=timeline

martedì 1 aprile 2014

Una legittima domanda al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano


Qualcuno deve chiedere al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come mai ha permesso il rientro in India di due militari Italiani per ben due volte, nel momento in cui veniva paventata l'ipotesi della pena di morte? Questa domanda se la chiedono a gran voce tutti gli italiani, ma non vi è mai stata data risposta.
 

Forse la motivazione sta proprio in questo video di YouTube.....

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Pf0KtpKDsj8

L'india ci prende in giro Marò, doccia gelata: rinvio a luglio e pericolo carcere

A una buona notizia che è solo un pezzetto del puzzle segue naturalmente la notizia cattiva, ed è tanto grossa quanto prevedibile, quanto soprattutto significativa che con le chiacchiere, caro Matteo Renzi, non si piegano gli indiani ma neanche si prendo per i fondelli a lungo gli italiani.

Che non bastasse per cantare vittoria (...). Presi in giro dagli indiani Nuova doccia gelata sui marò Rinvio a luglio e rischio carcere l'annullamento delle indagini della Nia, l'antiterrorismo indiano che aveva impazzato per due anni contro i due marò e contro la nostra sovranità, era evidente; che tanto presto Latorre e Girone sarebbero ufficialmente entrati nella campagna elettorale e che il palleggio tra Corte Suprema e Tribunale Speciale avrebbe sputato addirittura un rinvio a luglio, è un incubo, prevedibile tutto, ma sempre incubo.

Adesso le chiacchiere sono esaurite, Palazzo Chigi, dove con piglio brusco e giovanile si lavora fin dall'alba, ci faccia sapere nell'ordine: che cosa aspetta il governo per formalizzare l'arbitrato, per adire il Consiglio di sicurezza, per accompagnare alla porta, sbattendola, l'incaricato del governo Letta e finora anche di Renzi, ancor prima sottosegretario agli Esteri, ma sempre incapace e inetto, Staffan de Mistura. Sarebbe gradita una qualche agitazione proficua della cosiddetta opposizione, finora molto cauta con l'eccezione di Fratelli d'Italia che ha chiesto formalmente una commissione d'inchiesta sulla storiaccia, seguito ora dai 5stelle di Grillo; con l' eccezione di un appello a candidare alle europee Latorre e Girone, avanzato ufficialmente da Elio Vito di Forza Italia, ipotesi suggestiva ma non so quanto praticabile per molte e non tutte nobili ragioni.
 
Le notizie di ieri. Il tribunale speciale indiano, dopo aver preso atto della sospensione del procedimento penale decisa tre giorni fa dalla Corte Suprema, ha fissato l'udienza al 31 luglio, ben dopo le elezioni politiche, tra quattro mesi. In piena campagna elettorale il premier del partito nazionalista indiano, Narendra Modi, attacca Sonia Gandhi, leader del Partito del Congresso al governo, sulla vicenda dei fucilieri e chiede perché non sono in carcere, speculando sulle origini italiane per lave rità ormai molto poco sentite dalla signo ra; come riporta 1' Hindustan Times, dice: «Signora Sonia, dal momento che lei ha contestato il nostro patriottismo, vogliamo sapere in quale prigione vengono tenuti i due marò italiani». Se Modi dovesse vincere, e perfino alla fine della campagna se il partito dei Gandhi si sentisse in seria difficoltà, l'ipotesi di togliere la custodia all'ambasciata italiana per restituirla al tribunale, dunque alle galere indiane, diventerebbe non solo possibile, probabile.
 
Inattesa trepidante di notizie sul futuro prossimo venturo, pesco da un articolo del Generale Fernando Termentini, pubblicato sul suo blog La voce di un italiano, due domandine sul passato alle quali una commissione d'inchiesta magari potrebbe rispondere. Come mai, nonostante Massimiliano Latorre e Salvatore Girone fossero indagati per omicidio volontario non è stato adottato nei loro confronti alcun provvedimento restrittivo, primo fra tutti la possibilità di espatrio, rinuncia che di fatto ha conferito prevalenza e precedenza all'indebita azione giudiziaria indiana.?
Chi ha deciso il «risarcimento ai fini umanitari» delle famiglie dei due poveri pescatori morti, elargendo 145mila euro? 
 
Un riconoscimento di responsabilità e non un semplice «atto di generosità», come a suo tempo si giustificò l'ex ministro della Difesa Di Paola. Non è chiaro chi abbia autorizzato pagamenti sicuramente non imputabili ai capitoli della gestione corrente dell'amministrazione dello Stato né tantomeno della Difesa. Non risulta, infatti, che siano previste voci di spesa titolate «risarcimento ai fini umanitari» o «per atti umanitari». Fondi riservati, autorizzati dall'allora premier, per questi bei risultati?
 
Fonte: Libero.it 
di MARIA G. MAGLIE