giovedì 31 luglio 2014

Marò in India: ancora un rinvio alla nostra Dignità. Lettera aperta al Ministro Federica Mogherini. Cap II

Carissima Federica Mogherini,

la Corte Speciale indiana rinvia al 14 ottobre (senza specificare l'anno) la presentazione in aula dei capi d'accusa per i due Fucilieri di Marina ostaggi del loro Governo. 

Arrivati sin qui, penso che solo dei fatti ecclatanti potrebbero dare una svolta alle situazione attuale. E per ecclatanti, non intendo certo violenti. Per fatti ecclatanti intendo quei semplici ATTI DIPLOMATICI che sino ad ora sono mancati. Le motivazioni della latenza, cara Ministro, lei le conosce molto bene, quindi non voglio assolutamente ricordargliele.

IL Ministro Terzi le sue azioni Diplomatiche le aveva tentate e nel momento più decisivo, "qualcuno" ha ORDINATO il rientro dei marò in India. Ci aveva provato, ma siccome era considerato un ''tecnico'' del governo più ibrido che l'Italia ha mai avuto, non venne ascoltato. 

È ORA DELL'ORGOGLIO. È ORA DI VINCERE!!!!
 
Le mie proposte sono semplici, ma le assicuro Ministro Federica Mogherini, che la Dignità di una Nazione ma pure il Made in Italy, le nostre piccole aziende in difficoltà, i disoccupati, gli esodati, i militari in missione e chi più ne ha più ne metta, han bisogno di vedere delle AZIONI DECISE da parte sua e vostra. 

L'AMBASCIATORE INDIANO DEVE SUBIRE LO STESSO TRATTAMENTO DEL NOSTRO MANCINI (marzo 2013). GLI SI INTIMI IL DIVIETO DI LASCIARE L'ITALIA FINO A NUOVO ORDINE.

La Magistratura in questi giorni, ha cercato di mettere una "toppa" al danno creato con le tangenti Finmeccanica. Sembra che questa archiviazione giochi a favore dei nostri fucilieri, o comunque riesca e gettare un po' di acqua sul fuoco. L'antagonista numero uno, Ghandi, è stata sconfitta alle elezioni, così come tutto il suo staff, non aspettiamo oltre. 

IL 12 Dicembre saranno 1.000 GIORNI di mancata Libertà di due nostri connazionali. Riprendo con orgoglio le parole del mio amico Luca Barisonzi che dice rivolgendosi a Latorre e Girone

ANCORA IN INDIA,
ANCORA UN RINVIO,
ANCORA...

NOI ORA E SEMPRE VI SAREMO ACCANTO,RICORDANDO CHE CIO' CHE IL PAESE STA FACENDO O NON STA FACENDO PER VOI LO STA FACENDO O NON FACENDO AD OGNI MILITARE ITALIANO.
 

  e io aggiungo a tutela di TUTTI I CITTADINI ITALIANI.


Sappiamo che i due militari sono sotto indagine alla Procura di Roma, la quale ha raccolto a marzo scorso un lungo interrogatorio dei due, dal quale emergerebbero numerosi spunti che dimostrerebbero la loro innocenza. Sappiamo anche che esiste un lavoro certosino, costruto con l'unico materiale a disposizione, documenti, filmati e quant'altro, che provano l'ESTRANEITA' AI FATTI di Latorre e Girone. Parlo dell'Analisi Tecnica di Luigi Di Stefano (https://www.facebook.com/Enrica.Lexie.maro.Latorre.Girone).

Non vada in vacanza Ministro Federica Mogherini, almeno fino a che questo bruttissimo capitolo della nostra nazione, sia chiuso degnamente. Non consideri una normale prassi un rinvio dopo l'altro delle udienze. Solo creda nel popolo italiano, che crede nelle Forze Armate, che con alcuni reparti, rappresentano ancora oggi l'élite a livello mondiale. 

Sperando in una Sua risposta, le pongo i miei più Cordiali Saluti 

Nicola Marenzi 


mercoledì 30 luglio 2014

Canzoncina goliardica della Folgore: la verità si fa strada

Mentre sono passati oltre 2 anni e mezzo dall’arresto dei nostri Marò e 18 mesi da quando sono stati rimandati in India, i vertici delle Forze Armate italiane, nello specifico tramite lo Stato Maggiore dell’Esercito, pensano bene – probabilmente dietro pressioni politiche - di aprire un’inchiesta sulla Folgore.


Il grave crimine sul quale si indaga alacremente è una canzoncina goliardica cantata in occasione di un raduno di ex paracadutisti (presente anche un reduce di El Alamein) presso una caserma senese. La stampa illuminata italiana plaude all’inchiesta. “Un inno fascista caro anche agli ultrà della Lazio”, tuona  Il Fatto Quotidiano. “Stornello fascista”, gli fa eco indignata Repubblica.
Peccato che la canzone, che con testo modificato viene cantata da anni nelle caserme, sia originariamente un canto degli Arditi, risalente quindi alla prima guerra mondial.
Se non ci conoscete guardateci dall’alto  Noi siam le fiamme nere del battaglion d’assalto.  Bombe a man e colpi di pugnal. 
 
Se non ci conoscete guardateci sul viso  veniamo dall’inferno, andiamo in paradiso.  Bombe a man e colpi di pugnal. 
 
E se l’artiglierìa fa il suo bombardamento

l’Ardito va all’assalto veloce come il vento.  Bombe a man e colpi di pugnal. 
 
Ci han messo sul trofeo un cipresseto nero  e ci hanno riservato un posto al cimitero.  Bombardier tira la bomba ben.
Certo, anche se sarebbe bastata una ricerchina su Google per scoprire la verità, scrivere che si trattava di  una canzone di epoca pre-fascista avrebbe fatto molto meno scalpore. 
Alla canzone originale, peraltro, sono seguite innumerevoli versioni con testo modificato. Tra queste una in epoca fascista, è vero, ma ad esempio anche una - magari saperlo avrebbe  piacere ad alcuni dei lettori dei due portali news citati – degli Arditi del Popolo.
Tra le versioni del dopoguerra, anche quella cantata dai militari della Folgore, incentrata sull’orgoglio paracadutista (Se non ci conoscete, guardateci dall’alto / noi siamo i paraca del battaglion d’assalto) e sulla tradizionale rivalità coi fanti con i relativi sfottò (Paraca e lupi neri giocavano a scopone / han vinto i paraca con l’asso di bastone). Nulla a che vedere insomma con la politica, molto con la goliardia interna ai reparti dell’Esercito.
Ma quello che più sembra aver scandalizzato i solerti organi di stampa è un riferimento finale e irriverente alla bandiera rossa. “Ecco, lo dicevamo noi che la Folgore è un covo di fascisti!” Peccato però che il rosso, e torniamo agli sfottò, sia il colore della fanteria. Del resto anche i fanti, nelle loro canzoni, prendono in giro l’azzurro dei paracadutisti. Speriamo che in quel caso non insorga Forza Italia.
Insomma, al netto delle risorse umane e economiche che verranno impiegate nell’accurata ‘indagine’, questa vicenda sarebbe semplicemente farsesca se sullo sfondo non si intravedesse l’ennesimo attacco proveniente da sinistra, e non solo, ai reparti d’élite italiani ammirati nel mondo. Quella di Folgore o Lagunari pronti a chissà quale avventuristico colpo di mano sembrerebbe del resto, da lungo tempo, una delle psicosi ricorrenti dell’ intellighenzia, o sedicente tale, italiana.
Più banalmente, forse altri si preoccupano invece a torto o a ragione che sia troppo bassa in quei reparti la concentrazione di elettori del Pd e di Sel. In ogni caso, meglio non prendere questa campagna anti-Folgore troppo sotto gamba, e vigilare.
Fonte:  http://www.ilprimatonazionale.it/

Canzoncina goliardica della Folgore: la verità si fa strada


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Mentre sono passati oltre 2 anni e mezzo dall’arresto dei nostri Marò e 18 mesi da quando sono stati rimandati in India, i vertici delle Forze Armate italiane, nello specifico tramite lo Stato Maggiore dell’Esercito, pensano bene – probabilmente dietro pressioni politiche - di aprire un’inchiesta sulla Folgore.
Il grave crimine sul quale si indaga alacremente è una canzoncina goliardica cantata in occasione di un raduno di ex paracadutisti (presente anche un reduce di El Alamein) presso una caserma senese. La stampa illuminata italiana plaude all’inchiesta. “Un inno fascista caro anche agli ultrà della Lazio”, tuona  Il Fatto Quotidiano. “Stornello fascista”, gli fa eco indignata Repubblica.
Peccato che la canzone, che con testo modificato viene cantata da anni nelle caserme, sia originariamente un canto degli Arditi, risalente quindi alla prima guerra mondial.

Se non ci conoscete guardateci dall’alto  Noi siam le fiamme nere del battaglion d’assalto.  Bombe a man e colpi di pugnal. 
 
Se non ci conoscete guardateci sul viso  veniamo dall’inferno, andiamo in paradiso.  Bombe a man e colpi di pugnal. 
 
E se l’artiglierìa fa il suo bombardamento

l’Ardito va all’assalto veloce come il vento.  Bombe a man e colpi di pugnal. 
 
Ci han messo sul trofeo un cipresseto nero  e ci hanno riservato un posto al cimitero.  Bombardier tira la bomba ben.

Certo, anche se sarebbe bastata una ricerchina su Google per scoprire la verità, scrivere che si trattava di  una canzone di epoca pre-fascista avrebbe fatto molto meno scalpore. 

Alla canzone originale, peraltro, sono seguite innumerevoli versioni con testo modificato. Tra queste una in epoca fascista, è vero, ma ad esempio anche una - magari saperlo avrebbe  piacere ad alcuni dei lettori dei due portali news citati – degli Arditi del Popolo.

Tra le versioni del dopoguerra, anche quella cantata dai militari della Folgore, incentrata sull’orgoglio paracadutista (Se non ci conoscete, guardateci dall’alto / noi siamo i paraca del battaglion d’assalto) e sulla tradizionale rivalità coi fanti con i relativi sfottò (Paraca e lupi neri giocavano a scopone / han vinto i paraca con l’asso di bastone). Nulla a che vedere insomma con la politica, molto con la goliardia interna ai reparti dell’Esercito.

Ma quello che più sembra aver scandalizzato i solerti organi di stampa è un riferimento finale e irriverente alla bandiera rossa. “Ecco, lo dicevamo noi che la Folgore è un covo di fascisti!” Peccato però che il rosso, e torniamo agli sfottò, sia il colore della fanteria. Del resto anche i fanti, nelle loro canzoni, prendono in giro l’azzurro dei paracadutisti. Speriamo che in quel caso non insorga Forza Italia.

Insomma, al netto delle risorse umane e economiche che verranno impiegate nell’accurata ‘indagine’, questa vicenda sarebbe semplicemente farsesca se sullo sfondo non si intravedesse l’ennesimo attacco proveniente da sinistra, e non solo, ai reparti d’élite italiani ammirati nel mondo. Quella di Folgore o Lagunari pronti a chissà quale avventuristico colpo di mano sembrerebbe del resto, da lungo tempo, una delle psicosi ricorrenti dell’ intellighenzia, o sedicente tale, italiana.

Più banalmente, forse altri si preoccupano invece a torto o a ragione che sia troppo bassa in quei reparti la concentrazione di elettori del Pd e di Sel. In ogni caso, meglio non prendere questa campagna anti-Folgore troppo sotto gamba, e vigilare.

Fonte:  http://www.ilprimatonazionale.it/

martedì 29 luglio 2014

Finmeccanica: archiviato procedimento elicotteri India


La Procura di Busto Arsizio ha archiviato il procedimento nei confronti di Finmeccanica in merito alla fornitura dei 12 elicotteri Aw101 VVip al Governo indiano, oggetto di accordi del 2010. E' quanto si legge in una nota del gruppo italiano, in cui si sottolinea che la procura ne ha riconosciuto l'estraneita' ai fatti contestati. 

La procura, spiega la nota del gruppo, ha infatti "riconosciuto, da un lato, l'estraneita' di Finmeccanica rispetto ai fatti contestati e, dall'altro, che Finmeccanica, sin dal 2003, ha adottato - e, successivamente, costantemente aggiornato - un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello contestato, rivolgendo grande attenzione anche agli aspetti di compliance, al fine di garantire adeguati standard di correttezza ed eticita'". 

Inoltre, si legge ancora nel comunicato, AgustaWestland e la sua filiale inglese, unitamente al Pubblico Ministero, "hanno deciso di chiedere l'applicazione di sanzioni amministrative di natura pecuniaria di limitata entita' nei propri confronti, confermando anch'esse l'efficacia dei rispettivi sistemi di controllo e la sostanziale estraneita' nei confronti dei fatti ipotizzati di corruzione contestati dalla Procura. Resta quindi esclusa qualsiasi ammissione di addebito da parte delle due aziende". 

Le due societa', infine, hanno assunto tale decisione in funzione della radicale riorganizzazione del Gruppo Finmeccanica, sulla base della volonta' di concentrarsi sulle attivita' di impresa e cogliere appieno tutte le potenzialita' del mercato.

Fonte: (ANSA) - ROMA, 29 LUG

Marò in India: Lettera aperta di un cittadino italiano al Ministro degli Esteri Federica Mogherini.

Sig.ra Ministro Federica Mogherini,
la credibilità internazionale dell’Italia è stata gravemente intaccata. I due fucilieri di marina attendono il loro processo senza certezze sui tempi, sulle modalità, sulla possibilità concreta di difendere i propri diritti. 
La riconsegna dei due militari (perché tale era stata la decisione finale di farli rientrare in India) ad un ordinamento in cui è prevista la pena capitale è stata effettuata con leggerezza e sicuramente contrasta con la chiara giurisprudenza della Corte Costituzionale. 
La tardiva revoca da parte della Corte Suprema indiana del divieto per il nostro ambasciatore di lasciare il Paese senza autorizzazione della stessa Corte costituisce una inaudita violazione del diritto diplomatico, senza precedenti nell’epoca moderna. I molteplici errori compiuti da parte italiana giustificano, a parere di chi scrive, di definire questa vicenda come la “Caporetto” diplomatica, politica e giudiziaria del terzo millennio. 
Mancano due giorni  e qui tutto tace. Il tribunale speciale indiano che ha stabilito il rinvio dell’udienza sul caso marò al 31 luglio, dovrebbe formulare i capi d'accusa nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Ma visto e considerato che non lo farà, perchè gli è giunta probabilmente voce che esistono prove schiaccianti relative alla loro estraneità ai fatti (http://www.seeninside.net/piracy/it-down.htm), sarebbe auspicabile un suo viaggio in India, visto e considerato che l'ultimo responsabile del suo Dicastero che i Fucilieri di Marina hanno visto, è stato Giulio Terzi. 
Vada Mnistro, parli direttamente con Modi, dimostri che dalla sconfitta - come ci insegna la storia - si è pervenuti alla vittoria. Questo è l’auspicio, per i nostri fucilieri di marina, per le loro famiglie, per la credibilità internazionale dell’Italia.
di Nicola Marenzi 

lunedì 28 luglio 2014

Roma: le vite dei 2 marò per il governo italiano non valgono niente?

Dimenticati da due anni e mezzo in India:sembra che la sorte dei due fucilieri del S.Marco Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, non interessi al governo italiano.Cosa stanno facendo di concreto in queste ore, in questi giorni, i nostri politici per riportare a casa i due militari italiani?"Niente"è la risposta da dare,perchè oltre a sentire le solite parole di circostanza non si vede ancora nessun risultato concreto, eccettuate le iniziative del Presidente della Commissione Difesa, il deputato Elio Vito. 

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Non si vede nemmeno lontanamente la prospettiva di un loro rientro in Italia,magari prima di Ferragosto.Sì perchè tra un pò inizia il mese di agosto, e crisi non crisi l'Italia è come se si bloccasse, andasse in letargo:tutti in ferie o quasi(chi un lavoro ce l'ha ancora e può permettersi di pagarsi le vacanze), soprattutto i politici italiani."Ne riparleremo a settembre" forse sarà l'espressione più utilizzata per rinviare ancora una volta la risoluzione della triste e vergognosa vicenda dei due militari italiani dimenticati dal governo.

Dimenticati dal governo, ma non dagli italiani e da un gruppo, quello del del "Club degli Incazzati" che su Twitter e su Facebook che si danno da fare per mantenere vivo l'interesse sulla vicenda(hanno anche organizzato il primo selfie-strom del web per i due fucilieri del S.Marco).Ricevo e pubblico volentieri l'apello della portavoce del "Club degli Incazzati"Marianna Del Rio, a proposito del caso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone:

Dopo aver letto due tweet di Renzi e della Mogherini, ogni speranza ci abbandona!
Tanto fieri dei risultati ottenuti in altre faccende estranee all'Italia e agli Italiani, solo una è la domanda che ci frulla in testa:
 
Davvero così poco valgono le vite di due militari che durante l'esercizio del proprio dovere, vengono sequestrati e trattenuti in un paese che, a distanza di 2 anni e mezzo, non ha ancora deciso un capo d'accussa e gioca su una serie di rinvii a cui nessuno si oppone?
 
Dov'è quella solidarietà tipica di cui l'Italia tanto si vanta verso tutti i casi umani del mondo?
 
La vergogna si mescola al disgusto, nel vedere i nostri "politicanti" farsi in quattro e dimenarsi in strategie disarmanti, pur di far vedere il "nostro altruismo", ma nulla fanno ed a quanto pare... nulla possono, di fronte alla sfrontatezza di uno stato che sequestra, non solo due Italiani, ma bensì due rappresentanti della nostra Marina Militare che stavano svolgendo una missione per conto della Stato Italiano!
 
Con prove dubbie, accuse mai realmente formulate, rinvii senza ritegno!
 
Fossero stati "bel altri personaggi" tutti avrebbero speso una parola per loro!
Purtroppo, i nostri Max e Salvo, appartengono al "gruppo" sbagliato!
 
Purtroppo solo gli Italiani con la "I" maiuscola, si interessano a loro... e noi valiamo meno di zero... rispetto al resto del mondo!
 
Per questo lanciamo l'ennesimo appello, che nessuno ascolterà... che arriva dal nostro cuore, sincero, spontaneo, ma soprattutto esasperato da questa assurda ed inascoltata vicenda!
Stampa e Tv se ne fregano, ma noi perseveriamo nella nostra battaglia!
 
Vi lasceremo in pace solo nel momento in cui Max e Salvo scenderanno da quell'aereo che finalmente li riporterà a casa!
 

Marianna Delrio

Marò in India: il vero colpevole della vicenda è l'INFORMAZIONE!!!!!



AnsaNon ci dovrebbe essere un ITALIANO che non fosse informato sulla vicenda, altro che anti militarismo (celato comunista)!!!! Non ci dovrebbe essere un ITALIANO che non fosse interessato alla ricerca della verità sulla vicenda che vede i nostri connazionali in OSTAGGIO del Governo Indiano con la complicità di quello Italiano!!!!!


Preferiamo martellarci i genitali e seguire la Concordia con la Famiglia Renzi spettatrice, ma le parole del Premier ci bastano a rassicurarci "Nessun festeggiamento, ma grazie a tutti. Impresa mai vista, ingegneri italiani straordinari": lui si è pulito la coscienza e noi..... pure!!!

Il rappresentante degli indiani in Italia, Vinod Sahai, già un anno e mezzo fa aveva trovato una soluzione per far rientrare in Italia Latorre e Girone. Ma, essendo egli indiano, il governo di Monti lo bloccò. Cosa che gli Italiani non sanno!!!!

Luigi di Stefano ha elaborato l'Analisi Tecnica che scagiona i Marò da ogni ipotetico capo d'Imputazione e conclude la sua relazione sostiene che l'impianto accusatorio è viziato da:
  1. indagini omissive verso altri potenziali colpevoli;
  2. distruzione dei reperti giudiziari;
  3. negata ammissione dei Consulenti Tecnici della difesa;
  4. secretazione degli atti processuali dopo l'incriminazione formale;
  5. grave indizio di costruzione di false prove a carico;
  6. omissione di elementi a difesa;
  7. completa inattendibilità dei testimoni a carico;
  8. costruzione di falso scenario da parte della Guardia Costiera.
Ce ne è abbastanza per invalidare qualsiasi accusa e arrivare al proscioglimento dei due accusati.
Il sottoscritto non può che invocare la "ragionevolezza", le regole del processo penale sono identiche in tutto il mondo, e dovunque i processi e le condanne si fanno con le prove esibite dall'accusa. E in questo caso siamo molto ma molto lontani.

Ma l'Italiano che fa??? Condivide gli stati in Facebook di Matteo Salvini e gli mette pure 11.461 "mi piace", ma poi??? Nulla, torna da dove è venuto"!!!
Eppure il Segretario della Lega era andato giù pesante nel Parlamento Europeo Salvini attacca Renzi: "Aiutiamo gli sfigati di tutto il mondo, non dei marò"
"Non una parola sui marò - sottolinea Salvini - ci occupiamo dei diritti delle donne in Pakistan, giusto. Dei cristiani perseguitati in Nigeria... In questo palazzo troviamo ipocrisia e menzogna: due soldati italiani, e quindi europei, sono da due anni in galera in India e qui ci occupiamo degli sfigati di tutto il mondo, ma non dei nostro soldati".


Ad un Amico carissimo alcuni giorni fa, veniva posta una domanda Ci svela qualche “trucco del mestiere” nella gestione di delicate negoziazioni internazionali? Quali sono le cose da fare, e quelle da “non fare mai”…?
Foto: I RETROSCENA…DI UN AMBASCIATORE! Cari amici, mi hanno "strappato" un intervista *non convenzionale* che mixa politica estera, vita personale, aneddoti accaduti durante la mia carriera…e altri temi intriganti! Qualcuno l'ha notata sul web e più persone mi hanno chiesto di rilanciarla sulla Pagina…eccovi dunque - per chi fosse interessato - il link all'intervista con un po' di "retroscena di un Ambasciatore", grazie a "Italia Post" per l'ospitalità, e buon fine settimana a tutti!! :) http://www.italiapost.info/147921-a-lezione-ditalia-in-assoluta-esclusiva-intervista-ip-allex-ministro-giulio-terzi/A. Negozia sulla base di principi, non di posizioni.
B. Distingui e separa le persone dal problema, senza consentire all’emotività di interferire con una valutazione obiettiva, mantenendo la tua indipendenza di giudizio.
C. Focalizza gli interessi che sei chiamato a sostenere.
D. Elabora opzioni che consentano a tutte le parti di guadagnare dal negoziato.
E. Insisti sull’utilizzo di criteri obiettivi.
Vero è che per far fronte a questi capisaldi della Diplomazia, il Diplomatico di turno deve possedere, oltre alla virtù, almeno i Valori necessari. 

Ma oggi mi scaglio solo ed esclusivamente con la nostra Informazione "LA STAMPA DI REGIME" che è VIZIATA dai Poteri Forti che risiedono nel nostro Parlamento e in quello Europeo. Purtroppo gruppi di pressione, interessi settoriali e potentati politici dettano l’agenda a Governi e Parlamenti, i quali ben difficilmente si impegnano per raggiungere obiettivi di lungo periodo in grado di avere ricadute positive anche al di fuori dei propri confini.

E' ora di riprenderci le proprie Sovranità...... GIORNALISTI, SVEGLIA AVETE UN POTERE A FAVORE DEL POPOLO CHE NESSUNO HA!!!!!

di Nicola Marenzi
 

Potrebbe interessarti: http://www.today.it/politica/salvini-discorso-parlamento-europeo-maro.html
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Lassù qualcuno vi ama


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PISA «Allora, avete capito bene? Reclinate la testa sulle nostre spalle, portate avanti il bacino, incrociate le braccia sul petto, piegate una gamba all’indietro a 90 gradi e poi saltate!». Saltare giù? Ma chi ce l’ha fatto fare. Sembra facile, a sentire Andrea e Vincenzo, «piloti» istruttori della Folgore che ci accompagnano al portellone dell’elicottero affacciato su quattromila metri di nulla assoluto. Sono appiccicati a noi, e fra qualche istante ci accompagneranno nel salto in tandem da un’altezza folle e poco consigliabile a chi soffre d’acrofobia: 4.300 metri sono tanti, tanti davvero, credeteci. Lì sotto, lontanissimi e sbiaditi come in un vecchio film rovinato dall’uso, s’intravedono campi rettangolari, strade, automobili. In lontananza il mare della Toscana, intorno solo aria fresca e qualche nuvola. Tra noi e lo schianto sul terreno a 200 all’ora - pensiamo - ci sono solo i due angeli custodi della Folgore e i paracadute piegati nel sacco color bianco sporco che indossano. Ci siamo. C’è l’ok al lancio. Assicurati l’uno all’altro a quattro ganci metallici delle due imbracature, ci avviciniamo, camminando come due geishe giapponesi, un passetto dopo l’altro. «Vai!», grida il pilota. Una «testata» all’aria e piombiamo insieme nell’abisso senza fine. Precipitiamo come sassi verso il basso, in caduta libera. Voliamo.

MARCIA NOTTURNA La nostra «giornata» con la Brigata Folgore, fiore all’occhiello dell’Esercito, comincia la sera precedente. È mezzanotte. La caserma è avvolta nel silenzio. La ragazza sale le scale trafelata, passo lesto. È in mimetica, sulle spalle ha uno zaino da 25 chili ed è reduce da una marcia notturna di dieci chilometri. «È molto pesante?» le chiediamo. La replica è lapidaria, il tono risoluto, deciso, secco come una fucilata: «Abbastanza», risponde senza lamentarsi. L’aspirante «parà» è un’allieva del Centro addestramento dei paracadutisti della Folgore nella storica caserma di Pisa, dove le regole - antiche e reiterate - sono dedizione, coraggio, sacrificio. Un percorso duro, lo stesso per uomini e donne, difficile da concludere e che vede, infatti, quasi tre aspiranti paracadutisti su dieci mollare prima della fine. «Meglio così, per loro e per chi resta», osserva il comandante del Capar, colonnello Aldo Mezzalana, facendo intendere che sul campo di battaglia - quello vero dove la Folgore combatte in teatri di guerra lontani e durissimi - chi non ce la fa mette a rischio la vita dei suoi compagni. La raccomandazione per entrare, giurateci, qui non funziona.
 
L’ADUNATA  La mattina s’apre con l’alzabandiera, dopodiché il programma ci riserva il lancio dalla «torre dell’ardimento», poi dall’elicottero, quindi un’operazione con tecniche d’addestramento e scontri a fuoco messi in atto in Afghanistan. L’esperienza è da brividi, l’adrenalina scorre a fiumi, la paura è un fardello inutile perché qui, a forza di strappi da crepacuore, tutto funziona con la precisione di un cronometro svizzero. La Folgore è il cuore palpitante dell’esercito. Entrando nei loro segreti diventa anche cervello, professionalità, sprezzo del pericolo, spirito di squadra. Merito e meritocrazia questi ragazzi sembrano possederli dalla nascita. L’obiettivo, insistono a scanso di equivoci e sballati stereotipi mediatici, non è uccidere. È proteggere il gruppo, l’uomo che ti sta accanto, la bandiera che rappresenti e che onori con l’esempio.
 
LA TORRE La torre d’addestramento è infinita per un novizio: diciotto metri. «Non guardate di sotto», ci consigliano. Veniamo imbracati, scaliamo i gradoni, ci affacciamo giù. Non è un bel vedere, no davvero. «Allora, un piede avanti, l’altro indietro e, al mio comando, salta», spiega l’istruttore. E aggiunge: «Appena ti butti, piega verso il basso il collo, sennò la cinghia ti graffia». Il lancio, infatti, è frontale, lo scivolo lungo i cavi d’acciaio è a destra, come se ci gettassero da un aereo. Le raccomandazioni servono, ma sono inutili. Siamo troppo concentrati a non vedere cosa abbiamo sotto di noi. «Via!» urla l’istruttore. E noi andiamo, incrociando le dita, pregando tutti i santi nella speranza che tutto finisca bene e presto. Giunti a fine corsa veniamo recuperati. Un’emozione pazzesca, senza precedenti, inimmaginabile.
 
VOLARE Questo è nulla. Il vero lancio deve ancora arrivare. «Salteremo da 4000 metri», ci annunciano durante il breafing in un minuscolo aeroclub popolato da parà con migliaia di voli e di missioni impossibili oltre linee nemiche che ti sparano addosso. Indossiamo tutte blu. L’elicottero ci ospita e, salito su come un ascensore impazzito, torna alla base dopo aver scaraventato tutti di sotto. Volare con la Folgore dà una goduria infinita. La paura passa presto, delle ripetizioni a terra ricordiamo poco e ci facciamo condurre con l’aria che sferza il volto, le orecchie che quasi scoppiano. Siamo in caduta libera e schizziamo come proiettili a 200-220 km fino a quando, a 1500 metri dal suolo, apriamo l’«ombrello» e dolcemente, tra virate e controvirate, ci facciamo coccolare, sospesi nel cielo, impegnati (gli istruttori) a sfruttare correnti d’aria e traiettorie. Infine, planiamo, lentamente, delicatamente. Solleviamo le gambe, l’impatto con l’erba del campo di lancio è morbido, indolore. Emozionante e divertente. Ecco, ora pensate a questi ragazzi che di notte, con il nemico annidato sui monti dell’Afghanistan o in qualche palazzo di una città in guerra, schivano razzi e mitragliate che illuminano il buio.
 
L’AGGUATO La giornata, però, non è conclusa. Ci trasferiamo nel centro di Valle Uggione, ribattezzato per l’occasione «Uggionestad», villaggio che per il durissimo addestramento odierno sorge nei boschi del «Toscanistan». Ci attende una missione sui «Lince» con i ragazzi della 5° compagnia «Pipistrelli». Il loro motto è «Silenziosi e aggressivi». L’obiettivo del training è contattare un asserito capo villaggio e stabilire buoni rapporti con la comunità del luogo. Indossiamo giubbotti antiproiettile ed elmetti. Saliamo sugli stessi blindati che per anni hanno combattuto a Nassiriya o difeso popolazioni inermi in Kosovo. Dentro, la massima è 26 gradi, non osiamo pensare come deve essere ad Herat, dove di gradi ce ne sono 40. Quel che segue è un viaggio all’inferno, con agguati veri nel bosco, bombe camuffate sotto gli arbusti a bordo strada, raffiche di mitra, lanci di granate. Le esplosioni sono fortissime, sembra tutto maledettamente vero. Si fa sul serio. Le autoblindo che sgommano e scappano, le urla nella radio quando dagli alberi partono raffiche di kalashnikov. «Attivazione, attivazione!», impreca il comandante di squadra. Il mitragliere sulla torretta del blindato risponde con la «minimi» calibro 5.56m che in pochi secondi sputa 200 colpi (a salve, in questo caso). Bossoli veri, caldissimi, cadono nell’abitacolo. Sparano tutti, un delirio. Da brivido solo a pensare di esserci davvero in situazioni così. Distesi nella polvere rimangono tre (finti) terroristi, nel Lince un soldato ferito che urla come urlano i militari che si ritrovano gambe spappolate, braccia amputate, giubbotti antiproiettile traforati da esplosivi. Il quinto mezzo della colonna - sott’addestramento - è oggetto di un attentato simulato con uno Ied (Improvised Explosive Device), che tante vittime ha procurato anche all’Italia all’inizio dei conflitti in medio oriente. Qui parte l’operazione di bonifica per scongiurare altre bombe-esca (FOTO 4-5) . Questi ragazzi si muovono come fossero telecomandati, ognuno sa il fatto suo, e nessuno resta indietro.

Ecco. Questa è la Folgore. Noi l’abbiamo vissuta come in un videogame, provando di tutto. Molti dei ragazzi che ci hanno accompagnato in quest’avventura pazzesca, in Afghanistan ci sono stati davvero, hanno schivato la morte, soccorso i compagni, salutato feretri imbandierati dal tricolore. Altri partiranno presto. Chi parla male della Folgore non sa di cosa parla.

Fonte:  http://www.iltempo.it/

domenica 27 luglio 2014

Bravi a riportare a casa tutti. Tranne i nostri due marò

Prima fu la volta di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov riportata in Italia dopo l’assurda espulsione. Poi è toccato ai 31 bambini congolesi adottati da cittadini italiani, bloccati in Congo e infine fatti rientrare nel nostro Paese. A maggio l’Italia riesce a liberare Federico Motka, giovane cooperante italo-svizzero rapito in Siria. Infine un volo della presidenza del Consiglio italiana trasporta a Roma Meriam Yahia Ibrahim Isha, la cristiana condannata a morte in Sudan per apostasia.

Tutto molto bello, soddisfazione sacrosanta. Ma i due marò? Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono «trattenuti» in India da due anni e mezzo, fermati con il sospetto di aver ucciso, scambiandoli per pirati, due pescatori indiani e senza che per loro sia stato ancora formulato un capo d’accusa. E anche su di loro, proprio come sulla povera Meriam, pendeva, fino a quando non è stata scongiurata, la possibilità della pena di morte. Ma sono ancora là.

I quattro casi felicemente risolti erano sì diversi da quello dei due fucilieri italiani, ma anche complessi e delicati. Quello della Shalabayeva, ad esempio. Il 28 maggio 2013 a Roma la polizia cerca il dissidente kazako Ablyazov, ma nell’abitazione di Casalpalocco viene fermata la moglie con la figlia di sei anni. Con sé ha un passaporto falso. Due giorni dopo la questura firma la sua espulsione e dopo 24 ore madre e figlia vengono imbarcate su un volo per il Kazakistan. Il 31 luglio 2013 Ablyazov viene arrestato in Francia e suo figlio, su Facebook, scrive: «No all’estradizione com’è successo a Roma». Ma l’Italia non si arrende, continua a premere per ottenere il ritorno della donna, e il 24 dicembre 2013, vigilia di Natale, Shalabayeva ottiene il permesso di lasciare il Kazakhstan. Tre giorni dopo arriva in Italia con la piccola Aula e il 18 aprile scorso ottiene dal nostro Paese l’asilo politico. Il caso dei marò è diverso? Certo, ma dopo due anni e mezzo è una legittima spiegazione?

Anche per i 31 bambini congolesi l’impegno del governo italiano è stato continuo ed efficace. Nel dicembre scorso 26 famiglie adottive italiane, volate in Congo per portare a casa quelli che ormai sono loro figli, restano bloccate nel paese africano. Il ministro dell’Interno di Kinshasa ha appena sospeso le procedure di adozione. Intanto gli allora ministri degli Esteri e dell’Integrazione, Emma Bonino e Cécilie Kyenge, assicurano «il forte impegno» del governo mentre continuano «le pressioni» sulle autorità locali.

Il 28 maggio i 31 bambini atterrano a Ciampino con un airbus della presidenza del Consiglio. Ma, ancora una volta, i nostri marò?

Nel marzo 2013 l’Isis, Stato islamico dell’Iraq e del Levante, rapisce in Siria il 31enne Federico Motka, un cooperante italo-svizzero. Federico verrà torturato e trasferito più volte. I nostri servizi segreti lavorano sodo, silenziosamente, finché il 25 maggio, il ragazzo non viene rilasciato «grazie a un complesso e delicato lavoro dei nostri servizi di informazione e dell'Unità di crisi del ministero degli Esteri», si legge in una nota della Farnesina. Bene, più che bene. Ma Latorre e Girone?

Due giorni fa finisce anche l’incubo di Meriam. La giovane sudanese viene condannata a morte per apostasia. La sua «colpa» è di non voler abbandonare la fede cristiana per convertirsi all’islam. Sull’aereo con lei c’è il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, che appena mette piede a terra spiega che il caso di Meriam e quello dei marò «sono molto diversi» e che «il governo è impegnato pancia a terra a risolvere il caso dei fucilieri».

Ma quanto si dovrà ancora lavorare «pancia a terra» per vedere finalmente a casa, dalle loro famiglie, Massimiliano e Salvatore?

Fonte:  http://www.iltempo.it/

sabato 26 luglio 2014

ILLUSIONI DI MEZZA ESTATE…TRA ROMA E BRUXELLES!


Foto: ILLUSIONI DI MEZZA ESTATE…TRA ROMA E BRUXELLES! Il sostegno dato dal PdC Renzi alla Cancelliera Merkel sulla nomina di Jean Claude Junker alla Presidenza della Commissione Europea è stato determinante per far passare senza intoppi la linea tedesca… ma in cambio di cosa? Abbiamo visto dalle molteplici dichiarazioni di Schaubele (Ministro delle Finanze), Siebert (portavoce della Cancelleria), Weber (capogruppo tedesco al Parlamento Europeo) e della stessa Bundesbank come le speranze italiane di una maggiore "flessibilita" del Fiscal Compact siano evaporate completamente pochi minuti dopo la conclusione del Consiglio Europeo. E' questo il vero motivo per il quale il Governo sta preparando in questi giorni una pesante manovra correttiva di finanza pubblica che non farà che frenare ulteriormente la domanda interna italiana…? Con una crescita vicina allo zero - gli ultimi dati FMI ridimensionano allo 0,2% le aspettative dichiarate dal Governo sino a pochi giorni fa di un + 0,6% di PIL nel 2014 - si riaffaccia il rischio di un’ulteriore recessione, persino peggiore di quella vissuta fin’ora, perchè siamo ormai con un'inflazione vicina allo zero e con un debito pubblico che continua a crescere fuori controllo, con quasi 10 punti in più in neanche tre anni… Secondo il Governo Renzi, la flessibilità di Berlino avrebbe dovuto scongiurare tutto questo, ma - svanita ancora una volta l'illusione di un cambio di rotta mitteleuropeo sui temi economici - la "contropartita politica" al determinante appoggio italiano alla linea tedesca in favore di Junker doveva essere l'attribuzione al nostro Paese della carica di Alto Rappresentante per la Politica Estera, con tutti i poteri sanciti dal Trattato di Lisbona. Ciò avrebbe fatto dell'Alto Rappresentante il "n° 2" effettivo di Junker, riconoscendo a tale posizione quella di coordinatore di tutti gli altri Commissari che dispongono di competenze rilevanti per le relazioni esterne, per la sicurezza e la Difesa europee, la cooperazione internazionale, il commercio, l'energia, l'immigrazione, i Partenariati e l'allargamento, i diritti umani e le libertà religiose e di pensiero etc. Tale posizione di fatto “sovraordinata" rispetto agli altri Commissari avrebbe costituito un decisivo cambio di marcia nella "governance" dei rapporti internazionali dell'UE, perché un Alto Rappresentante per la Politica Estera UE con poteri da "Supercommissario" disporrebbe di leve molto importanti da azionare (anche) nell'interesse dell'Italia. Uno scenario che però parrebbe tramontato, dal momento che il bicchiere del "do ut des" Renzi-Merkel sembra drammaticamente vuoto… Ancora ben prima di insediarsi, Junker ha ridimensionato notevolmente poteri e competenze dell'Alto Rappresentante per la Politica Estera, dichiarando di voler essere lui a coordinare tutti i Commissari attraverso una sorta di Ufficio di Presidenza, e nel mettere avanti le mani il Presidente designato si è mosso in controtendenza rispetto a tutte le aspettative di potenziare la PESC (Politica Estera UE) e la PESD (Difesa comune UE): il successore della Ashton potrà infatti contare solo sui limitati strumenti del passato. Impossibile che la prematura mossa di Junker non sia stata accuratamente concordata con Angela Merkel, e questo è deludente per i molti che miravano legittimamente a un vero cambio di marcia dell’UE, necessario anche per dare risposte concrete alle istanze emerse del voto alle Europee di maggio scorso. La frenata di Junker gioca invece a favore dei Paesi interessati a “rinazionalizzare” la politica estera, come la Gran Bretagna e soprattutto la Germania: Berlino – che è parte irremovibile di tutti i gruppi negoziali ristretti, come il "Quad" atlantico (Usa, Uk, Francia, Germania) e il "5+1" sul nucleare iraniano, nonchè protagonista assoluta delle politiche Economiche e Monetarie UE - sta sempre più acquisendo una chiara leadership di politica estera, come dimostra il suo peso nella gestione della vicenda Ucraina, nel rapporto con la Russia, nella crisi siriana e nei condizionamenti al partenariato meridionale e mediterraneo in rapporto a quello orientale... e non è quindi affatto sorprendente che ai tedeschi convenga un Alto Rappresentante relativamente debole. In secondo luogo, l'inconsistenza della "contropartita" per l’Italia emerge ancor più evidente dopo la levata di scudi di una dozzina di partner Europei contro la candidatura del nostro Ministro degli Esteri Mogherini, anche se è bene ricordare come non abbiano certamente aiutato le nostre candidature all'UE così come al posto di Segretario Generale della NATO le ambiguità emerse negli ultimi tempi sulle nostre posizioni europee e atlantiche: talvolta ancor più timidi della stessa Germania nel sottolineare l’illegittimità dell'annessione Russa della Crimea, più ansiosi degli altri Paesi di intensificare i rapporti con l'Iran, ambigui sulla Siria, dove ci siamo trovati allo stesso tempo sia sulla lista “amici di Putin" che sulla lista “amici di Obama", in queste e in altre occasioni cruciali per l’UE ed essenziali per la politica estera nostra e di diversi nostri partner storici abbiamo dimostrato *incertezze e contraddizioni incomprensibili*... Come vado dicendo da tempo, vi sono importanti "compiti a casa" che dobbiamo fare per definire chiaramente e una volta per tutte i nostri interessi e il ruolo globale dell'Italia: diversamente, il prezzo che pagheremo sarà quello di un’Europa sempre più “in ordine sparso” e di un Italia debole all’interno di un’Europa ancor più debole sugli scenari internazionali… VOI COSA NE PENSATE?Il sostegno dato dal PdC Renzi alla Cancelliera Merkel sulla nomina di Jean Claude Junker alla Presidenza della Commissione Europea è stato determinante per far passare senza intoppi la linea tedesca… ma in cambio di cosa? 

Abbiamo visto dalle molteplici dichiarazioni di Schaubele (Ministro delle Finanze), Siebert (portavoce della Cancelleria), Weber (capogruppo tedesco al Parlamento Europeo) e della stessa Bundesbank come le speranze italiane di una maggiore "flessibilita" del Fiscal Compact siano evaporate completamente pochi minuti dopo la conclusione del Consiglio Europeo. 

E' questo il vero motivo per il quale il Governo sta preparando in questi giorni una pesante manovra correttiva di finanza pubblica che non farà che frenare ulteriormente la domanda interna italiana…? Con una crescita vicina allo zero - gli ultimi dati FMI ridimensionano allo 0,2% le aspettative dichiarate dal Governo sino a pochi giorni fa di un + 0,6% di PIL nel 2014 - si riaffaccia il rischio di un’ulteriore recessione, persino peggiore di quella vissuta fin’ora, perchè siamo ormai con un'inflazione vicina allo zero e con un debito pubblico che continua a crescere fuori controllo, con quasi 10 punti in più in neanche tre anni… Secondo il Governo Renzi, la flessibilità di Berlino avrebbe dovuto scongiurare tutto questo, ma - svanita ancora una volta l'illusione di un cambio di rotta mitteleuropeo sui temi economici - la "contropartita politica" al determinante appoggio italiano alla linea tedesca in favore di Junker doveva essere l'attribuzione al nostro Paese della carica di Alto Rappresentante per la Politica Estera, con tutti i poteri sanciti dal Trattato di Lisbona. Ciò avrebbe fatto dell'Alto Rappresentante il "n° 2" effettivo di Junker, riconoscendo a tale posizione quella di coordinatore di tutti gli altri Commissari che dispongono di competenze rilevanti per le relazioni esterne, per la sicurezza e la Difesa europee, la cooperazione internazionale, il commercio, l'energia, l'immigrazione, i Partenariati e l'allargamento, i diritti umani e le libertà religiose e di pensiero etc. 

Tale posizione di fatto “sovraordinata" rispetto agli altri Commissari avrebbe costituito un decisivo cambio di marcia nella "governance" dei rapporti internazionali dell'UE, perché un Alto Rappresentante per la Politica Estera UE con poteri da "Supercommissario" disporrebbe di leve molto importanti da azionare (anche) nell'interesse dell'Italia. Uno scenario che però parrebbe tramontato, dal momento che il bicchiere del "do ut des" Renzi-Merkel sembra drammaticamente vuoto… Ancora ben prima di insediarsi, Junker ha ridimensionato notevolmente poteri e competenze dell'Alto Rappresentante per la Politica Estera, dichiarando di voler essere lui a coordinare tutti i Commissari attraverso una sorta di Ufficio di Presidenza, e nel mettere avanti le mani il Presidente designato si è mosso in controtendenza rispetto a tutte le aspettative di potenziare la PESC (Politica Estera UE) e la PESD (Difesa comune UE): il successore della Ashton potrà infatti contare solo sui limitati strumenti del passato. Impossibile che la prematura mossa di Junker non sia stata accuratamente concordata con Angela Merkel, e questo è deludente per i molti che miravano legittimamente a un vero cambio di marcia dell’UE, necessario anche per dare risposte concrete alle istanze emerse del voto alle Europee di maggio scorso. 

La frenata di Junker gioca invece a favore dei Paesi interessati a “rinazionalizzare” la politica estera, come la Gran Bretagna e soprattutto la Germania: Berlino – che è parte irremovibile di tutti i gruppi negoziali ristretti, come il "Quad" atlantico (Usa, Uk, Francia, Germania) e il "5+1" sul nucleare iraniano, nonchè protagonista assoluta delle politiche Economiche e Monetarie UE - sta sempre più acquisendo una chiara leadership di politica estera, come dimostra il suo peso nella gestione della vicenda Ucraina, nel rapporto con la Russia, nella crisi siriana e nei condizionamenti al partenariato meridionale e mediterraneo in rapporto a quello orientale... e non è quindi affatto sorprendente che ai tedeschi convenga un Alto Rappresentante relativamente debole. 

In secondo luogo, l'inconsistenza della "contropartita" per l’Italia emerge ancor più evidente dopo la levata di scudi di una dozzina di partner Europei contro la candidatura del nostro Ministro degli Esteri Mogherini, anche se è bene ricordare come non abbiano certamente aiutato le nostre candidature all'UE così come al posto di Segretario Generale della NATO le ambiguità emerse negli ultimi tempi sulle nostre posizioni europee e atlantiche: talvolta ancor più timidi della stessa Germania nel sottolineare l’illegittimità dell'annessione Russa della Crimea, più ansiosi degli altri Paesi di intensificare i rapporti con l'Iran, ambigui sulla Siria, dove ci siamo trovati allo stesso tempo sia sulla lista “amici di Putin" che sulla lista “amici di Obama", in queste e in altre occasioni cruciali per l’UE ed essenziali per la politica estera nostra e di diversi nostri partner storici abbiamo dimostrato incertezze e contraddizioni incomprensibili... Come vado dicendo da tempo, vi sono importanti "compiti a casa" che dobbiamo fare per definire chiaramente e una volta per tutte i nostri interessi e il ruolo globale dell'Italia: diversamente, il prezzo che pagheremo sarà quello di un’Europa sempre più “in ordine sparso” e di un Italia debole all’interno di un’Europa ancor più debole sugli scenari internazionali. 

Fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?hc_location=timeline

Caso Marò, ecco come il Governo lavora sottotraccia per liberare Latorre e Girone

ROMA, 25 luglio 2014 - DUE ANNI e cinque mesi dopo, i tempi sono maturi per capire che fine faranno i fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Mentre sul caso marò va avanti il formale ‘scambio di vedute’ con l’India — il 18 aprile scorso l’Italia ha inviato una nota verbale alle autorità indiane, la quinta in due mesi, ma al quale ancora non c’è stata risposta — si negozia intensamente sottotraccia. A complicare inizialmente le cose sono state elezioni legislative indiane, che si sono svolte dal 7 aprile al 12 maggio, e hanno portato solo il 26 maggio alla nascita del nuovo governo. 


Il dossier è stato così esaminato dai nuovi ministri a giugno, e il primo atto è stata la richiesta di un parere legale dal dicastero degli Interni a quello della Giustizia. E qui potrà giocare un ruolo il neo nominato procuratore generale indiano che altri non è che Mokul Rohatgi, il principe del foro ingaggiato a peso d’oro dalla Farnesina. È vero che ha fatto sapere che si asterrà sul caso dei marò, ma ufficiosamente il suo parere avrà un peso.
 
Sulla trattativa diplomatica la decisione indiana in ogni caso sarà politica. E il premier Modi da ultranazionalista duro e puro può permettersi un gesto di clemenza.

SE ANCHE non dovessero esserci svolte clamorose gli indiani potrebbero però essere disponibili ad accettare senza fare le barricate la seconda opzione in mano all’Italia: quella dell’arbitrato internazionale. Secondo la Convenzione per il diritto del mare è possibile appellarsi a un tribunale arbitrale che può essere sia la Corte internazionale di giustizia sia il Tribunale internazionale del mare, che ha sede ad Amburgo. 

L’Italia — che ha allestito a questo proposito un collegio di nove giuristi ed esperti presieduto da Sir Daniel Bethlehem — intende fare ricorso a quest’ultimo. Sceglierà il proprio arbitro e si aspetta che l’India indichi il suo ed esprima l’intesa per la nomina dei tre arbitri indipendenti. L’aspettativa di una India che collabori almeno alla formazione del collegio arbitrale è alta alla Farnesina, dove si spera però in un vero cambio di passo di Narendra Modi. Se le cose andranno per il verso giusto, lo sapremo entro settembre.

Fonte: http://www.quotidiano.net/

venerdì 25 luglio 2014

In assoluta esclusiva, l’ex ministro Giulio Terzi su IP: “A lezione d’Italia” intervista di Salvatore Todaro

Oggi abbiamo per voi questo preziosissimo documento. Intervistare Giulio Terzi non è soltanto il piacere giornalistico di chiacchierare con l’ex ministro degli Esteri: ma è soprattutto andare come a lezione, a lezione d’Italia. 
 
In questa intervista parliamo di tutto: l’Ambasciatore Terzi ci descrive la Bellezza della sua carriera diplomatica e della sua vita, ci dà le dritte su come condurre una trattativa e sul futuro del nostro Paese, risponde alle mie domande su come finì l’avventura da ministro del governo Monti: cioè con quelle sue dimissioni, dopo il ritorno in India dei due Marò, che sono ancora là, Massimiliano e Salvatore.

Ambasciatore, quando e perché Lei ha iniziato la carriera diplomatica?
- Le relazioni internazionali mi hanno affascinato sin dai tempi del Liceo: nei primi anni sessanta, il mondo studentesco era ideologicamente e politicamente diviso sulle linee di frattura tra Est e Ovest, i valori atlantici contrapposti a quelli del “socialismo in un solo paese”, e si discuteva molto di tutti i problemi legati alla decolonizzazione di Africa ed Asia. A Giurisprudenza pensavo inizialmente di formarmi come avvocato internazionalista, ma una borsa di studio della Farnesina mi stimolo nel partecipare al Concorso Diplomatico. E’ stato l’inizio di una storia professionale durante la quale ho avuto il privilegio di lavorare con personalità di spicco della nostra Diplomazia, come Corrado Orlandi Contucci, Franco Malfatti, Paolo Fulci, Umberto Vattani.

Ma fu uno zio, al quale mia madre era molto legata, a darmi un esempio prezioso: Renato Bova Scoppa, un diplomatico di sconfinati interessi e curiosità culturali, di una passione unica per la Carriera, e di una fedeltà assoluta al Paese, che aveva servito, ancor prima di entrare in diplomazia, da valoroso ufficiale durante la I guerra mondiale. Come Capo Missione si era trovato al centro di vicende estremamente difficili: a Ginevra, negli anni dei Fascismo, dopo le sanzioni comminate all’Italia dalla Società delle Nazioni per la vicenda etiopica; a Bucarest, quando era riuscito a convincere Mihai Antonescu a premere su Mussolini per concordare una pace separata dalla Germania; alle Nazioni Unite, quando aveva lavorato per l’ingresso dell’Italia nell’ONU dopo aver ottenuto il necessario e assai problematico assenso Russo. Renato pensava, parlava, scriveva con un’eleganza dialettica tutta sua, e con apertura nei confronti di interlocutori da lui anche assai distanti politicamente come i leaders della prima Russia bolscevica, con i quali era stato in stretti rapporti. Rileggere oggi suoi libri come “Russia Rossa”, “Dialogo con due dittatori”, “la Pace impossibile”, o alcuni dei suoi numerosissimi saggi, dà la misura della qualità di una tradizione diplomatica che ha tenuto alto il ruolo e il prestigio del nostro Paese anche negli anni più dolorosi della nostra storia.
Q87A6305bassa

In qualche momento, ha avuto la sensazione di “poter cambiare il mondo”? C’è qualche decisione che ha preso da Ambasciatore o da Ministro che a suo avviso ha inciso più di altre nella vita della Nazione…?
- Viviamo in un mondo di quasi di nove miliardi di persone, in cui 193 Stati membri dell’ONU devono affrontare le “sfide planetarie” del clima, della carenza di risorse naturali, di un modello di crescita non più sostenibile, dei conflitti settari. La necessità di cambiare il pianeta per garantire la sopravvivenza di un ecosistema fragile e compromesso, e l’urgenza di trasformare i conflitti in pace duratura e generalizzata, dovrebbero essere una priorità per tutti. Purtroppo non è così, perché gruppi di pressione, interessi settoriali e potentati politici dettano l’agenda a Governi e Parlamenti, i quali ben difficilmente si impegnano per raggiungere obiettivi di lungo periodo in grado di avere ricadute positive anche al di fuori dei propri confini. Ma la cultura e il particolare posizionamento geopolitico dell’Italia rendono possibile coniugare i legittimi interessi del nostro Paese con un intervento per tentare di risolvere i fattori di crisi che ho menzionato. Per quanto riguarda la mia azione di governo, da uomo dello Stato non ho mai avuto la percezione di poter “cambiare il mondo”, quanto piuttosto di essere parte di un team – quello della Pubblica Amministrazione – costantemente impegnato a “fare bene” e a “esportare” i valori “alti” del nostro Paese.

Vorrei menzionare a tal proposito la lunga battaglia italiana alle Nazioni Unite per la riforma del Consiglio di Sicurezza, impostata e guidata con successo dall’Ambasciatore Paolo Fulci per tutti gli anni 90 e che ho avuto il piacere di proseguire da Ambasciatore all’Onu e poi da Ministro; l’attenzione alla promozione dei diritti umani e alla libertà religiosa e di pensiero; la lotta contro le mutilazioni genitali femminili e contro la pena di morte. Anche il delicato presidio operato a favore delle nostre aziende nella “realtà liquida” del post Primavere Arabe ha avuto il suo peso, come pure l’imponente organizzazione dell’Anno della Cultura Italiana in USA, con oltre 180 eventi per promuovere il made in Italy, nella scia delle celebrazioni altrettanto riuscite per il 150° dell’Unità d’Italia, organizzate in molti paesi del mondo grazie al lavoro instancabile delle nostre Ambasciate. Sul tema della sicurezza, il Vertice Nato di Chicago sull’Afghanistan e il contributo alla risoluzione della crisi di Gaza nel 2012, purtroppo riesplosa drammaticamente in queste settimane. E anche la protezione lo stimolo allo sviluppo della cultura e della lingua italiana nel mondo, perché i nostri connazionali all’estero sono una delle più grandi risorse vincenti per il nostro Paese, purtroppo troppo spesso trascurati dalle nostre Istituzioni.

Q87A6443bassaCi svela qualche “trucco del mestiere” nella gestione di delicate negoziazioni internazionali? Quali sono le cose da fare, e quelle da “non fare mai”…?
- Sono rimasto sorpreso, in un recente dibattito sulle “tecniche del negoziato”, nel constatare quanto siano ancora attuali cinque principi elaborati negli anni ottanta dall’”Harvard Negotiation Project”, un gruppo di lavoro che aveva influito sulla formazione di molti giovani diplomatici dell’epoca, oltre che di politici, manager e studiosi della società:
A. Negozia sulla base di principi, non di posizioni.
B. Distingui e separa le persone dal problema, senza consentire all’emotività di interferire con una valutazione obiettiva, mantenendo la tua indipendenza di giudizio.
C. Focalizza gli interessi che sei chiamato a sostenere.
D. Elabora opzioni che consentano a tutte le parti di guadagnare dal negoziato.
E. Insisti sull’utilizzo di criteri obiettivi.

Tutto ciò presuppone che ogni trattativa, dalle più importanti conferenze internazionali al più elementare incontro di lavoro con un diplomatico straniero, sia preparato da “compiti fatti a casa”. L’improvvisazione, l’assenza di vero coordinamento, la superficialità, i personalismi e gli interessi privati sono mali diffusi nelle nostre Amministrazioni e nella classe politica. Si deve invece essere “ossessivamente” attenti alla formazione di team negoziali i cui componenti siano unicamente mossi dall’interesse dello Stato, dove sia chiara e collaudata la definizione dei ruoli, la comprensione degli scenari della trattativa, l’individuazione degli “end games”. Si deve anche guardare bene alle modalità di attuazione degli accordi una volta che essi sono conclusi, perchè il negoziato non finisce quando ci si alza dal tavolo per un bello “show” con i media. Gli archivi sono colmi di accordi, intese e mediazioni che non hanno mai avuto il benchè minimo effetto pratico. Tempo e denaro persi, se non per l’irrilevante vanità di chi se ne è fatto promotore. Da questo si evince il “cosa non fare mai”: improvvisare, parlare fuori contesto, avanzare proposte non coordinate con il proprio team, tenere per sé elementi e informazioni che andrebbero condivisi con gli altri…questi sono tutti ingredienti sicuri per mancare il bersaglio, creare confusione, rendersi poco credibili. Mi è capitato di assistere a protagonismi estemporanei di nostri delegati che si lanciavano – dinnanzi a espressioni visibilmente imbarazzate di chi ci stava di fronte – in disegni epocali di nuove alleanze transcontinentali non proponibili neppure al più fantasioso dei Think Tank, figuriamoci a un tavolo intergovernativo. Per anni abbiamo cercato di radicare una mentalità e una cultura del “lavoro di team” nell’Amministrazione dello Stato: ci sono stati progressi, ma ancora lontani dall’essere sufficienti.

pacemondo
E’ molto affascinante immaginare una vita come la Sua, sempre in viaggio per dossier di così alto profilo. Ci racconta qualche aneddoto che l’ha segnata o che ricorda particolarmente, durante i suoi viaggi o i suoi soggiorni nelle missioni all’estero?
- Ironia e humour da sempre sono stati un po’ la linfa dei rapporti personali che “fanno” la diplomazia: aiutano a sdrammatizzare momenti di tensione e a ridimensionare atteggiamenti da “master of the universe” che si vedono sulla scena internazionale. Lo raccontano veri capolavori letterari, in forma anche caustica, come l’insuperabile “Les Ambassades” di Roger Peyrefitte. Gli aneddoti sono infiniti. Vanno dall’uso quanto meno improprio di lingue straniere che ancora oggi personalità politiche fanno volendo dimostrare di poter rinunciare all’interprete, al discorso in Consiglio di Sicurezza dell’ONU letto dal Ministro degli Esteri di un grande paese asiatico seguendo il testo che si era trovato sul tavolo… ma che apparteneva al collega mediorientale che aveva parlato appena prima di lui, ai discorsi privi di una o più pagine, evidentemente “mangiate” dalla stampante senza che nessuno ricontrollasse, in occasioni ufficiali ai più alti livelli… Quanto considero prezioso il consiglio datomi da una grande personalità politica americana, Mario Cuomo, ex Governatore dello Stato di New York, all’inizio della mia missione come Ambasciatore a Washington: “scrivi e cura sempre personalmente i tuoi discorsi”.

Il “villaggio globale” del Palazzo di Vetro, moltiplicatore infinito di contatti, è anche fonte inesauribile di situazioni da “comic relief” shakespeariano. Nella grande sala colloqui, la Indonesian Lounge, si incontrano i delegati per discutere le questioni più diverse e delicate. Accade così che un Diplomatico europeo appena trasferito all’ONU voglia incontrare, senza ancora conoscerlo, un collega Azero per parlargli del problema del Nagorno Karabakh, e ne parli invece con il collega Armeno, che pure non ha mai visto prima e che sulla questione ha sensibilità esattamente opposte… O Capita – sempre per citare fatti realmente accaduti – che un funzionario sia chiamato urgentemente dal suo Capo Missione, vada in una cabina telefonica perchè ha il cellulare scarico, e vada in affanno non riuscendo più a uscire dalla cabina perché spinge disperatamente la porta a soffietto nella direzione contraria, “salvato” poi nientemeno che dal Ministro degli Esteri di un paese amico che passava lì davanti… Un altro buffo aneddoto riguarda le visite di Stato, quando i “logisti” imponevano ai partecipanti di predisporre i bagagli la sera prima della partenza per consentire l’ordinato e protocollare arrivo in aeroporto della delegazione al seguito. Ci fu il caso veramente unico di un collega che mi telefonò imbarazzato, di primissima mattina, appena resosi conto di aver messo nella valigia – ormai imbarcata – anche il pantalone del protocollare abito blu: non aveva altri capi, gli erano rimasti solo giacca, camicia e cravatta… e solo un colpo di fortuna volle che si trovasse un pantalone di colore diverso ma almeno della stessa taglia!

National Republic Fest: military parade in RomeMa è vero che fuori ci vedono così male…? O siamo noi a lamentarci forse troppo, mentre l’Italia fuori dai nostri confini viene invece apprezzata…?
- C’è una grandissima voglia di Italia nel mondo. Dovunque mi sia capitato di recarmi, da Diplomatico, da Ministro, o da conferenziere o partecipante a iniziative di organizzazioni internazionali di cui faccio parte, questa constatazione si riaffaccia sempre con grande nettezza. C’è un’”altra Italia” che lavora, fa impresa, opera nelle Università, nella ricerca, nella scienza, che ogni giorno si afferma negli angoli più remoti del pianeta con connazionali di successo nella politica, nell’economia e nella cultura, fatta da decine di milioni di americani, argentini, brasiliani, canadesi, australiani ed europei di origine italiana che trovano nell’appartenenza identitaria al Paese di origine la “marcia in più” per contribuire al progresso dei Paesi dove ora vivono. Tra tutti i riconoscimenti ottenuti dai nostri connazionali, credo valga in primis quello contenuto nella Proclamation del Presidente Obama, il 17 marzo 2011: “…Today the legacy of Garibaldi and all those who unified Italy lives in the millions of American women and men of Italian descent who strenghten and enrich our Nation. Italy and the United States are bound by friendship and a common dedication to civil liberties, democratic principles,and the universal human rights our countries both respect and uphold…”.

La considerazione che l’Italia ottiene nel mondo, a mio avviso, nasce anzitutto da individui che si affermano all’estero facendo leva sulle caratteristiche migliori della società italiana, sulla sua capacitè di essere creativa, innovativa e determinata. La Diplomazia ha un ruolo evidentemente fondamentale nella reputazione del Paese, ma non possono in alcun modo essere disgiunte dal ruolo dei nostri connazionali all’estero. E’ essenziale potenziare il “soft power” rappresentato dalla promozione della cultura e della lingua italiana, anziché umiliarli come sembra voler fare anche questo Governo, ed essere vicini alle istanze dei connazionali all’estero, ancorando le “reti” e associazioni di scienziati, di imprenditori, di uomini e donne di cultura alle Istituzioni del nostro Paese. C’è infine una ragione estremamente concreta per internazionalizzare i nostri orizzonti grazie agli italiani e alle imprese italiane all’estero: da oltre cinque anni siamo in recessione, gli indici negativi toccano PIL, occupazione, domanda e produzione interna. Gli unici dati positivi riguardano l’estero, soprattutto i mercati extraeuropei che assorbono la metà del nostro export. Per tutta la durata della crisi le nostre imprese hanno continuato ad affermarsi all’estero, persino nei paesi a più alta instabilità a causa delle primavere Arabe. E’ l’internazionalizzazione la vera locomotiva della nostra crescita, e ne dobbiamo trarre le dovute conseguenze quando discutiamo di armonizzazione dei mercati euroatlantici, di partenariati orientali e mediterranei, e di rapporti con le economie emergenti. Oltre che le questioni “ideali”, esiste quindi un concreto interesse nazionale nel farlo.

Giulio-Terzi-Santagata-EsteriAmbasciatore, con tutta la delicatezza del caso, Le chiedo: riaccetterebbe col senno di poi la proposta di incarico di Ministro degli Esteri…?
- Certamente si, perché l’onore che mi è stato riservato nell’essere chiamato al Governo per guidare la diplomazia italiana è il più alto riconoscimento e al tempo stesso la più alta responsabilità per un Diplomatico di carriera. Sottolineo soprattutto il concetto di responsabilità, di fronte al Parlamento e al Paese. Nell’Italia Repubblicana, è avvenuto in due soli casi prima del mio, con Carlo Sforza nel 1947 e con Renato Ruggiero nel 2001.

Se un indovino mi avesse faustianamente predetto tutta la storia del mio mandato dal 16 novembre 2011 al 26 marzo 2013, l’avrei sottoscritta in toto, perché sono convinto di aver dimostrato in prima persona che riuscire a coniugare “valori” e “interesse nazionale” è non solo possibile, ma è l’unica strada in grado di dare risultati concreti rafforzando il ruolo dell’Italia nel mondo. In secondo luogo, penso che le quattro grandi direttrici sulle quali ho impegnato la diplomazia italiana – europea, atlantica, mediterranea e globale – definiscano la visione di lungo periodo per la politica estera del nostro Paese. In terzo luogo, penso che il rafforzamento che ho inteso assicurare al ruolo dell’Italia come “superpotenza culturale” appartenga sempre più al DNA della Farnesina, nonostante alcune incertezze percepite negli ultimi mesi. 

maròLe Sue dimissioni da Ministro: un momento difficile?
- La gestione da parte della Farnesina della “crisi Marò” dal primo all’ultimo giorno del mio mandato di Governo è stata guidata da due principi fondamentali: la necessità per un paese come l’Italia che invoca a livello internazionale l’affermazione dello Stato di Diritto di non deviare mai dal principio che le controversie tra Stati devono essere negoziate, giudicate e risolte secondo le norme riconosciute del Diritto internazionale e non con trucchi, sotterfugi o prepotenze inaccettabili; in secondo luogo, la certezza che vi sono valori irrinunciabili di sovranità e di tutela fondamentale dei nostri connazionali nei confronti di Stati che prevedono la pena di morte, di rispetto delle nostre Forze Armate, della memoria dei caduti in operazioni di pace e di dignità di Patria, che devono essere sempre salvaguardati.

Il mio ruolo e le responsabilità che mi ero assunto dinanzi al Parlamento e al Paese all’atto dell’incarico mi imponevano di contrastare in ogni modo la decisione vergognosa di rimandare Latorre e Girone in India per considerazioni assai mal riposte di natura affaristica, e mi imponevano anche di denunciare – lasciando il Governo – l’enorme errore che si era voluto commettere contro ogni buon senso e nonostante il mio parere contrario. Desidero cogliere anche questa occasione per esprimere la più vicina solidarietà a Massimiliano e Salvatore: devono tornare quanto prima possibile, e nessuno deve neppur lontanamente pensare – e tanto meno accondiscendere, a New Delhi come anche a Roma – all’eventualità di un loro processo in India. In definitiva rifarei con coerenza questa scelta, perché – come dico spesso – per quanto mi riguarda ci sono valori che non sono negoziabili, tanto meno solo per mantenere una posizione di potere.

Eccellenza, con tutti gli impegni internazionali nei quali è tutt’ora coinvolto, quanto tempo le resta da dedicare alla Sua famiglia? I suoi due bimbi e sua moglie non “patiscono” le Sue assenze…? Sappiamo che possiede una moto Harley… è vero? Come mai questa passione?
- La famiglia è sempre stata il mio patrimonio più prezioso e la vecchia casa a Tresolzio, all’imbocco delle valli bergamasche costituisce un luogo di riflessione e di vacanza perfetto. Lo è stato per generazioni prima della mia, lo sta diventando per quella dopo. Ci passo tutto il tempo che posso, mai abbastanza. Come per tanti altri bergamaschi, gli svaghi della moto, della bicicletta, dei cavalli, così come le partite a scacchi o a calciobalilla con gli amici, nascono per me da quelle parti. E’ vero o no che si resta giovani sin che si è su una Harley, anche senza arrivare all’estremo di credere, come gli Harleysti accaniti, che si deve “ride to live, live to ride”…?

Terzi con Hillary Clinton
Lei – lo sappiamo – ha anche la passione della politica. Un suo commento sulla situazione politica e istituzionale del Paese: cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro?
- Mi aspetto purtroppo un futuro ancora molto difficile per l’occupazione, i giovani, le imprese, per la tenuta morale del Paese e per la formazione di un senso identitario tra le nuove generazioni. Stiamo attraversando una crisi grave almeno quanto quella del ’29 ma nessun Governo è ancora riuscito a ridare al paese determinazione e coesione per rilanciare il “Sistema Italia”. Periodi così differenti per condizioni politiche, economiche e sociali non possono certo essere raffrontati tra loro, tuttavia il ben diverso clima di libertà e di democrazia che respiriamo oggi rispetto alla dittatura fascista non è purtroppo sufficiente a ristabilire neppure un minimo di fiducia nella classe politica e nella considerazione – bassissima – che la gente nutre nei confronti dei “poteri forti”, della finanza e dell’informazione.

Tre disgrazie si sono abbattute sul nostro paese: una corruzione endemica e diffusa, tanto che – per usare una metafora – nella foresta non vi sono più alberi senza termiti; una giustizia civile così lenta da costituire uno dei più gravi handicap per la crescita e l’investimento produttivo, e non solo per i nostri cittadini, ma anche per i potenziali investitori esteri; una burocrazia che pesa sul mondo produttivo e sulla società italiana ancor più di un apparato fiscale già di per sé opprimente. Non si tratta di impressioni. Questi sono i tre essenziali motivi per i quali l’Italia è unanimemente considerata da Organizzazioni ed enti di ricerca internazionali il fanalino di coda tra i Paesi avanzati. Esserlo, significa non avere in Europa credibilità sufficiente a spostare a nostro favore gli equilibri guidati da Berlino. Siamo, con Renzi, al terzo Governo che si autodefinisce “l’ultima spiaggia”. Ma in tre anni un’attività legislativa frenetica, tesa a onorare impegni presi da tempo con l’UE su riforme e finanza pubblica, resta del tutto priva di effetti, perché le leggi adottate necessitano di un’enorme massa di regolamenti attuativi in stragrande misura – almeno i due terzi – mai promulgati. Se la nostra perdita di credibilità a Bruxelles e altrove è stata paurosamente compromessa dal dilagare della corruzione, che provoca sperperi assurdi non solo di risorse attinte dai contribuenti italiani, ma anche dei finanziamenti europei, sarebbe lecito aspettarsi dal Governo un impegno assoluto, convincente e senza tregua sul fronte della lotta alla corruzione, delle misure e delle norme che non solo devono reprimerla, ma che servono a prevenirla. Ebbene, a tutt’oggi non risulta sia così. Ad esempio in questi giorni il Parlamento sta discutendo la riforma della Cooperazione italiana allo sviluppo, un terreno che negli anni ’90 è stato oggetto di scandali a ripetizione. Da una decina d’anni, con grandi sforzi, la Farnesina ha compiuto un’enomiabile opera di risanamento, rafforzando i controlli, le procedure di contabilità pubblica, le modalità di gara, azzerando almeno per finanziamenti di entità più significativa le assegnazioni a licitazione privata. Le proposte del Governo mirano invece a far approvare una riforma nella quale tutta la cooperazione allo sviluppo sia sottratta alle norme della contabilità pubblica e alle relative procedure di controllo. Come se non bastassero gli esempi del Mose, dell’Expo, delle allegre finanze regionali a dimostrare cosa accade quando si applicano criteri privatistici a finanziamenti di miliardi di euro l’anno. La principale priorità dell’agenda politica per il nostro Paese non può che essere quella della corretta gestione della cosa pubblica. Non possiamo fare su questo alcuno sconto al Governo, né lo farà l’Europa. 

Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, ringraziandola per le Sue risposte, Le rivolgo la domanda con cui chiudo sempre le nostre interviste: se potesse scegliere, qual è la notizia che domattina vorrebbe trovare sul suo giornale preferito…?
- Vorrei vedere in prima pagina la notizia che Netanahu e Abbas hanno firmato un “interim agreement” sulla creazione di due Stati, ebraico e palestinese, riconoscendosi reciprocamente il diritto a vivere entro confini definiti in condizioni di sicurezza. Gli estremisti perderebbero la loro ragione di esistere, e i giochi destabilizzanti dell’Iran sull’intera regione diverrebbero assai più problematici per Teheran. Ma soprattutto si realizzerebbe il desiderio di molti, negli ultimi decenni, in quella parte del mondo: la pace, e la voglia di ricominciare a costruire futuro.

Fonte:  http://www.italiapost.info/