venerdì 6 novembre 2015

Marò: se il Fatto Quotidiano sta con gli indiani

La "sega di Hitler" è al centro delle ultime dispute del caso MaròTranquilli, non ci si riferisce alla passione
per il bricolage dell'ex dittatore nazista, ma piuttosto allo "Allegato n.5" (Annex5) di cui abbiamo già scritto
su queste pagine.

Annex5 è uno dei 56 allegati depositati dalla Republic of India il 4 agosto scorso al Tribunale Internazionale di Amburgo a supporto della pretesa colpevolezza (che non può essere messa in discussione, secondo loro) dei due accusati Latorre e Girone. Si tratta del “Search list for weapons, 26 february 2012” ed è l’elenco del materiale rinvenuto e in parte sequestrato sulla Enrica Lexie. Qui trovate l’analisi completa di Annex5 (http://www.seeninside.net/piracy/it-alle1.htm#c6). 

India, i maro' escono dal carcere di Trivandrum per incontrare le loro famiglieE’ un documento abborracciato alla meglio, composto da frammenti veri e altri fasulli, che si caratterizza per due esemplari firme false dei rappresentanti italiani apposte sulla ultima pagina. Non è una falsificazione particolarmente sofisticata, diciamo assimilabile a quella di Totò che, falsario alle prime armi, stampava banconote di perfetta fattura ma da 6.000 Lire invece che 5.000, per avere un margine di profitto rispetto ai costi di produzione.

Qui il “margine di profitto” per questa ennesima ridicola buffonata è instaurare il dubbio che sulla Enrica Lexie, a disposizione dei militari italiani, ci fosse una mitragliera calibro 7.62mm (Machine Gun 7.62) che alcuni fra i più audaci si sono già affrettati ad identificare come “MG 42/59”, che poi deriva dalla “Maschinengewehr 42”, la appunto celebre “Sega di Hitler” per la sua esageratamente elevata cadenza di tiro (esagerata perchè fondeva la canna).

Insomma un bel depistaggio, tant’è che nelle conclusioni su Annex5 qualche giorno fa scrivevo: “Quanto alla ‘Machine Gun 7.62’ qualche giornalista fantasioso ci potrà montare un pezzo di colore in chiave colpevolista (Forse, in fondo all’oceano indiano, c’è la prova che inchioda alle loro responsabilità…. ). E infatti ieri, su Il Fatto Quotidiano in un articolo dedicato alla vicenda Marò è apparso il brano: “Terzo, anche qualora si dimostri che i proiettili sparati corrispondano o no alle dotazioni dei militari italiani, nulla toglie che i marò possano aver usato altri armamenti non dichiarati; non sarebbe la prima volta che dei soldati usino armi non ufficiali. Anche in questo caso chi mai lo dimostrerà? Le acque dell’Oceano sono molto profonde anche per loro”. (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/04/maro-allora-ingenuita-e-sovranita/2187271/).

Certamente, nessuno a priori può escludere niente. Giuseppina tradiva Napoleone? Il celebre Corso era convinto di no, ma come fai ad escluderlo con certezza?! Nella fattispecie il team militare comandato da Latorre avrebbe tenuto di nascosto la mitragliera nella base logistica di Gibuti, opportunamente nascosta sotto il letto, per poi trasportarla in modo occulto (custodia di contrabbasso?) fino nello Sri Lanka, nel porto di Galle (dall’altra parte dell’Oceano Indiano), dove la hanno di nascosto imbarcata sulla Enrica Lexie che proveniva da Singapore. 

Nessuno si è insospettito a vedere il contrabbasso per via che gli italiani, è risaputo, sono melomani e chiunque si aspetta che noi si improvvisi un coro (“O Sole Mio, Torna a Surriento”, etc). Ovviamente durante i turni di guardia il contrabbasso (con dentro la Sega di Hitler) era sul ponte di comando pronto ad essere usato appena avvistato un peschereccio disarmato.

Poi, una volta commesso il misfatto (il tiro al bersaglio contro i pescatori disarmati, mentre gli altri italiani ridevano) stupidamente invece di buttare a mare la mitragliera, ci buttano la custodia del contrabbasso e si tengono la mitraglia, la canna di ricambio e le munizioni (trovassimo un altro peschereccio, hai visto mai!).

E’ la logica conseguenza di quello che scrive Il Fatto Quotidiano e vedrete che nei prossimi mesi il tema sarà autorevolmente sviluppato da chi si rivolge a quel pubblico di lettori D.I. (Diversamente Intelligenti), che sono incapaci di vedere le firme false ma amano queste ricostruzioni complottiste in chiave ideologico-terzomondista.

Comunque fortunatamente ormai c’è internet e l’informazione non va più a rimorchio della carta stampata.
Il rappresentante della Republic of India al Tribunale di Amburgo ha scritto che “in questa vicenda l’Italia cerca di suscitare compassione”. E’ boria mal riposta visto che hanno depositato disegni fasulli, firme false e centesimi di millimetro misurati col metro a nastro.
In rete, sui social network, nei gruppi “prò-Marò” siamo decine di migliaia e non ci sarà angolo di mondo dove non lo verranno a sapere.

Luigi Di Stefano

Fonte: http://www.ilprimatonazionale.it/

1 commento:

  1. Ma ormai non si chiama più "Il fatto quotidiano " ma "Il fatto sussiste "Eee vaiii travaglio (nomen omen ?)

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