domenica 11 gennaio 2015

#Marò in India: la Cooperazione Economica che pesa sulla vicenda

Uno dei passaggi meno conosciuti della vicenda dei due Fucilieri del Battaglione San Marco illegalmente detenuti in India dal 16 Febbraio 2012, è la lettera, datata 15 marzo 2013, spedita e firmata dal presidentedi Confindustria, Giorgio Squinzi, al premier Mario Monti. Lettera che, in questa partita, è stata giocata come una carta piuttosto convicente per rispedire Girone e Latorre a New Delhi, «per non mancare alla parola data» e per «evitare gravi ripercussioni economiche» sul made in Italy come si disse allora da Palazzo Chigi.
Il documento esprimeva "la forte preoccupazione del sistema industriale italiano per la situazione delle relazioni politiche bilaterali tra Italia e India", rispetto al 2011 "gli investimenti diretti nel 2012 sisonocontratti in concomitanza con il peggioramento dei rapporti politici" tra i due Paesi. Osservava ancora che "la nostra assenza anche limitata del tempo ci porterebbe in una situazione di forte svantaggio in un mercato tra i più promettent". Niente di più. Ammesso anche che sia ammissibile – e non lo è – pensare di mettere a rischio per interessi economici la sicurezza e la tutela di due soldati italiani, impegnati in una missione internazionale, da Palazzo di viale dell’Astronomia ci si limita ad esprimere una preoccupazione generica "per lo Stato dei rapporti politici dei due Paesi".
Ecco la relazione dell'Ambasciata italiana a New Dheli relativa alla Cooperazione Economica Italo-Indiana

L’India rappresenta oggi un mercato dalle significative potenzialità, forse unico, a livello globale, per l’ampiezza dei margini di inserimento che esso offre, pur in presenza di importanti complessità. Il ritmo di crescita dell’economia indiana resta tra i più elevati su scala globale, nonostante il rallentamento dell’ultimo biennio.
Nel passato decennio il Paese ha attraversato una fase di crescita accelerata, fino a diventare, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, la decima economia mondiale in termini nominali. Dopo la crisi internazionale del 2009 ed un rapido ritorno ai trend pre-crisi (attorno al 9%  nell’anno fiscale aprile 2010/marzo 2011), la crescita dell’economia indiana si e’ ridotta al 6,7% nel 2011/2012 e al 4,5% nel 2012/2013. Le previsioni per l’anno fiscale aprile 2013/ marzo 2014 si collocano  attorno al 5% .

Il World Economic Outlook" del Fondo Monetario Internazionale del gennaio 2014  prevede per l’India una crescita del PIL del 6,4% nel 2015.

Il Governo di New Delhi si e’ dato l’obiettivo di elevare, entro il 2025, il contributo del settore manifatturiero al PIL dall’attuale 15% al 25%, creando al contempo circa 100 milioni di posti lavoro. Il Governo ha inoltre lanciato, negli ultimi anni, una serie di piani industriali, principalmente volti a colmare il deficit energetico ed infrastrutturale del Paese. Si segnalano la Solar Mission e Wind Mission nel settore delle energie rinnovabili, mentre nel settore infrastrutture e’ stato stimato un fabbisogno di investimenti pari ad 1.000 miliardi di dollari per il quinquennio 2012-2017, gran parte dei quali dovrà essere mobilizzata attraverso la modalità della Public-Pivate-Partnership. Tra gli altri settori altamente strategici, in particolare per l’internazionalizzazione delle imprese italiane, si segnalano la meccanica e meccatronica,  il comparto automobilistico (auto di piccola cilindrata e componentistica) e il settore delle tecnologie agroalimentari, con particolare riferimento alla conservazione e trasformazione del cibo.

Nei venti anni dal 1991 al 2011 l’interscambio commerciale Italia-India e’ cresciuto di 12 volte, passando dal 708 milioni di euro a 8,5 miliardi di Euro. A partire dal 2012 e’ tuttavia iniziato un trend decrescente, che ha portato il commercio bilaterale a 7,1 mld di € nel 2012 (-16,6%) e a 6,95 mld di € nel 2013 (fonte Eurostat).

Nel 2013, dunque, l’interscambio tra Italia ed India e’ diminuito del 2% rispetto al precedente anno. Tale decrescita e’ tuttavia in linea con l’andamento complessivo del commercio tra India ed UE, che nell’anno considerato si e’ contratto del 4,3%, assestandosi sui 72,7 mld di €. Negativo, infatti, anche il dato commerciale riferito agli altri principali partner europei dell’India, tra i quali solo il Regno Unito ha registrato una crescita del proprio interscambio con il Subcontinente. Nel complesso, l’Italia rimane il quarto partner commerciale dell’India tra i Paesi UE (dopo Germania, Regno Unito e Belgio, seguita da Francia e Paesi Bassi), con una quota pari a circa il 9% del commercio totale UE-India.

Le nostre esportazioni in India nel 2013 sono diminuite del 11.1%, mentre si e’ vista una graduale ripresa delle importazioni dall’India, che hanno chiuso l’anno con un +6%, anche in conseguenza del deprezzamento subito dalla rupia. Di conseguenza si e’ ampliato a circa 1 mld di Euro il nostro deficit commerciale con il Subcontinente.

Macchinari e apparecchi continuano a rappresentare la prima voce dell’export italiano in India, con una quota attorno al 40%; oltre un quarto delle importazioni italiane dall’India rientrano invece nella categoria tessile-abbigliamento-accessori in pelle.

Come emerge dal Piano Nazionale dell’Export presentato nel gennaio 2013 dall'Agenzia per la Promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane – ICE, l’Asia sara’, nei prossimi anni, il motore principale, se non l’unico, del commercio mondiale. L’Italia intercetta oggi appena l’1% delle importazioni complessive dell’Asia e poco meno dell’1% di quelle dell’India. Al contempo  circa l’1,5% dell’export totale indiano si dirige verso l’Italia.  E’ dunque evidente come il potenziale non sfruttato rimanga significativo.

Secondo i dati Eurostat, le aziende italiane nel 2011 hanno investito in India 694 mio €, e oltre 1 miliardo di Euro nel 2012 (+59%).
Al dicembre 2012, l’Italia aveva in India uno stock cumulato di investimenti pari 3,75 mld € ovvero il 9% del totale degli IDE europei in India (terza dopo Germania e Regno Unito, tra i Paesi UE).
Per quanto riguarda il flusso "inward”, lo stock di investimenti indiani nell'UE ha subito una crescita costante negli ultimi anni, passando da 584 mio € nel 2004 a 10 mld € nel 2011. La quota italiana sullo stock totale di investimenti indiani nell’UE e' del 2,3% (pari a circa 240 mio €), dopo Regno Unito, Germania e Francia. Il 2012 e’ invece stato un anno negativo per gli investimenti indiani nell’UE, secondo gli ultimi dati Eurostat.
.Nel complesso si tratta di cifre ancora piuttosto ridotte in termini di valori assoluti, ma certamente destinate a crescere, considerata la sempre piu' evidente propensione dei grandi conglomerati indiani a guardare oltreoceano per cercare opportunità di investimento o di acquisizioni al di fuori dei confini nazionali.

Si puo’ stimare un numero totale di circa 400 entità legali e stabilimenti italiani in India, presenti in diverse forme, raggruppabili in tre categorie principali: sussidiarie possedute al 100% dalla casa madre italiana, Joint Ventures (soluzione preferita dalle PMI e d’obbligo nei settori in cui sono ancora previsti tetti massimi agli investimenti stranieri) o uffici commerciali di rappresentanza.

Le principali aree geografiche di insediamento delle imprese italiane in India sono i poli industriali di Delhi-Gurgaon-Noida (c.d. Capital Belt) e di Mumbai-Pune. Il terzo e quarto polo di concentrazione fanno riferimento rispettivamente alla città di Chennai, capitale dello Stato del Tamil Nadu  e alla citta’ di Bangalore, capitale dello Stato del Karnataka. Di rilievo minore la città di Calcutta ed i suoi dintorni. Grazie alla sua politica di facilitazione degli investimenti e al buono stato delle infrastrutture, il Gujarat e’ candidato a diventare nel prossimo futuro un nuovo importante polo di attrazione di investimenti produttivi, nazionali e stranieri. Interessante in prospettiva anche lo Stato del Rajasthan, ove cominciano a registrarsi i primi stabilimenti italiani.

Nonostante marchi come FIAT e Piaggio fossero gia’ presenti sul mercato indiano, la prima vera ondata di investimenti italiani in India si e’ avuta negli anni 90, come diretta conseguenza della stagione di liberalizzazioni economiche attuata in quegli anni dal Governo indiano.  Da allora le imprese italiane hanno continuato a guardare con estremo interesse al mercato indiano, anche se la loro presenza rimane ancora al di sotto delle potenzialità.

Tra i grandi gruppi italiani presenti in India si segnalano: Fiat (oltre alla casa automobilistica, anche New Holland e Magneti Marelli), Carraro, Maschio Gaspardo, Piaggio, Prysmian, Maire Tecnimont, Techint, Luxottica, Danieli, Ansaldo Energia, Snamprogetti/Saipem, Oerlikon Graziano, Brembo, StMicroelectronis, Salini Impregilo, CMC di Ravenna, Bonfiglioli, Mapei, Italcementi, Maccaferri, Ferrero, Bauli, Perfetti Van Melle, Tessitura Monti, Artsana/Chicco, Benetton, Gruppo Coin, etc. La presenza di grandi gruppi industriali italiani certamente funge da traino per la nostra piccola e media impresa. Sono inoltre operative in India numerose case italiane del design d’interni, moda e segmento lusso (tra cui Artemide, Poltrona Frau, Natuzzi, Damiani, Ermenegildo Zegna, Armani, Cavalli, Versace, Missoni ecc.), se pure con un numero di punti vendita ancora limitato.
Particolarmente attente al mercato indiano sono le nostre aziende del settore difesa, tra cui certamente il Gruppo Finmeccanica, Fabbrica d’Armi Beretta, Elettronica, Fincantieri. 

Quanto al segmento finanziario, oltre al Gruppo Assicurazioni Generali, sono presenti in India con uffici di rappresentanza una dozzina di banche italiane, principalmente localizzate nel polo finanziario di Mumbai.

Il dialogo istituzionale bilatere sulle tematiche di interesse economico si svolge regolarmente anche nel quadro della Commissione Economica Mista Italia-India, co-presieduta dai rispettivi Ministri del Commercio e dell'Industria e la cui XVIII sessione si e’ tenuta a Delhi il 14 dicembre 2009.  Si tratta di uno strumento a largo raggio, per affrontare problematiche e sviluppare modalita’ di collaborazione bilaterale in una sfera ampia di tematiche che vanno dalla promozione dei flussi commerciali alla cooperazione industriale nei vari settori (turismo, infrastrutture, aviazione civile, agricoltura, design, tessile solo per citarne alcuni), dalla tutela della proprieta’ industriale alla cooperazione finanziaria ed in materia di rilascio dei visti d’affari.




 
Fonte: http://www.blitzquotidiano.it/
          http://www.ambnewdelhi.esteri.it/Ambasciata_NewDelhi/
        

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